Oggi 2 Febbraio la Chiesa celebra la Presentazione di Gesù al Tempio. Tale festa ha la sua origine nel vangelo di Luca, quello che ci fornisce maggiori informazioni sull’infanzia di Gesù. Al secondo capitolo, l’evangelista ci dice che, passati 40 giorni dalla sua nascita, Giuseppe e Maria portarono loro figlio nel Tempio di Gerusalemme per offrirlo a Dio, secondo quanto stabiliva la legge ebraica. Giuseppe offrì a Dio una coppia di giovani colombi e il bimbo Gesù venne preso in braccio da due anziani: Simeone e Anna.
Se si legge il passo evangelico si noterà con estrema facilità che Luca insiste molto sul fatto che tutto avviene secondo la legge del Signore. A chi ha una buona familiarità con la Sacra Scrittura non sfuggirà la somiglianza con un passo dell’Antico Testamento, Es 40,16-38, dove si narra che la GLORIA di Dio prende possesso del Tabernacolo degli Ebrei e si manifesta sotto forma di LUCE. All’interno del Tabernacolo degli Ebrei c’era l’Arca dell’Alleanza che a sua volta conteneva le Tavole della Legge. Essa era dunque l’oggetto più sacro della religione ebraica, soprattutto perché era considerata il trono di Dio sulla terra e quindi un segno della sua Presenza (Shekhinah) in mezzo al popolo di Israele.
Questa Arca dell’Alleanza era scomparsa dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei babilonesi. Quando il Tempio in seguito venne ricostruito, esso era dunque vuoto. E vuoto era anche al tempo di Gesù.
Ecco allora che l’evangelista vuole presentare Maria come l’Arca della Nuova Alleanza e Gesù come la Nuova Legge di Dio. Luca ci sta insomma descrivendo l’ingresso della Nuova Arca dell’Alleanza, di cui l’Antica era solo una prefigurazione, nel Tempio di Gerusalemme. Ed è Gesù il “luogo” della nuova e definitiva Presenza di Dio fra gli uomini. In lui infatti, come dirà l’apostolo Paolo in Col 2,9, abita corporalmente la divinità. Anche nelle parole del vecchio Simeone si può sentire l’eco del passo vetero-testamentario; egli infatti parla di Gesù come di una “LUCE per illuminare le Genti e GLORIA di Israele”.
Questo bambino, ci fa capire il Vangelo, è di capitale importanza sia per gli ebrei, sia per le genti (i non ebrei), ovvero per tutta l’umanità, perché egli, secondo le stesse parole del vecchio Simeone che lo abbraccia, è “la salvezza preparata da Dio per tutti gli uomini”, non solo come individui, ma anche come popoli. Ed effettivamente la diffusione del vangelo nel mondo ha straordinariamente migliorato, pur con tutti i limiti umani, la condizione degli uomini, in ogni campo. Il cristianesimo infatti, lo abbiamo ripetuto parecchie volte sulle colonne del nostro giornale, è stato determinante per il riconoscimento dell’uguaglianza di tutti gli uomini, per la cura dei malati, per la valorizzazione dei bambini, delle donne e dei malati, per la nascita della scienza, per lo sviluppo delle arti e molto altro.
È per questo motivo che nella liturgia di oggi in chiesa accendiamo le candele, per ricordare a tutti noi che la luce di Cristo rischiara la vita di tutti gli uomini e di tutti i popoli. Dall’uso di accendere le candele deriva anche il nome popolare col quale questa festa viene chiamata: Candelora.
Siccome Simeone ed Anna erano sempre nel Tempio, la Chiesa dedica questa ricorrenza ai religiosi e ai consacrati, cioè a tutte le persone che hanno deciso di dedicare tutta la loro vita a Gesù, seguendolo sulla strada dei consigli evangelici di povertà, castità ed obbedienza.
Questa è anche l’ultima festa del ciclo natalizio e proprio in questo giorno nelle chiese si smontano i presepi.
La Presentazione al Tempio, da non confondere con la circoncisione di Gesù e l’imposizione del nome che cadono il primo gennaio (otto giorni dopo Natale), viene rappresentata spessissimo nell’arte. In questo tipo di raffigurazione vengono rappresentati Giuseppe mentre ha in mano una coppia di colombi, Maria, Simeone che regge in braccio, coprendosi le mani in segno di rispetto, il piccolo Gesù e la profetessa Anna.
Per approfondimenti o informazioni: www.nicolarosetti.it
(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)