Card. Maradiaga: appello per la revoca del blocco a Gaza

Il presidente della rete internazionale di Caritas auspica inoltre una tregua permanente. Intanto stamattina si sono fermate le armi per 72 ore

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Dopo oltre tre settimane di conflitto, con un bilancio grave di circa 1450 palestinesi uccisi, 61 militari israeliani e 3 civili in territorio israeliano, il suono delle armi, a Gaza, finalmente si interrompe. È iniziata stamattina, alle 7 ora italiana, una tregua umanitaria senza condizioni tra Israele e Hamas. Intanto nella giornata di oggi le delegazioni delle due realtà saranno a Il Cairo per avviare dei negoziati.

Sul tema della pace a Gaza è intervenuto anche il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), coordinatore del Consiglio dei cardinali e presidente della rete internazionale Caritas. Il porporato auspica un “cessate il fuoco permanente”, affinché sia “il primo passo sulla strada di una pace giusta basata su negoziati inclusivi in tutta la regione”.

Il card. Maradiaga avverte che “il cammino verso la riconciliazione è lungo ma inizia da noi stessi”. Di qui una domanda parafrasando un passo del Vangelo: “Israele e Hamas, perché continuate a puntare il dito contro la pagliuzza nell’occhio di vostro fratello, senza vedere la trave nel vostro occhio?”. Il porporato invita dunque ad “abbassare le armi” e “a mettervi un paio di occhiali per poter vedere che la maggior parte delle vittime sono persone innocenti”.

Vittime che, a Gaza, sono straziate a causa della terza guerra in cinque anni che vede coinvolti, loro malgrado, i civili palestinesi della Striscia. Caritas International è impegnata ad aiutarli, conosce perciò le condizioni difficili in cui sono costretti a vivere. Il card. Maradiaga chiede dunque una “revoca del blocco” per “proteggere le loro vite e i mezzi per la sopravvivenza e quindi di vivere una vita dignitosa”.

Infine il porporato ha citato le parole pronunciate da Benedetto XV cento anni fa, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale: “La forza può reprimere il corpo, ma non può reprimere le anime degli uomini”. Di qui l’auspicio che le anime di israeliani e palestinesi continuino a sperare in un futuro di giustizia e di pace.

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ZENIT Staff

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