Il rock 'n' roll? Non è la musica del diavolo, anzi…

Il giornalista irlandese John Waters anticipa i contenuti della mostra da lui curata, in programma al prossimo Meeting di Rimini

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di Luca Marcolivio

ROMA, mercoledì, 25 luglio 2012 (ZENIT.org) – Dove sta andando la musica rock in questo terzo millennio? È ancora in grado di trasmettere un messaggio significativo ai giovani d’oggi? Come si concilia questo genere musicale con il desiderio di infinito? Chiunque si senta stimolato da queste domande, troverà di sicuro interesse la mostra Tre accordi e il desiderio di Verità. Rock ‘n’ roll come ricerca dell’infinito, in programma al prossimo Meeting di Rimini, dal 19 al 25 agosto prossimo.

L’esposizione è a cura di John Waters, 57enne, irlandese, giornalista, scrittore e critico musicale. Vicedirettore ed editorialista dell’Irish Times, Waters bazzica con una certa regolarità il mondo di Comunione e Liberazione e del Meeting da almeno sette anni.

Intervistato da Zenit, John Waters ha illustrato i contenuti della sua mostra, compiendo anche alcune sorprendenti riflessioni sulla musica rock e sulle sue dinamiche nella nostra società.

Signor Waters, in che modo ha conosciuto la realtà del Meeting di Rimini?

Waters: Sono stato per la prima volta al Meeting nel 2006, quando fui invitato a parlare del libro di don Giussani Il rischio educativo. Fu un’esperienza straordinaria e, da allora, sono tornato ogni anno, come relatore e come speaker in eventi di vario genere. Il mio primo invito a Rimini lo ricevetti nel 2005, dopo il mio incontro con il gruppo dublinese di CL, quando il responsabile, Mauro Biondi, mi invitò a parlare ad una delle loro assemblee. In seguito Biondi mi diede alcuni libri di don Giussani e mi chiese di presentare Il rischio educativo a Dublino. La tappa successiva fu l’invito che mi fecero a partecipare al Meeting del 2006.

In cosa consisterà la sua mostra?

Waters: Si chiamerà Tre accordi e il desiderio di Verità. Rock ‘n’ roll come ricerca dell’infinito. È davvero un tentativo di trasmettere al pubblico ciò che io credo che molti di noi abbiano intuito da tempo riguardo a questa musica e di cui, ciononostante, si parla assai poco nel contesto delle normali conversazioni riguardanti il rock ‘n’ roll. La musica inizia come un grido dal cuore dell’uomo – il blues – e così rimane, nelle sue migliori espressioni.

Quali artisti appariranno nella mostra?

Waters: Ve ne saranno molti ma sfortunatamente molti altri sono stati accantonati per ragioni economiche e di spazio. Vedrete Muddy Waters, Hank Williams, Leonard Cohen, Joni Mitchell, U2, Amy Winehouse, Patti Smith, Velvet Underground, Coldplay, Mumford and Sons ed altri. La storia si snoda dalle origini al presente.

Parlando di rock ‘n’ roll e desiderio di infinito, sopratutto un tempo si diceva che “il rock è la musica del demonio”. Solo un luogo comune?

Waters: Sì, è il classico cliché. Alla base di ciò vi sono molte ragioni: ragioni storiche (l’idea che alcuni grandi musicisti blues avessero venduto l’anima al Diavolo, ricevendo in cambio una straordinaria abilità a cantare e a suonare) ma anche collegate alla deriva ideologica della cultura odierna, ovvero l’associazione tra il rock ‘n’ roll e la cultura ateistica e secolarizzata di certe società, in particolare in Inghilterra. Tuttavia è un’affermazione così falsa che si parte dal presupposto che l’idea della “musica del Diavolo” fosse ironica, almeno all’inizio; comunque è un’idea che si intreccia con il senso dell’edonistico che sembra proprio andare a braccetto con lo stile di vita di molte rockstar. Infatti io vedrei questa sindrome come un esempio del naturale desiderio dell’uomo per le cose grandi, assolute ed infinite, che viene minacciato da questo fraintendimento: nella mostra si terrà conto anche di questo aspetto. Voglio dire che, lungi dall’essere “la musica del Diavolo”, il rock ‘n’ roll rimane il più potente mezzo artistico nella cultura moderna per impegnarsi con la realtà nella sua totalità, come don Giussani ci diceva ripetutamente.

Come può la sacralità esprimersi attraverso i linguaggi della musica pop e rock?

Waters: Nell’impulso creativo che si genera nell’artista, la ricerca umana di qualcosa di eccezionale trova espressione e tutto questo viene veicolato attraverso una miriade di canali, attraverso una cultura ostile, attraverso un apparato commerciale, attraverso tanti loop e nodi nella nostra cultura, fino al cuore del destinatario in ascolto. Il fatto che nella nostra cultura non sia più facile parlare di questo, non significa che ciò non avvenga.

Sembra proprio che il rock ‘n’ roll stia sempre più assumendo un carattere “leggendario”, ancorato ad un passato più o meno recente che non all’attualità. Ogni decennio vive il suo revival: penso, ad esempio, al film musicale Rock of Ages, ambientato negli anni ’80. Inoltre oggi, soprattutto in Italia, molti teenager ascoltano e suonano molto più gli U2 o i Nirvana che non gli artisti o le band del momento. A suo parere siamo entrati in una fase di declino di un certo tipo di musica?

Waters: Tutto ciò conferma l’idea della nostra esposizione. Molta musica del presente può esistere solo in un vuoto ideologico, per cui è più difficile per l’artista parlare del desiderio di infinito con autenticità. Alcuni artisti e gruppi continuano a farlo – Mumford and Sons sono a mio avviso l’esempio più interessante – ma molti altri scadono nell’imitazione pura e semplice di ciò che è stato, vale a dire che cercano di replicare la forma musicale, ignorando o rinnegando il contenuto, che è fondamentalmente un grido.

Quanto alla longevità della musica, non saprei… Uno può immaginare di avere una vita dalla durata limitata, così come avviene per la maggior parte dei generi musicali popolari, ma quel potere di toccare il cuore e commuovere rimane immenso. Gli artisti di maggior successo, quelli che sono durati nel tempo – Dylan, Springsteen, U2, ecc. – tendono ancora ad essere quelli che si pongono più seriamente le grandi questioni e hanno avuto meno paura di pronunciarsi nello specifico. Infatti i tre artisti che ho menzionato, hanno tutti trattato temi cristiani. Eppure, nella musica questo elemento rimane per lo più implicito, a causa delle molte contraddizioni che definiscono il mezzo. Pertanto non mi è chiaro cosa stia realmente accadendo. Per molti versi dipende da come le nostre culture se la cavano nell’affrontare le grandi questioni. La fase attuale è radicalmente evasiva e qualcosa delude a tal proposito, comunque, come abbiamo appena visto, le cose possano cambiare da un momento all’altro. Ho come la sensazione che il rock ‘n’ roll non sia affatto finito e che può ancora attingere pienamente alle sue radici, al gospel e al blues, e che questo possa essere un intervento critico nell’evoluzione della nostra cultura popolare.

Al giorno d’oggi ci sono giovani artisti in grado di trasmettere un messaggio importante e nuovo alla loro generazione?

Waters: Credo che ci siano molti artisti che hanno questo potenziale, sebbene molti siano in qualche modo “timorosi” di esprimerlo. Vogliono essere delle pop-star senza porsi di fronte alle questioni dell’esistenza umana in maniera completamente onesta. Un’eccezione sono i già citati Mumford and Sons: sono una band davvero eccezionale, che osserva la realtà in una maniera sbalorditiva. Spero durino ed abbiano successo.

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ZENIT Staff

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