Zanzibar: i cristiani sono obiettivo dei fondamentalisti mentre il governo tace

L’assassinio lo scorso 17 febbraio di padre Evariste Mushi non rappresenta un fatto isolato

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«È chiaro che siamo mira dei fondamentalisti». È la denuncia del vescovo di Zanzibar, monsignor Augustine Shao, ad Aiuto alla Chiesa che Soffre in seguito all’assassinio di padre Evariste Mushi, 55 anni, ucciso lo scorso 17 febbraio da tre colpi di arma da fuoco di fronte alla cattedrale di San Giuseppe della capitale.

Negli ultimi mesi, riferisce il vescovo, vi è stato un notevole aumento delle tensioni nell’arcipelago semiautonomo, in cui il 95% della popolazione è di fede islamica. L’assassinio di padre Evariste non rappresenta un fatto isolato, ma l’espressione preoccupante di un’ideologia estremista. «Alcuni fondamentalisti rifiutano l’esistenza di altre religioni che non siano l’Islam. I fedeli sono terrorizzati, perché sanno di essere diventati un obiettivo». Prima ancora dell’attentato molti esponenti del clero hanno ricevuto minacce e diverse Chiese sono state incendiate. «Il giorno di Natale un altro dei miei sacerdoti, padre Ambrose Mkenda, è stato ferito e a novembre uno sceicco moderato che invocava il dialogo interreligioso è stato sfregiato con dell’acido».

In ogni diocesi della Tanzania sono state celebrate funzioni in memoria di padre Mushi. Solidarietà è stata espressa anche dal presidente tanzaniano, Jakaya Kikwete, che ha promesso indagini rapide e accurate. Monsignor Shao tuttavia non si fida delle promesse presidenziali e accusa le autorità d’essere «rimaste in silenzio». Il vescovo esorta invece la comunità internazionale a fare pressione su Dodoma e Zanzibar «affinché venga posto un freno alla violenza». «Il governo deve garantire la sicurezza di tutti cittadini e specialmente delle minoranze. Per troppo tempo è stata consentita la promozione dell’odio interreligioso».

Anche padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i progetti in Tanzania e Zanzibar, denuncia l’aumento delle tensioni avvenuto in seguito all’arresto di alcuni attivisti islamici, tra cui il segretario del locale Consiglio degli Imam, lo sceicco Ponda Isha Ponda. A chiedere la liberazione degli estremisti è soprattutto l’associazione per la mobilitazione e la propaganda islamica Uamsho (“Risveglio” in swahili), un’alleanza che riunisce i maggiori movimenti musulmani e che mira alla secessione dalla Tanzania e all’introduzione della sharia come fonte principale di diritto. «Gli ultimi avvenimenti hanno causato grande preoccupazione in seno alla comunità cristiana  – dichiara padre Halemba – Per questo ACS, insieme al vescovo Shao, si sta impegnando ancor di più nella promozione del dialogo interreligioso e della coesistenza pacifica».

Nel 2011 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato alla Chiesa in Tanzania e Zanzibar oltre 950mila euro.

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ZENIT Staff

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