"Narrare un fatto che non hai visto, che un morto è risorto"

Omelia del cardinale Caffarra in occasione del conferimento del mandato per la Missione cittadina ai giovani

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Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata ieri sera nella Cattedrale di San Pietro dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, in occasione del conferimento del mandato per la Missione cittadina ai giovani “Ascolta la tua sete”.

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1. Abbiamo ascoltato, cari missionari e missionarie, la professione di fede compiuta da Pietro: «tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Pietro non ripete ciò che la “gente dice essere Gesù”. Egli vede che Gesù è altro: è il Figlio del Dio vivente.

L’apostolo non è giunto a questa professione di fede facendo uso delle sue capacità naturali – «la carne ed il sangue» – ma in forza di una luce interiore che veniva da Dio stesso: «il Padre [mio] che sta nei cieli» glielo ha rivelato.

E’ a causa di questa professione di fede, di questa intima convinzione che Pietro diventa la roccia su cui Cristo edifica la sua Chiesa.

Alla fine della sua vita, egli potrà scrivere: «non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza» [2Pt 1, 16]. Ed ancora, come abbiamo sentito nella prima lettura, dice di sé di essere «testimone delle sofferenze di Cristo».

Lo stesso cammino è stato percorso dall’apostolo Paolo. Egli scrivendo ai cristiani della Galazia, dice: «quando colui che mi scelse fin dal seno materno e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me il suo Figlio, perché lo annunziassi in mezzo ai pagani» [Gal 1, 15-16]. Anche Paolo ebbe il dono di una luce interiore, di una rivelazione: la rivelazione della persona, dell’identità di Gesù. Ma non perché tenesse per sé, come un tesoro da nascondere gelosamente, il segreto di quella rivelazione. «Perché lo annunziassi in mezzo ai pagani», egli dice. Non può tacere ciò che ha visto; e il dono, la «grazia» ricevuta esigeva di essere condiviso.

Abbiamo una conferma di questo annuncio che Paolo faceva. Quando il governatore uscente della Siria Felice si incontra col suo successore Festo, gli parla di Paolo tenuto prigioniero. Quando vuole precisare di che cosa di trattava, Felice dice che Paolo parlava di un certo Gesù, «morto, ma che sosteneva ancora in vita» [cfr. At 25, 13-20].

Considerate bene, cari fratelli e sorelle: di tutta la discussione molto accesa fra Paolo e i giudei, quel pagano aveva ritenuto e capito solo una cosa, che un morto era ritornato in vita.

Questo fatto mi ricorda che cosa mi disse una persona nei giorni della mia ordinazione sacerdotale: “ti sei messo in una bella condizione! Quella di narrare un fatto che non hai visto, che un morto è risorto”.

Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio, l’esperienza dei due grandi apostoli Pietro e Paolo vi dicono che voi vivrete quanto essi stessi hanno vissuto. Il Padre ha rivelato a voi chi è Gesù; voi andate per le vie della città a dire ai giovani ciò che vi è stato “rivelato” dal Padre vostro che è nei cieli. L’annuncio che andrete facendo è la narrazione di un fatto che ha cambiato la vostra vita. Pietro avrebbe dovuto essere la “roccia della fede” e colui che “conferma nella fede i suoi fratelli” [cfr. Lc 22, 31]. Paolo, colui che evangelizza le genti.

2. Ma perché è necessario che voi andiate per le vie di Bologna? Molto semplice: «la fede viene dalla predicazione» [Rom 10, 17], e «senza la fede è impossibile piacere» a Dio [cfr. Eb11, 6], e quindi «Dio ha voluto salvare il mondo attraverso la stoltezza della predicazione» [1Cor 1, 21]. Ed è ciò che voi in questi giorni andrete facendo, poiché come “potrebbero credere tanti giovani, in questa città, senza aver sentito parlare di Gesù?» [cfr. Rom 10,14].

A questo voi questa sera siete inviati. Quante promesse anche la nostra città ha sentito farsi in questi giorni! Ma nessuno avrebbe potuto avere il coraggio di fare la promessa che voi questa sera siete inviati a fare: «Dio…ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» [Gv 3, 16]. Voi a chi crede, promettete la vita eterna. Oh quanto sono belli i vostri piedi che recate un lieto annunzio di bene! [cfr. Is 53, 1].

Ma non posso tacere del tutto un fatto in cui vi imbatterete. Molti giovani a cui farete l’annuncio di Gesù hanno lasciato la Chiesa e abbandonato la fede solitamente dopo la cresima. E magari vi diranno o vi faranno capire che dite loro delle favole; oppure che loro già conoscono il cristianesimo, e crescendo hanno capito che ciò che avevano appreso al catechismo, non ha nessuna rilevanza per la vita.

La cosa più importante è allora che rendiate i giovani disposti ad ascoltarvi. Ma come? Direi evitando di presentare Gesù come una suocera [che dice: non fare, devi fare]; dicendo che possono incontrare un grande, infinito amore che vuole prendersi cura di loro.      

Andate, dunque, fratelli e sorelle, nel nome di Gesù e colla forza dello Spirito Santo. Vi guidi Maria, stella della nuova evangelizzazione.

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ZENIT Staff

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