Giussani e Bergoglio: due uomini uniti dall'incontro con Cristo

Incontrando in piazza San Pietro oltre 80mila membri di Comunione e Liberazione, papa Francesco esprime la sua riconoscenza al fondatore della Fraternità. E ricorda: “Il carisma non va pietrificato”

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Una piazza San Pietro straripante, un pubblico delle grandi occasioni. È andata oltre le migliori aspettative, la partecipazione all’udienza in cui papa Francesco ha ricevuto stamattina i membri di Comunione e Liberazione, giunti a Roma in oltre 80mila, da 47 paesi, in occasione del decimo anniversario della morte del fondatore, don Luigi Giussani (1922-2005).

La folla dei pellegrini ha sconfinato verso le strade adiacenti, a partire da via della Conciliazione. Preghiere e canti hanno accompagnato l’attesa del Papa, sin dalla metà della mattinata.

È proprio nel segno della memoria di don Giussani e dell’incontro con Cristo, su cui quest’ultimo fondava il carisma di CL – che lo scorso anno ha compiuto i suoi sessant’anni – che sia il presidente della Fraternità, don Julián Carrón, che il Santo Padre hanno individuato un terreno comune.

L’incontro accaduto tra Cristo e gli Apostoli, San Paolo o Maria Maddalena è qualcosa che “non è accaduto solo nel passato. Noi lo abbiamo visto nel presente”, ha osservato don Carrón nel suo indirizzo di saluto.

Come affermava lo stesso don Giussani “la gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore”, ha ricordato il suo successore.

Attraverso il fondatore di CL, “l’avvenimento di Cristo ha raggiunto anche a noi, poveracci”, ha proseguito Carrón che ha quindi ringraziato il Pontefice per il gesto odierno, desiderato fortemente da tutti i membri della Fraternità, “perché non vogliamo lasciare inaridire la freschezza del carisma che ci ha affascinato”.

Tale carisma e la grazia ricevuta per mezzo di esso possono essere mantenuti vivi soltanto “mantenendo il legame con Pietro, che don Giussani ha inoculato nel nostro sangue”.

Da parte sua, ricordandone il decimo anniversario della morte, appena trascorso, papa Francesco si è detto “riconoscente a don Giussani per varie ragioni. La prima, più personale, è il bene che quest’uomo ha fatto a me e alla mia vita sacerdotale, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli”.

Bergoglio si è poi soffermato sulla “esperienza dell’incontro” che non coinvolge “un’idea” ma “una Persona” che è “Gesù Cristo”, l’unico che “ci dà la vera libertà”.

Rispolverando un suo già noto ispanismo, il Papa ha ricordato che “Gesù Cristo sempre ci primerea, ci precede; quando arriviamo, Lui ci stava già aspettando. Lui è come il fiore del mandorlo: è quello che fiorisce per primo, e annuncia la primavera”.

La dinamica dell’incontro con Cristo è però incomprensibile se non si tiene conto della “misericordia”, senza la quale è impossibile conoscere veramente il Signore, l’unica strada da cui “può scaturire una vita diversa”, ha sottolineato.

“La morale cristiana – ha proseguito il Santo Padre – non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo”: essa è, piuttosto, “la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura ‘ingiusta’ secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e mi vuole bene lo stesso, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di nuovo, spera in me, attende da me”.

Tornando a parlare del “carisma originario” di Comunione e Liberazione, Francesco ha sottolineato quanto esso, dopo sessant’anni, non abbia “perso la sua freschezza e vitalità”, mantenendo come unico “centro” Gesù Cristo. Se, al contrario, si pone al centro il proprio “metodo spirituale” e il proprio “modo di attuarlo”, si va fuori strada.

Tutti i carismi, dunque, devono essere “decentrati” e non vanno conservati “in una bottiglia di acqua distillata”. Essere fedeli a un carisma, ha aggiunto il Santo Padre, “non vuol dire ‘pietrificarlo’ – è il diavolo che ‘pietrifica’-”, né “scriverlo su una pergamena e metterlo in un quadro”.

Pertanto l’eredità di don Giussani “non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta” ma “comporta invece fedeltà alla tradizione”. Da parte sua, “don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi”, ha detto il Papa agli 80mila ciellini giunti in piazza San Pietro.

In conclusione, Francesco ha ripreso il concetto di “Chiesa in uscita”, ovvero sempre protesa “a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa, prigioniera del proprio egoismo”.

Questo atteggiamento significa anche “respingere l’autoreferenzialità” ed ogni tipo di “spiritualità di etichetta”, con affermazioni autocompiaciute come “io sono di CL”, che portano “a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una ONG”.

Terminato il discorso, il Santo Padre è sceso in piazza ad abbracciare i pellegrini, non prima di aver formulato la sua raccomandazione più ricorrente: “E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me!”.

Per leggere il testo completo del discorso del Papa si può cliccare qui.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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