Ebrei in Calabria

La prima donna rabbino italiana, Barbara Aiello, figlia di emigranti calabresi, indaga sulle radici e le usanze ebraiche nei luoghi della regione del sud Italia

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Alla domanda “Chi sei?”, risponderemmo subito dicendo il nostro nome e cognome, e potremmo aggiungere chi sono i nostri genitori, dove abitiamo, quanti anni abbiamo. Ma sarebbe anche bello poter dire quali sono le nostre origini, chi furono i nostri antenati, da dove proveniamo.

Queste domande le fece a se stessa Barbara Aiello, guardando gli atti quotidiani della sua famiglia. Nata a Pittsburgh, negli Stati Uniti, da una famiglia ebrea emigrata negli anni ’20 dalla Calabria, quando ad 8 anni una zia le chiese cosa volesse fare da grande, Barbara rispose: “La rabbina! Vorrei fare la rabbina!”.

La Aiello è divenuta quindi la prima rabbina d’Italia nel 1999, a 51 anni. La prima donna a divenire rabbina negli Stati Uniti fu invece la sua collega Sally Priesand, nel 1976. Suo padre, che liberò moltissimi bambini ebrei dal campo di concentramento di Buchenwald, ricordando lo strazio provato nel vedere tutti quei ragazzini malati, magri, affamati, le affidò una “missione” – come ama ricordare lei – ovvero di aiutare gli ebrei. Rabbi Barbara ha deciso di farlo rievocando la memoria e creando la consapevolezza in molti calabresi di essere di origine ebraica.

Nel 1500, durante le persecuzioni degli eretici attuata in Spagna dall’Inquisizione, moltissimi ebrei scapparono dalla penisola iberica, attraversando la regione del Maghreb e, da lì, si stanziarono in Italia. Molti di quelli giunti in Calabria si rifugiarono a Nicastro, ora Lamezia Terme. Circa 50.000 ebrei costruirono le loro case su uno sperone roccioso tra due torrenti: quel luogo venne chiamato dai nicastresi “Judeca” o “Giudecca”, oggi conosciuta come “Timpone” (da “timpa”, che in dialetto nicastrese significa roccia nda). Si costituì “un’industriosa comunità dall’XII al XVI secolo”, come ricorda una targa posta all’entrata del quartiere.

Nell’ambito del progetto per la realizzazione del documentario The Secret Jews of Calabria, Rabbi Barbara è venuta in Calabria, a Nicastro e nei paesi limitrofi. Aggirandosi per le case storiche, cerca di ricostruire le radici di molte persone, soprattutto attraverso i cognomi molti dei quali di origine ebraica, come il suo Aiello che in ebraico significa “verso Dio”.

“I preti di qui si fidano di me, sanno che non cerco proseliti. Ma penso sia importante conoscere la propria storia”, ha riferito Rabbi Barbara, la quale ha sentito un po’ di pressione quando venne per la prima volta in Calabria, tanti anni fa, trovandosi perfino delle minacce scritte sul muro della sua abitazione.

Sono molti coloro che la ascoltano entusiasti, affascinati dalla ricerca delle proprie origini e, per moltissimi calabresi, le loro radici ebraiche sono riconoscibili da tante ritualità che vengono scambiate per usanze o gesti a carattere religioso.

Come afferma la stessa rabbina: “Molte tradizioni di noi marrani (ebrei che si professavano pubblicamente cattolici per sfuggire alle persecuzioni ma continuavano a professare il giudaismo nda), per conservare le nostre radici, sono diventate usanze. Ed è divenuto molto difficile, particolarmente per i calabresi, distinguere le tradizioni dalle superstizioni, dagli usi o dalle ritualità religiose”.

Ad esempio, quando nasce un bambino è tradizione mettere una fiocco rosso nella culla: spesso viene confuso come una protezione contro il malocchio, ma in realtà il suo vero significato è da ricercarsi nell’ebraismo. O ancora, quando un ragazzo compie 13 anni e la ragazza 12, viene fatta una cena particolare con i candelabri sul tavolo; prima di andare in chiesa, i due sposi ricevono una benedizione sotto una coperta ricamata che poi viene messa sul letto nuziale; quando c’è un lutto, i presenti si siedono su sedie basse.

Tutte queste sono tradizioni di origine ebraica, portate da quegli stessi ebrei in fuga dalle persecuzioni e che grazie al lavoro culturale di Rabbi Barbara sono venuti a conoscenza della loro storia, della loro identità. Un lavoro meraviglioso dunque, utile all’incremento della cultura in Calabria, nonché al riaffiorare dell’identità finora sconosciuta di un popolo di antiche origini che in questa terra ha trovato riparo.

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Francesco Andrea Allegretti

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