Le conseguenze della violenza nei media

Nuovi studi rivelano un rapporto causa-effetto rispetto ai comportamenti aggressivi

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di padre John Flynn LC

ROMA, lunedì, 12 novembre 2012 (ZENIT.org) – L’ormai consolidato dibattito sugli effetti della violenza nei media ha ricevuto un nuovo impulso da alcuni recenti studi.

Un recente sondaggio condotto dalla australiana Interactive Games and Entertainment Association ha rilevato che un ampio numero di ragazzi trascorrono molte ore della settimana giocando a videogiochi violenti.

“I bambini che sono costantemente esposti a mezzi di comunicazione violenti, sono soggetti ad un maggiore rischio di optare loro stessi per la violenza, se messi in un contesto conflittuale”, ha commentato Barbara Biggins, membro di Australian Council on Children e del Media CEO, in un articolo pubblicato lo scorso 5 novembre sul quotidiano Advertiser.

Il sondaggio è successivo ad un rapporto curato dalla International Society for Research on Aggresion (ISRA) sugli effetti dell’esposizione alla violenza mediatica. Nel dicembre dello scorso anno l’ISRA ha istituito una Commissione sulla Violenza nei Mezzi di Comunicazione, composta da dodici esperti.

Le conclusioni della ricerca, pubblicate sul numero di settembre/ottobre del bimestrale specializzato Aggressive Behaviour, confermano che la frequente esposizione dalla violenza mediatica incrementa il relativo rischio di comportamenti aggressivi.

“I giovani ora possono scaricare, guardare, giocare ed ascoltare immagini e contenuti violenti in ogni momento del giorno e della notte, spesso nella privacy delle loro stanze e con poco controllo da parte dei loro genitori”, ammonisce il rapporto.

Taluni rifiutano l’idea che la violenza nei media possa condizionare il comportamento ma il rapporto sottolinea che, quando si prende contatto con contenuti non violenti, è opinione comune che, in questi casi, i media influenzeranno l’azione degli utenti, come è reso evidente dall’esistenza della multimiliardaria industria pubblicitaria.

Comportamento

Le compagnie aeree addestrano i loro piloti su simulatori di volo e vi sono restrizioni sui contenuti sessuali trasmessi in televisione negli orari in cui anche i bambini sono sintonizzati. Tuttavia, per alcune ragioni, spiega la ricerca di ISRA, c’è riluttanza ad accettare che la violenza sui media possa influenza il comportamento.

Il rapporto afferma che la semplice visione di un film violento non causerà necessariamente l’aggressione ai danni di qualcuno. Né chi gioca a videogiochi violenti diventerà necessariamente un efferato criminale.

“La questione è, piuttosto, se la visione di film o spettacoli violenti o il coinvolgimento interattivo in giochi violenti in un mondo virtuale incrementi le probabilità la gente possa assumere una condotta aggressivo in varie forme, sia a breve che a lungo termine”.

Nessun singolo fattore può indurre automaticamente nessuno ad agire aggressivamente, spiega il rapporto. Ciononostante, ogni fattore individuale incentiva seriamente la probabilità di un comportamento aggressivo.

La ricerca esaminata dalla commissione “mostra chiaramente che la violenza sui media incrementa il relativo rischio di aggressione, definito come danno intenzionale ad un’altra persona, sia esso verbale, relazionale o fisico”, si legge nel rapporto.

Sui legami tra violenza nei media e aggressività sono state pubblicate più di 15 meta-analisi, ognuna delle quali contenente vari studi. Il risultato di ognuna di queste indagini dimostra che l’esposizione alla violenza nei media incentiva non solo la condotta aggressiva ma anche i pensieri e i sentimenti aggressivi, l’eccitazione psicologica e mortifica, al contrario, il comportamento pro-sociale.

È errato pensare che l’aggressività debba essere immediata o particolarmente incisiva (ad esempio, sparando a qualcuno), afferma il rapporto. Essa può assumere varie forme come, ad esempio, quella di un bambino insolente ed disobbediente o di un adulto poco aperto alle esigenze altrui.

La ripetuta esposizione alla violenza porta ad effetti di apprendimento nel cervello, spiega il rapporto. Inoltre, gli esseri umani sono inclini a imitare ciò che vedono fare. Immagini violente possono anche servire da “grilletto” a pensieri aggressivi e a sentimenti già memorizzati in mente.

“Se questi pensieri e sentimenti aggressivi vengono attivati a più riprese da una ripetuta esposizione alla violenza mediatica, essi diventano cronicamente accessibili e, perciò, più suscettibili di influenzare il comportamento”.

Valutazione morale

La violenza nei film, in TV o nei videogiochi porta anche alla desensibilizzazione, ovvero alla riduzione di una reazione comportamentale a uno stimolo. A sua volta, la desensibilizzazione coinvolge il processo della valutazione morale del comportamento di un individuo, spiega il rapporto.

Il videogiochi sono particolarmente influenti e rappresentano uno dei migliori modi di imparare qualcosa da ripetere varie volte.

Non è solo la violenza che influenza il comportamento. Un altro rapporto dimostra che l’esposizione a contenuti sessuali nei film influenza la condotta sessuale negli adolescenti. In un documento pubblicato il 17 luglio scorso l’American Association for Psychological Science ha mostrato i risultati di uno studio compiuto su 1.228 adolescenti tra i 12 e i 14 anni.

“Gli adolescenti che sono esposti a più contenuti sessuali nei film iniziano ad fare sesso in età più giovane, ad avere più partner sessuali e, generalmente, usano di meno il preservativo nei rapporti occasionali”, ha spiegato Ross O’Hara, uno dei ricercatori.

Cosa bisogna fare, si domanda il rapporto di ISRA. Innanzitutto, esso raccomanda che i genitori controllino l’uso che i loro figli fanno dei media e ne definiscano limiti sia sui contenuti che sul tempo. È anche raccomandato un monitoraggio degli indici di ascolto e un’opera educativa sugli effetti della violenza nei media.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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ZENIT Staff

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