La Caritas Europa lancia l'allarme povertà

L’impatto della crisi europea in un rapporto che analizza la situazione di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna

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Attenti alla povertà: è l’allarme lanciato dalla Caritas Europa con il rapporto L’impatto della crisi europea.

Il rapporto presentato il 14 febbraio presso l’Ufficio di Dublino del parlamento Europeo,  in contemporanea con gli altri paesi europei, analizza i costi economici  e sociali nei cinque “paesi deboli” dell’Ue: i cosiddetti PIIGS – Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e  Spagna.

Si tratta di un rapporto scientificamente solido, espressione  del decennale lavoro delle Caritas nei paesi PIIGS. È diviso in quattro parti e presenta dati, testimonianze e raccomandazioni alle Istituzioni e ai corpi intermedi a livello nazionale e comunitario.

Secondo la Caritas Europa  ”la risposta dei governi alla crisi sta determinando un circolo vizioso”, difatti “le misure di austerità – se non accompagnate da adeguate politiche di sostegno e di sviluppo – rischiano di avere un impatto sempre più negativo sulle vite delle persone povere, e di far cadere molte altre persone per la prima volta in una condizione di povertà”.

Nel 2010 in questa stessa data, la Caritas Europa lanciava, per l’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, la sua campagna Zero Poverty. Agisci Ora, in quell’occasione  papa Benedetto XVI era in visita all’ostello della Caritas diocesana di Roma “Don Luigi Di Liegro” in Via Marsala.

L’analisi prende le mosse dalla situazione che c’era prima della crisi: “Nel 2007 – si legge nel rapporto – accanto a due paesi con budget surpluses (Irlanda e Spagna), altri due (Italia e Portogallo) si distinguevano per deficit di bilancio negativi, di poco inferiori alla soglia del 3 per cento del Pil imposta dal Patto di stabilità, mentre la Grecia si caratterizzava per un deficit di bilancio che superava tale soglia.

Soltanto un anno dopo, alla fine del 2008, tutti e cinque i paesi avevano livelli di deficit superiori alla media europea. Tre anni dopo, alla fine del 2011, quattro di questi paesi avevano raggiunto i più elevati livelli di debito pubblico dell’intera Unione Europea: Grecia (170,6% del Pil), Italia (120,7 %, ovvero 1.906.738 milioni di euro), Portogallo (108,1%) e Irlanda (106,4 %). L’unica eccezione è costituita dalla Spagna che, con un valore del 69,3% era ancora sotto il valore medio europeo (82,5%)”.

Caritas Europa spiega che “i tagli alle spese operati con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi europei di riduzione del debito pubblico, stanno riducendo il livello dei consumi e determinano costi sociali elevati, legati al mancato accesso ai servizi da parte di una porzione significativa di popolazione, colpita da disoccupazione in aumento”.

Per la Caritas “tale meccanismo, associato alla necessità di continuare a pagare gli interessi sul debito stanno rendendo difficile, se non impossibile, la crescita economica”.

Analisi condivisa anche dal FMI e che sta condizionando l’intero continente europeo, che evidenzia nel suo complesso “deboli segnali di crescita e sviluppo economico”.

Dal punto di vista sociale, “la situazione descritta presenta un quadro europeo contrassegnato da rischi sociali in aumento, da sistemi sociali indeboliti e da individui e famiglie sempre più in difficoltà”.

La prima parte del Rapporto ribadisce che “alcune misure di austerità possono essere state necessarie, tuttavia l’attuazione esclusiva di tali misure, di per sé, non sarà sufficiente a risolvere la crisi economico-finanziaria”.

Inoltre, uno dei problemi legati alle politiche di austerità messe in atto dai governi risiede nel fatto che seppure essi possono avere un qualche effetto positivo nel breve periodo, allo stesso tempo possono “produrre delle conseguenze negative a lungo termine, soprattutto nel settore del welfare pubblico, della salute, dell’educazione”.

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Carmine Tabarro

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