CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 28 luglio 2012 (ZENIT.org).- In occasione dell’inizio delle gare dei XXX Giochi Olimpici, che sono stati inaugurati ieri sera a Londra, riprendiamo un articolo tratto dall’edizione odierna de L’Osservatore Romano e firmato dall’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Nigel Marcus Baker. Il testo si sofferma sulla “vita straordinaria e l’eroismo” di due protagonisti dei Giochi di Parigi del 1924, l’inglese Harold Abrahams e il missionario protestante scozzese Eric Liddell, entrambi immortalati nel film Chariots of fire (Momenti di gloria, 1981), restaurato per i Giochi di Londra.
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di Nigel Marcus Baker*
La nuova uscita, in coincidenza con i Giochi Olimpici di Londra, dello straordinario film del 1981 di David Puttnam e Colin Welland, Momenti di gloria (Chariots of Fire), richiama alla mente la vita straordinaria e l’eroismo di due dei principali protagonisti. Uno, l’inglese Harold Abrahams, ha superato i pregiudizi e ha sfoderato una straordinaria forza fisica e mentale per vincere i 100 metri alle Olimpiadi di Parigi del 1924. L’altro è il missionario scozzese Eric Liddell, che rifiutò di di correre di domenica per non scendere a compromessi con le sue convinzioni religiose (dovette ritirarsi dai 100 metri, la disciplina nella quale andava meglio), ma che trionfò nei 400 metri, con un tempo da record mondiale, nelle stesse Olimpiadi parigine. Non sono un atleta. Ma posso vantare legami indiretti con entrambi.
Abrahams ha studiato nella mia stessa alma mater, il Gonville and Caius College di Cambridge. Cambridge è il luogo in cui si svolge la famosa scena del film in cui Abrahams e Lord Lindsay (basato sul personaggio reale di Lord Burghley) corrono la Trinity Great Court Run intorno al quadrangolo del Trinity College, cercando di completare il percorso prima che la campana del College finisca di suonare i dodici rintocchi di mezzogiorno. Nel film, Abrahams ci riesce mentre Lindsay no. Di fatto, era stato Lord Burghley a riuscirci, unica persona ad avercela fatta fino agli anni Novanta. Il mio College, Gonville and Caius, va fiero di Abrahams e del suo successo nel superare l’antisemitismo dell’epoca (compreso quello a Cambridge).
Il mio legame con Liddell è invece del tutto diverso e passa per il mio prozio Noel, uomo imponente che per molti anni ha servito nel reggimento gallese dell’esercito britannico (dopo essere stato lasciato da sua madre, ovvero mia bisnonna, in caserma per iniziare la sua carriera come trombettiere quando aveva dodici anni). Noel era un ottimo atleta e gareggiava per l’esercito in diverse discipline, compresi i 400 metri. Il reggimento gallese veniva spesso impiegato all’estero, specialmente in Asia, e fu proprio lì che incontrò Liddell.
Secondo quanto raccontato da mia nonna, una mattina, in Cina, il giorno prima di un importante campionato di atletica (forse il campionato della Cina settentrionale del 1930, o magari una gara interforze) Noel si stava allenando in pista. Aveva fatto diversi giri per riscaldarsi. A un certo punto, un uomo goffo dalla chioma rossa si unì a lui e, con forte accento scozzese, gli chiese se potevano correre insieme. Il mio prozio accettò, in realtà non troppo contento, e così fecero ancora un paio di giri di pista in silenzio. Quando si fermarono sul traguardo, lo straniero fulvo disse a Noel con un sorriso: «Lei non è per niente male. Domani io arriverò primo e lei secondo».
Il prozio Noel non fu per niente impressionato dal suo commento. «Chi crede di essere questo sconosciuto?», pensò. Noel era uno dei favoriti della gara ed era certo di vincere. Quello che non sapeva era che il campione olimpionico del 1924, Eric Liddell, all’epoca stava lavorando in Cina come missionario della London Missionary Society. All’ultimo momento aveva chiesto agli organizzatori di poter partecipare alla gara, e questi ovviamente avevano accettato. Volle fare alcuni giri di allenamento per prepararsi alla gara, e fu proprio lì che incontrò il mio prozio Noel.
Il giorno della gara il mio prozio fu sorpreso di scoprire che doveva correre contro il grande campione olimpionico Eric Liddell. E fu ancora più sorpreso quando l’uomo che si schierò con lui sulla linea di partenza altri non era che la persona con la quale aveva corso il giorno prima. Liddell gli sorrise e gli fece un cenno di saluto. Si udì lo sparo. Gli atleti si misero a correre. Eric Liddell arrivò primo. Il prozio Noel secondo.
Eric Liddell era molto amato. Trascorse buona parte della sua vita in Cina, rifiutando di abbandonare la sua attività missionaria quando ci fu l’invasione dell’esercito giapponese. Venne internato a Tianjin nel 1943 e, logorato dal ministero svolto per i suoi compagni di prigionia e per le loro famiglie, il 21 febbraio 1945, a 43 anni, morì nel campo d’internamento di Weishien. Nel 2008, prima delle Olimpiadi di Pechino, le autorità cinesi hanno rivelato che Liddell avrebbe potuto abbandonare il campo in seguito a un accordo tra i giapponesi e il Governo britannico, ma che aveva lasciato il suo posto a una donna incinta.
Il vincitore britannico dei 100 metri alle Olimpiadi di Mosca del 1980, lo scozzese Alan Wells, dedicò la sua vittoria a Eric Liddell, che nel calendario liturgico della Chiesa episcopale statunitense viene onorato con una festa il 22 febbraio.
All’apertura delle Olimpiadi di Londra, ricordiamo i nostri eroi olimpici. L’affabile Eric Liddell — che sapeva che avrebbe battuto il mio prozio Noel su una pista in Cina, negli anni Trenta, prima che la guerra li inghiottisse tutti — è in cima alla mia lista.
*Ambasciatore britannico presso la Santa Sede
(©L’Osservatore Romano 28 luglio 2012)