Interventi al Sinodo nel pomeriggio del 9 ottobre

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 10 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito i riassunti degli interventi pronunciati al Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nel pomeriggio del 9 ottobre, in occasione della settima Congregazione generale.

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– S.Em.R. Card. Crescenzio SEPE, Arcivescovo di Napoli (ITALIA)

Incarnare la Parola di Dio nel tempo e nella storia che ci troviamo a vivere, poiché solo in questo modo la si rende efficace e creatrice di conversione e di carità.
Osservare la Parola significa innanzitutto, come ci ha insegnato la predicazione di Gesù, testimoniarla con la propria vita e tradurla in opere di carità. Anche i tanti approfondimenti esegetici, le molteplici iniziative catechetiche e tutti gli sforzi rivolti a una maggiore conoscenza rischiano di non portare frutto se la Parola non viene vissuta con coerenza nella vita quotidiana.
Per superare il dramma della separazione tra fede e vita e per fare in modo che dalla Parola scaturiscano gesti e opere di carità, occorre andare alle sorgenti, ossia alla carità: solo essa, se vissuta e praticata, può cementare il tessuto ecclesiale e aprire la strada alla concretezza dell’amore. I tanti malati nel corpo e nello spirito, i poveri che affollano le strade delle nostre città, i luoghi di sofferenza, come gli ospedali, le carceri rappresentano altrettante prove concrete della fedeltà alla Parola e della nostra capacità di conformare la nostra esistenza su quella del “Vangelo vivente”, più eloquente di tante parole perché è diventato “carne e sangue”.
“L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni”, ha scritto Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (n. 41).
Questa verità elementare, ma di frequente ignorata, deve essere ribadita affinché i vescovi, ma anche i sacerdoti, i diaconi e i catechisti avvertano sempre più l’urgenza di confrontarsi seriamente con la Parola di cui sono servitori.
Immagine perfetta dell’Incarnazione è la Vergine Maria, la donna del “sì” che ha concepito il Verbo nel suo cuore, prima ancora che nel suo seno.
Il Mistero dell’Incarnazione della Parola di Dio deve continuare a realizzarsi nell’oggi della Chiesa attraverso il “sì” dei suoi figli che incarnano, nella vita, la Parola salvatrice di Dio.

– S.Em.R. Card. Ennio ANTONELLI, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia (CITTÀ DEL VATICANO)

Raccomandare e promuovere con appropriati sussidi l’ascolto comunitario della Parola di Dio nelle famiglie e la condivisione delle esperienze vissute. Per poter collegare più facilmente le parole scritte con Gesù Cristo, la Parola vivente, seguire l’anno liturgico attraverso il Vangelo del giorno o almeno quello della domenica, sottolineando in esso una frase da ricordare e da vivere durante la giornata o durante la settimana. Non occorre molto tempo; pochi minuti bastano per pregare e ascoltare insieme, per prendere un impegno comune da attuare nelle attività e relazioni quotidiane e da ricordare al momento opportuno nel dialogo familiare spontaneo. Se invece si fa un solo incontro settimanale di ascolto della Parola, esso può essere più prolungato e può costituire una preparazione o una continuazione e applicazione della Messa domenicale in parrocchia.
NelI’Instrumentum laboris si dice che i misteri del Rosario sono «forma semplice e universale di ascolto orante della Parola» (parte I, Cap. III, n. 26). Per accentuare e rendere più consapevole questo ascolto sarebbe opportuno aggiungere ufficialmente all’enunciazione di ogni mistero una breve citazione biblica appropriata: ad es., al primo mistero gaudioso (l’Annunciazione) aggiungere «Eccomi sono la serva del Signore»(Lc 1,38).

– S.E.R. Mons. Juan Bautista GAVILÁN VELÁSQUEZ, Vescovo di Coronel Oviedo (PARAGUAY)

L’uomo e la donna dei nostri popoli vivono oggi oppressi e dispersi; è diventato per loro difficile sviluppare la propria capacità di ascolto nella vita quotidiana. Se spostiamo lo scenario sul piano religioso ecclesiale, la necessità e l’urgenza sono ancora maggiori. Per tutto ciò crediamo che la pratica dell’ascolto tra gli uomini e le donne del nostro tempo sia della massima importanza. Ascolto a partire dalle necessità e sofferenze, come faceva Gesù, il Maestro. Come servitori del Popolo di Dio la nostra grande responsabilità è di favorire la capacità di ascolto e, soprattutto, l’ascolto della Parola Incarnata, ovvero Gesù Cristo stesso.
Il nostro popolo ha bisogno di incoraggiamento, di speranza, perché ha “fame… d’ascoltare la
parola del Signore” (Amos 8, 11). E siccome la fede della Chiesa nasce dall’ascolto attento e fiducioso della Parola, ci proponiamo di raddoppiare gli sforzi nell’offerta dell’ascolto della Parola. Siamo consapevoli della necessità di rendere più agili i sussidi e di agenti pastorali. E, se le circostanze lo esigessero, di “abbandonare le strutture antiquate che ormai non aiutano la trasmissione della fede” (Documento di Aparecida, 365)
Ci proponiamo di restituire al Popolo di Dio la Parola di speranza, di giustizia, di pace e amore. Vogliamo sottolineare l’importanza di piccoli gruppi di persone che si fortifichino mutuamente con l’ascolto della Parola di Dio e costruire così comunità e famiglie più vive e che siano testimoni.
Queste iniziative richiederanno a tutti e a ciascun membro della Chiesa un impegno maggiore
in due direzioni: una, nella formazione degli agenti per tutti i livelli e, in particolare, per curare la formazione dei seminaristi, come pure la formazione permanente dei presbiteri, laici e Vescovi, nello spirito della pastorale della Parola, sottolineando la testimonianza; in secondo luogo, nei sussidi pratici, fare in modo che la partecipazione segua il principio: “poco, ma con tutti”.
Non confidiamo nelle nostre forze umane per raggiungere i nostri obiettivi, ma solo nel Signore: “sulla tua parola getterò le reti” (cf Luca 5, 5).

– S.E.R. Mons. David Louis WALKER, Vescovo di Broken Bay (AUSTRALIA)

Dopo dodici anni di ministero episcopale, sono due le questioni che mi preoccupano in particolar modo: prima di tutto, il fatto che ai nostri fedeli cattolici non sia stata data l’opportunità di approfondire il mistero di Nostro Signore Risorto e, secondariamente, la formazione di sacerdoti in grado di propiziare tale approfondimento.
La santità è al centro della nostra fede, dunque la santità di ciascun credente deve essere di alto livello e far sì che ciò avvenga è un urgente compito pastorale (Giovanni Paolo II). Profonda santità e intimità con le Scritture vanno di pari passo e tale intimità si può acquisire nel tempo solo mediante una regolare lettura della Bibbia, accompagnata dalla meditazione e dalla preghiera.
Quando non proclamiamo il Vangelo in modo radicale e profondo, noi deludiamo i nostri fedeli: in realtà l’abbiamo addomesticato, domato, ed è per questo che non induce nei credenti una risposta radicale.
Oggi i nostri sacerdoti sono probabilmente più preparati che in passato riguardo alle Sacre Scritture, tuttavia ciò non si è tradotto in un presbiterato al cui centro vi è una “biblioteca della Parola” (Origene) o un “dipinto del colore delle Scritture” (Cassiano): un tale approccio da solo può portare ad avere la testa piena delle Scritture, ma il cuore vuoto.
Dobbiamo dunque portare l’esperienza delle Scritture dalla testa al cuore, poiché questo è il vero fondamento di un ministro ordinato; per far ciò, una pratica da seguire è la lettura fedele e condivisa della Bibbia, accompagnata dalla meditazione e dalla preghiera.

– S.E.R. Mons. Louis PELÂTRE, A.A., Vescovo titolare di Sasima, Vicario Apostolico di Istanbul, Amministratore Apostolico dell’Esarcato Apostolico di Istambul (TURCHIA)

Vengo dall’Asia Minore, l’attuale Turchia.
Buona parte degli scritti del Nuovo Testamento sono stati redatti in questa regione.
Il ministero degli Apostoli attraverso queste regioni ci interroga sulla trasmissione del messaggio nelle lingue locali. Il testo grec
o che ci è giunto è stato preceduto dalla tradizione orale e costituisce già uno sforzo di traduzione. La Costituzione Dei Verbum del Vaticano II ricorda che i vescovi sono i primi responsabili dell’interpretazione della Sacra Scrittura e richiama la loro attenzione, al numero 25, sulle traduzioni (versiones) dei testi sacri e delle necessarie spiegazioni che devono accompagnarli.
Esistono nel mondo eccellenti commissioni per le traduzioni della Bibbia nelle diverse lingue internazionali ma che dire delle traduzioni nelle lingue locali parlate solo da poche persone? È un problema serio per la Turchia. Dobbiamo ringraziare i nostri fratelli delle società bibliche protestanti che da tempo svolgono un eccellente lavoro in quest’ambito, ma allo stesso tempo dobbiamo deplorare il fatto che la Chiesa cattolica non sia abbastanza presente e che manchi di elementi competenti per partecipare a questo sforzo di traduzione di qualità, propedeutico all’evangelizzazione nella lingua del popolo. Faccio perciò appello a tutte le società missionarie affinché inseriscano tra le proprie priorità la scelta di persone esperte di linguaggio biblico e allo stesso tempo delle lingue locali per mettere a punto dei testi di qualità degni della Parola di Dio che vogliamo annunciare. Purtroppo si trovano abbastanza facilmente i soldi per stampare dei bei libri, ma non per garantire la qualità del contenuto, cosa che spinge a trovare volontari che svolgano questo lavoro oscuro e di ampio respiro che costituisce il primo passo dell’azione evangelizzatrice della Chiesa.

– S.Em.R. Card. Cláudio HUMMES, O.F.M., Prefetto della Congregazione per il Clero (CITTÀ DEL VATICANO)

Una volta, anni fa, un mio collega, dottore in teologia e professore, rimase sconvolto per ciò che aveva letto sulla risurrezione di Cristo in un paio di libri teologici ed esegetici, che ponevano in questione tanti aspetti di questo domma fondamentale della nostra fede e lo svuotavano, in gran parte, del suo vero contenuto, in modo inquietante. Lui mi raccontò questo suo smarrimento. Era la Veglia di Pasqua. Allora mi domandò: “Domani è Pasqua. Cosa dirò in chiesa alla gente sulla risurrezione?” Io gli risposi, subito: “Dovrai annunziare che Gesù Cristo è risorto dai morti e vive! Punto”. Ed egli: “Ma è vero! È questo!”. E se ne andò felice.
Questo episodio fa pensare al bisogno urgente di consegnare ai nostri presbiteri e diaconi una buona teologia e un sicuro metodo esegetico. Riguardo al metodo esegetico, il Papa Benedetto XVI indica la direzione nella Premessa del suo libro “Gesù di Nazaret”.
Riguardo ai presbiteri e ai diaconi, la Parola di Dio sia per loro cibo di un personale discepolato. Premesso che la Parola di Dio è anzitutto la stessa persona di Gesù Cristo, l’ascolto della stessa Parola nelle Sacre Scritture deve condurre ad un incontro forte e personale con Lui. In questo incontro l’ascoltatore deve consegnarsi totalmente a Cristo, lasciarsi trasformare da Lui e aderire a Lui, incondizionatamente, nella fede, sviluppando così una fedele sequela di Gesù, ovunque Egli lo conduca. Per compiere questo itinerario, la “lectio divina” si presenta come metodo raccomandabile, tenendo in conto che Dio è amore e la Bibbia è la storia di come Dio ha amato il Suo popolo.
L’incontro con Cristo darà la necessaria forza di testimonianza all’ annunziatore della Parola. Perciò, il Kerigma, ossia il contenuto del primo annuncio della persona di Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza, e del suo Regno, dovrà essere riscoperto. Inoltre, in tale nuovo slancio missionario, bisogna andare in cerca anche dei cosiddetti “lontani”, coloro che noi abbiamo battezzati, ma che non partecipano della vita delle nostre comunità.

– S.Em.R. Card. Paul Josef CORDES, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” (CITTÀ DEL VATICANO)

Nel mondo civilizzato, la sollecitudine per il prossimo è, allo stesso tempo, un’istanza culturale. La maggior parte delle religioni mondiali – quali l’Islam, l’Induismo o il Buddismo – hanno imparato dal cristianesimo e fatto propria la promozione dell’amore per il prossimo. Eppure, per quanto riguarda il n. 39 del Documento di lavoro, che esige l’amore per il prossimo per i membri della Chiesa, questo sembra non essere oggi il compito più urgente.
Nel presente contesto culturale, diventa molto più importante guardare all’albero che produce frutto. Dobbiamo diventare più consapevoli delle radici bibliche dell’azione umanitaria e rafforzarle. Infatti la Rivelazione divina lega il comandamento di amore per il prossimo a quello dell’amore di Dio, del quale è una conseguenza. Nella predicazione di Gesù, il dovere dell’amore compare come doppio comandamento. E proprio per mostrare l’amore del Padre Celeste (cf Gv 10, 32), Gesù stesso, il modello definitivo dell’amore per il prossimo, “passò beneficando e risanando tutti” (At 10, 38).
I Pastori della Chiesa quindi dovrebbero essere attenti a non abbandonare semplicemente le istituzioni caritative ecclesiali al clima filantropico generale. Piuttosto dovrebbero riconoscere nella sensibilità delle persone di oggi il KAIROS di rivelare Dio come colui che ispira ogni atto da “buon Samaritano”: è l’annuncio dell’amore di Dio che ispira la capacità di amare il prossimo. Proprio per questa ragione, Cor Unum ha organizzato lo scorso mese di giugno gli Esercizi Spirituali per i capi delle organizzazioni caritative cattoliche in America. L’accoglienza sostanzialmente positiva è una prova che i nostri collaboratori anelano all’incontro personale con Dio. L’enfasi teocentrica non deve trascurare l’impegno a operare per la giustizia nella società, che il Documento di lavoro descrive erroneamente come “prima forma di carità” (n. 39); in effetti l’amore supera infinitamente la giustizia (cf 1Cor 13). Quando, il servizio delle organizzazioni caritative e i singoli cristiani non manifestano Dio con chiarezza a coloro che chiedono e che cercano, noi rinunciamo a una funzione della Chiesa che è cruciale per i tempi che stiamo vivendo. Perché l’uomo ha più che mai bisogno di questa unione con Dio.
La prima Enciclica del Santo Padre, Deus Caritas Est, afferma incontestabilmente la verità teologica che, nelle loro diocesi, i Vescovi sono i responsabili ultimi della missione caritativa della Chiesa (cf n. 32). Non possono delegare questo compito ai collaboratori o affidarlo alle mani di qualche potente amministrazione od organismo. Allo stesso modo è vero per la carità ciò che è già esplicito per la predicazione della Parola – i martyria – e per la celebrazione dei sacramenti – la leitourgia -: nelle diocesi, la responsabilità finale della diakonia spetta ai Vescovi. È un vero peccato che il Codice di Diritto Canonico non menzioni espressamente questo dovere dei Pastori, un’omissione che Papa Benedetto sottolinea nella sua Enciclica (n. 32). Il tempo è maturo per riempire questo vuoto.

– S.E.R. Mons. Ignatius Ayau KAIGAMA, Arcivescovo di Jos (NIGERIA)

1. Il Sinodo sulla Parola di Dio offre a oltre un miliardo di cattolici la possibilità di sviluppare una devozione più profonda per le Sacre Scritture; di essere un “vangelo vivente” per gli altri.
2. Il segno della croce sulla fronte, sulle labbra e sul cuore alla lettura del Vangelo significa che la Parola deve essere assorbita dalla mente, radicarsi nel cuore ed essere proclamata. L’effatà al battesimo, che significa ascolto e proclamazione, deve diventare parte integrante del battesimo.
3. In Africa diciamo che Dio ci ha dato due orecchie e una sola bocca per ascoltare di più. Il progresso tecnologico può rendere molto difficile l’ascolto. La distrazione causata dalla povertà e dalla preoccupazione per le cose essenziali della vita, ma anche l’eccessiva ricchezza, rendono molto difficile ascoltare durante la Messa. I Pastori dovrebbero parlare dei fedeli e delle sfide a più livelli della loro vita nell’omelia.
4. La parola di Dio deve fornire gli ingredienti per una vita
cristiana autentica. È però triste che, quando sorgono questioni etniche o politiche, anche coloro che condividono la stessa Parola di Dio e l’Eucaristia prendano violentemente in mano le armi gli uni contro gli altri: o la Parola non ha nessuna importanza nella loro vita, oppure è superficiale a causa di pratiche sincretistiche e l’appartenenza anche ad altri culti.
5. Suggerimenti: I Pastori devono insegnare la lettura personale delle Scritture, affinché i cristiani vi possano trovare Gesù come dialogo con Dio. In Nigeria incoraggiamo a possedere la Bibbia anche coloro che non sanno leggere. In alcuni casi è un pre-requisito per il battesimo, il matrimonio e la cresima. Esortiamo i cattolici che ne hanno i mezzi a donare delle Bibbie, i genitori a regalare la Bibbia ai figli per il battesimo e a custodirla, poi, per il bambino fino a quando saprà leggere. Incoraggiamo a custodire e a condividere la Bibbia in casa e tra i membri della famiglia. Le edizioni cattoliche della Bibbia sono costose e dovrebbero essere rese disponibili e abbordabili con la traduzione in un numero maggiore di lingue indigene. È necessario formare insegnanti della Bibbia, catechisti e traduttori. Dovrebbe esservi una catechesi biblica settimanale, come quella del Santo Padre. I movimenti ecclesiali dovrebbero iniziare gli incontri leggendo la Bibbia. La condivisione del Vangelo nel vicinato deve essere incoraggiata. La lettura personale quotidiana di passi della Bibbia può radicare il cristiano nei valori del Vangelo e portare una trasformazione economica, politica e sociale a casa e sul lavoro.

– S.E.R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo, Presidente della Conferenza Episcopale (PERÙ)

In quest’epoca menzioniamo spesso, e a ragione, l’importanza dei mezzi di comunicazione per portare la Parola di Dio ai nostri contemporanei. Tuttavia, ogni settimana, abbiamo l’opportunità di annunciare il Vangelo nel momento privilegiato della celebrazione eucaristica, proclamazione molte volte carente. È un tema che è importante considerare in tutta la sua serietà e urgenza.
Forse, l’origine di questa situazione sta nella mancanza di una formazione biblica seria e sistematica. Una buona conoscenza della Sacra Scrittura è garanzia di una buona predicazione. Questa formazione, si deve ricevere durante gli studi di teologia, una teologia che, seguendo la linea del Concilio, abbia come “anima” la Sacra Scrittura (DV 24) e sia come “soffio vitale” della formazione sacerdotale. Ogni tre anni i ministri della Parola si ritrovano con gli stessi testi; la mancanza di una formazione biblica solida e permanente che permetta loro di trarre da essi “cose nuove e cose antiche”, come dice il Vangelo di Matteo (13,51), li fa velocemente passare per questi passi biblici, se non cadere a volte nell’aneddotico e nel non trascendente.
Una conoscenza del contesto rende più efficace la presentazione del Vangelo. Dobbiamo esortare i ministri della Parola a elaborare attentamente le loro omelie, tenendo in considerazione i destinatari della predicazione. Questa deve essere chiara nell’espressione, fedele e vicina agli aspetti precisi del messaggio che si trovano nei testi letti. Occorre avere presente che l’omelia è la comunicazione della Parola viva di Dio, una comunicazione che, come indica il termine stesso, è orientata a produrre comunione con il Dio della nostra fede, fondamento della comunione dei credenti. Comunicazione, comunione e comunità formano un tutto unico.
E sebbene l’omelia debba rispondere a una solida formazione biblica ed essere attenta alla realtà e ai mutamenti del mondo in cui vivono i suoi destinatari, la testimonianza personale del predicatore, la coerenza con il Vangelo della sua vita, deve confermare ciò che si proclama. Questo darà credibilità a ciò che si dice. Tale condizione esige una profonda spiritualità dei ministri della Parola, sulla quale dobbiamo vegliare pastoralmente.

– S.E.R. Mons. Antoni DZIEMIANKO, Vescovo titolare di Lesvi, Vescovo ausiliare di Minsk-Mohilev (BIELORUSSIA)

Vorrei fare una piccola riflessione legata alla vita della Chiesa in Bielorussia, in riferimento al tema dell’attuale Sinodo.
Si può dire che, nel periodo delle persecuzioni, la Sacra Scrittura, letta dai sacerdoti, si presentava come l’unica letteratura religiosa che era alla base della predicazione e della devota riflessione rivolta ai fedeli. La drammatica situazione del blocco, della Cortina di Ferro, è diventata uno stimolo ancor più forte alla lettura della Sacra Scrittura da parte del clero e per la pratica della Lectio Divina. Ultimamente è stato fatto, a livello interdiocesano, un concorso di conoscenza biblica. Sebbene molto lentamente, stanno sorgendo dei gruppi nelle parrocchie, che, sotto la guida di un sacerdote, approfondiscono la Bibbia. Nella pagina web della Conferenza Episcopale Bielorussa vengono regolarmente proposte delle Lectio Divina. Nella formazione intellettuale degli alunni si osserva scrupolosamente la trasmissione della scienza biblica ai futuri sacerdoti, secondo il rispettivo numero delle ore indicate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Le lezioni sono tenute da biblisti adeguatamente preparati.
Perché “i fedeli cristiani abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura” (DV 22) è necessaria un’appropriata, corretta e totale traduzione della Bibbia in lingua bielorussa, così da suscitare l’amore per la Sacra Scrittura, sottolineando l’unità che esiste tra il pane della Parola e il Corpo di Cristo. In questo modo i cristiani potranno assicurarsi il pieno nutrimento per la loro vita.
Auspichiamo anche che il contributo finale del Sinodo non si limiti alla dimensione informativa, ma che abbia un influsso essenziale, ci coinvolga in un’azione concreta e vitale, perché la stessa Parola di Dio si possa manifestare così com’è: viva, efficace e penetrante, comprensibile e in ogni lingua umana.

– S.E.R. Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (CITTÀ DEL VATICANO)

1) Nella esposizione delle “ragioni dottrinali” – come si dice nel primo testo sopra citato – dovremmo evitare di riesporre il complesso di tali ragioni dottrinali, ma limitarci all’essenziale e al discorso semplice. Proviamo a metterci dinanzi ai fedeli delle nostre parrocchie, fedeli nella generalità dei casi di media istruzione teologica, e proviamo a spiegare a loro alcune ragioni dottrinali, che facciano capire che cosa è la Sacra Scrittura e quindi muovano il desiderio di frequentarla. Ci sono frasi incisive come quella di San Cipriano, opportunamente citata al n. 25 verso la fine: “quando leggi, è Dio che parla con te”. Se veramente i nostri fedeli capissero questo, succederebbe una rivoluzione nella loro vita nei confronti della lettura della Bibbia.
2) Nella scelta dei risultati da ottenere, dovremmo indicare alcune prassi molto importanti, ma anche molto semplici. Mi permetto di elencarne alcune che a me sembrano tali. Su questi obiettivi dovremmo però ottenere l’impegno convinto di tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità.
Ma ora vorrei proporre qualcosa di più specifico, ovvero, di più attinente al mio particolare lavoro nella Curia Romana e in servizio del Papa. Come Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e quindi responsabile che la legislazione della Chiesa sia sempre aggiornata, mi chiedo se da una Assise così importante e su un tema così determinante per la vita della Santa Chiesa non possa e non debba venire anche un apporto significativo alla Legge della Chiesa stessa, in modo del tutto particolare nel Codice di diritto canonico.
Per chiarire il pensiero porto un esempio assolutamente elementare. Il can. 276 sulla vita spirituale dei chierici così si esprime: “[I Chierici] alimentino la propria vita spirituale alla duplice mensa della Sacra Scrittura e dell’Eucaristia … ” (§ 2, n. 2). Il testo è pregevole, ma si riferisce solo alla celebrazione dell’Eucaristia. Quando
poi si viene a parlare di preghiera personale si afferma solo: “sono sollecitati ad attendere regolarmente all’orazione mentale” (§ 2, n. 5). L’espressione “orazione mentale” è assolutamente chiara, però è datata.
Potrebbe, invece, essere questo il luogo in cui “esortare i chierici a praticare quotidianamente la lectio divina”.
In definitiva la mia proposta è che le conclusioni del Sinodo, con il consenso del Santo Padre, diventi anche compito di riflessione affidato ai Dicasteri della Curia, con il servizio speciale di stimolo e di coordinamento del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, perché propongano al Legislatore supremo i necessari adattamenti alle norme della Chiesa per quanto riguarda il particolare ambito della Parola di Dio.

– S.E.R. Mons. Guillermo LORÍA GARITA, Vescovo di San Isidro de El General (COSTA RICA)

IL 3. Mettere con forza la Bibbia nelle mani dei fedeli, incontro esistenziale, personale e comunitario; portare avanti una solida formazione continua e sistematica con materiali per la corretta comprensione del testo, illuminazione e applicazione nella propria vita (cf DV 25).
IL 22c. Studi di esperti specialisti diano risposta alla questione dell’evangelizzazione, migliore formazione biblica in seminari e fedeli. Versione popolare di: DV, OT, IBI, Il popolo ebraico e le sue sacre Scritture nella Bibbia cristiana; se ne accentui lo studio nei seminari.
La Chiesa esponga i suoi insegnamenti a partire dal messaggio lieto e vivificante della Parola; tutta la teologia deve nutrirsi per prima cosa della Scrittura e non prima di tutto della filosofia (cf DV 24). I teologi riformulino la fede con conoscenze bibliche salde.
IL 40. Diffusione di materiali di sussidio biblico: compiono la funzione? Si utilizzano? Sono noti ai fedeli? Di facile accesso? La pastorale sia permeata, nutrita e guidata dalla Parola, senza essere biblicismo. Comunità eucaristiche e bibliche, cristocentriche.
IL 43. Finanziamento per l’elaborazione di materiale serio e interessante dei libri della Bibbia, che susciti aspirazione e desiderio di conoscere di più la Parola. Creare commissioni continentali per elaborare materiale di sussidio in comunione con la Pontificia Commissione Biblica.

– S.Em.R. Card. Francis ARINZE, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CITTÀ DEL VATICANO)

1. Ricchezza della Liturgia delle Ore.
La Liturgia della Parola caratterizza l’intera economia sacramentale, al cui centro risplende la Santissima Eucaristia. Senza dubbio, la celebrazione eucaristica domenicale è per la maggior parte dei cattolici la via principale per ascoltare e rispondere a Dio che parla oggi al suo popolo. Ma non dobbiamo dimenticare la quotidiana preghiera della Chiesa che è la Liturgia delle Ore, costituita in massima parte dai testi della Sacra Scrittura, a cominciare dai Salmi.
Suggerisco che il Sinodo alla fine dica molto sulla Liturgia delle Ore, specie per i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose e certamente per i monastici. Purtroppo non mancano sacerdoti che tralasciano alcune ore dell’Ufficio Divino. Un aiuto importante per loro, a complemento di quanto si ascolta nelle letture bibliche della S. Messa, è proprio l’Ufficio delle Letture (cf Instr.
Lab., 34).
2. Importanza dei Praenotanda
Giustamente l’Instrumentum Laboris evidenzia l’importanza della Liturgia della Parola, caratteristica di ogni azione sacramentale, e in modo particolare dell’Eucaristia. Al riguardo sono da valorizzare, con rinnovato interesse e in diversi modi, la conoscenza dei Praenotanda dei diversi rituali, specialmente dell’Ordo Lectionum Missae. In riferimento a questi testi autorevoli e normativi, in cui si coniugano aspetti teologici, celebrativi, disciplinari e pastorali, permette di conoscere il senso della Liturgia della Parola e il modo di celebrarla concretamente, senza indulgere ad arbitrii soggettivi.
Suggerisco che il Sinodo insista sull’importanza della traduzione della Sacra Scrittura debitamente approvata dalla Conferenza Episcopale, e più specificamente della traduzione della Sacra Scrittura per l’uso liturgico con la dovuta recognitio della S. Sede.
3. La Bibbia ed altri elementi nella liturgia.
Sacrosanctum Concilium, 24, ci ricorda ancora che le preghiere, le orazioni, gli inni, i canti, le antifone, i gesti ed i segni sono ispirati dalle Sacre Scritture e da esse ricevono il loro significato.
Suggerisco che il Sinodo parli anche dei canti liturgici: i canti d’ingresso, alla presentazione dei doni e alla comunione sono tratti dalle Sacre Scritture, così come antifone e responsori dell’Ufficio Divino. Non è senza importanza allora che i canti eseguiti nella liturgia non siano composizioni qualsiasi, spesso improvvisate, senza l’approvazione del Vescovo o della Conferenza dei Vescovi.

AUDITIO AUDITORUM (I)

Successivamente sono intervenuti i seguenti Delegati Fraterni:


– Rev. Robert K. WELSH, Segretario Generale ed Officiale Ecumenico, Discepoli di Cristo (STATI UNITI D’AMERICA)

È per me un onore essere qui tra voi, come Delegato fraterno dei Discepoli di Cristo, per partecipare all’elevata discussione di questo Sinodo sull’importante tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. È un tema centrale nella vita di tutta la Chiesa, suscitando obbedienza nell’ascolto della Chiesa, obbedienza nella nostra proclamazione e obbedienza nella nostra risposta alla Parola di Dio fatta carne per il bene e la salvezza del mondo intero. Il mio intervento è incentrato su due riflessioni.
Anzitutto, l’unità dei cristiani è al centro del messaggio del Vangelo; le divisioni all’interno del corpo di Cristo sono uno scandalo dinanzi a Dio e dinanzi al mondo. La nostra divisione alla Mensa dell’Eucaristia rappresenta una negazione continua del potere della croce di sanare, riconciliare e legare tutte le cose in terra e tutte le cose in cielo. Spero che questo Sinodo approfondisca la sua riflessione sul rapporto tra la Parola di Dio, l’Eucaristia e l’unità di tutti i cristiani nell’unico corpo di Cristo. In secondo luogo, spero che il vostro lavoro e le vostre discussioni durante questo Sinodo esaminino in maniera più piena il rapporto tra la Parola di Dio e la missione della Chiesa, specialmente riguardo ai poveri e ai sofferenti, gli oppressi e gli emarginati. La mia Chiesa si è impegnata nella comprensione della missione basata sul principio guida della “presenza critica” nella missione, che dà la priorità al ministero a e con gli interlocutori a livello del bisogno più profondo; non solo ascoltare i poveri, ma preparare l’incontro con la Parola viva di Dio nella loro lotta e nella loro testimonianza quotidiana di speranza dinanzi alla disperazione, di vita dinanzi alla morte.
Prego affinché questo Sinodo dei Vescovi, riflettendo sulla Parola di Dio, non porti soltanto a un rinnovamento della vita nella Chiesa cattolica, ma serva davvero tutta la Chiesa portando un rinnovamento nel movimento ecumenico e in tutte le Chiese nella nostra comune chiamata alla missione nel mondo.

– Rev. Gunnar STÅLSETT, Vescovo emerito di Oslo, Federazione Mondiale Luterana (NORVEGIA)

Il tema del Sinodo è veramente ecumenico, interessa tutte le religioni e ha un messaggio per il mondo.
Il dialogo fra cattolici romani e luterani ha contribuito per oltre 30 anni alla sostanza del tema del Sinodo con questioni centrali quali la dottrina della giustificazione, il ruolo del ministero consacrato e la natura della Chiesa.
La distinzione luterana fra Sacra Bibbia come norma normans e le confessioni – o tradizioni della Chiesa – come norma normata pone la Sacra Scrittura come autorità ultima della Chiesa.Tutte e tre le religioni del Libro – Giudaismo, Cristianesimo e Islam – si trovano oggi in una stretta fra secolarismo e fondamentalismo.
Libertà di religione e libertà di espressione sono diritti umani fondamentali. Questo implica che nella società debba esserci spazio per
espressioni fondamentaliste di fede, anche se ciò porta a settarismo e divisioni.
Il terrorismo in nome di Dio è un affronto a tutte le fedi, poiché è violenza contro Dio. L’antidoto al fondamentalismo può essere solo una più autentica interpretazione delle Sacre Scritture. La Chiesa deve continuare a tenere in equilibrio tolleranza e verità.
Gli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG) delle Nazioni Unite costituiscono un appello a tutti i popoli di fede a superare ingiustizia, povertà, disuguaglianza, analfabetismo e disoccupazione, sofferenze che definiscono la vita di gran parte dell’umanità. La pandemia dell’Aids ha distrutto milioni di vite e può perdurare fra noi ancora per molte generazioni. Comunità religiose di tutte le fedi, non ultime la Chiesa e le comunità cattoliche, stanno dando il proprio contributo alla cura dei fedeli ispirata dall’amore. Vi sono purtroppo interpretazioni religiose che contribuiscono ad una stigmatizzazione. Dobbiamo pertanto continuare a cercare modi, congeniali alla nostra fede, per meglio tutelare la vita di quanti sono esposti al virus dell’HIV, nel matrimonio e al di fuori di esso.
La globalizzazione dell’inquietudine e della disperazione richiede la globalizzazione della salvezza e della speranza. I leader religiosi sono chiamati a un ministero di pace e di riconciliazione.

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ZENIT Staff

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