La Sede apostolica e l’ascrizione ad una Chiesa sui iuris


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di padre Hani Bakhoum Kiroulos

ROMA, lunedì, 27 settembre 2010 (ZENIT.org).- Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, nei canoni 29 – 38, tratta l’ascrizione a una Chiesa sui iuris. Tali canoni enunciano un nuovo principio per l’ascrizione. Nella legislazione precedente era il rito liturgico del battesimo che stabiliva l’ascrizione del fedele ad una chiesa sui iuris; ad esempio, se uno è stato battezzato con il rito latino diventa latino, o con il rito copto diventa copto. Il codice attuale, indipendentemente dal rito della celebrazione, determina il rito del battezzato.

Il can. 29 § 1 afferma che: “Il figlio che non ha ancora compiuto il quattordicesimo anno di età, col battesimo è ascritto alla Chiesa sui iuris a cui è ascritto il padre cattolico; se invece solo la madre è cattolica oppure se entrambi i genitori lo richiedono con volontà concorde è ascritto alla Chiesa sui iuris a cui la madre appartiene, salvo restando il diritto particolare stabilito dalla Sede Apostolica”.

La norma “conformemente alle consuetudini vigenti ancora nei paesi orientali e agli Statuti personali vigenti in Oriente, sancisce il principio della prevalenza del padre”[1]. Cioè alla Chiesa sui iuris del padre, ovviamente cattolico, devono essere ascritti i figli battezzati che non abbiano compiuto ancora i 14 anni.

Tale norma ammette due eccezioni a favore della Chiesa sui iuris a cui appartiene la madre: quando solo la madre è cattolica; e quando entrambi i genitori chiedono che il figlio venga ascritto alla Chiesa della madre. La seconda eccezione ha suscitato delle discussioni all’interno della Commissione della Redazione del Codice. Infatti, molti dei membri hanno chiesto di togliere tale clausola, affermando che “una simile clausola, a loro parere, causerebbe un affievolimento di vitalità e un depauperamento delle Chiese orientali esistenti, specie nelle regioni occidentali” [2].

Per rispondere a tali obiezioni è stata prevista l’ultima clausola, “salvo restando il diritto particolare stabilito dalla Sede Apostolica”. Con essa si potrebbe “in certi luoghi e in certe circostanze stabilire la prevalenza esclusiva del padre senza l’alternativa di scegliere per comune accordo la Chiesa della madre”[3]. In questo modo, la Sede Apostolica aiuterebbe la Chiesa sui iuris ad affrontare i pericoli menzionati.

La persona che ha compiuti i 14 anni è libera di scegliere la Chiesa sui iuris a cui viene ascritta.

Allo stesso modo, la norma precedente ha suscitato delle preoccupazioni ad alcuni membri della Commissione. La norma, però, è rimasta per difendere la libertà della persona e ha aggiunto la clausola “salvo restando il diritto particolare stabilito dalla Sede Apostolica”.

Il possibile intervento della Sede Apostolica, in entrambi i casi precedenti, è a favore della Chiesa Orientale sui iuris che si trova in situazione di minoranza e a rischio di affievolimento di vitalità.

Per la validità del passaggio ad un’altra Chiesa sui iuris è necessario il consenso della Sede Apostolica (can 32). Tale norma aiuterebbe i fedeli delle Chiese sui iuris a mantenere e osservare il loro rito.

Il consenso richiesto per la validità del passaggio da una Chiesa sui iuris ad un’altra, si presume in alcuni casi, il can 32 § 2 stabilisce:

“Se però si tratta di un fedele cristiano dell’eparchia di qualche Chiesa sui iuris che chiede di passare a un’altra Chiesa sui iuris che ha nello stesso territorio la propria eparchia, questo consenso della Sede Apostolica si presume, purché i Vescovi eparchiali di entrambe le eparchie acconsentano per iscritto al passaggio”

Un’altra possibilità di intervento della Sede Apostolica riguardo l’ascrizione ad una Chiesa sui iuris, si trova nel can. 35, il quale per l’ascrizione dei battezzati acattolici alla Chiesa sui iuris stabilisce che:

“I battezzati acattolici che convengono alla piena comunione con la Chiesa cattolica conservino il proprio rito, lo rispettino e, nella misura delle proprie forze, lo osservino dappertutto; siano perciò ascritti alla Chiesa sui iuris del medesimo rito, salvo il diritto di ricorrere alla Sede Apostolica in casi speciali di persone, di comunità o di regioni”

Il canone riprende l’insegnamento del Concilio Vaticano II[4] e modifica essenzialmente il can. 11 del Cleri Sanctitati. La nuova norma stabilisce che tutti i battezzati acattolici che, convengono alla piena comunione con la Chiesa Cattolica, siano ascritti alla Chiesa sui iuris del medesimo rito, lasciando la clausola che, in casi speciali è possibile ricorrere alla Sede Apostolica.

Riguardo la procedura per l’ascrizione, di per sé, ogni passaggio ad un’altra Chiesa sui iuris ha valore dal momento della dichiarazione fatta davanti al Gerarca del luogo della stessa Chiesa, o al parroco proprio, oppure al sacerdote delegato dall’uno o dall’altro e davanti a due testimoni, a meno che il rescritto della Sede Apostolica non disponga diversamente.

Inoltre nessuno può essere lecitamente ammesso al noviziato di un monastero sui iuris di un’altra Chiesa, senza la licenza della Santa Sede, a meno che non si tratti di un novizio che è destinato a un monastero dipendente della propria Chiesa.

Tali sono gli interventi possibili della Santa Sede riguardo l’ascrizione ad una Chiesa sui iuris. Da notare che essi derivano dall’applicazione della dottrina del Concilio Vaticano II, hanno lo scopo di proteggere i riti e incoraggiare i propri fedeli ad osservarli in maniera più autentica.

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1) Idem., 158.

2) D. SALACHAS – L. SABBARRESE, Codificazione Latina e Orientale e Canoni Preliminari, 158.

3) D. SALACHAS, Le Chiese “sui iuris” e I Riti, 43.

4) Cfr. OE 4.

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ZENIT Staff

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