In anteprima all’evento che avrà luogo l’1 e il 2 marzo presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma sul tema Sindone e nuova evangelizzazione, e che riunirà nella capitale i maggiori studiosi dell’argomento, scienziati, biblisti accanto a scrittori e attori, ZENIT ha intervistato due degli artefici dell’iniziativa, Padre Rafael Pascual LC, Direttore dell’Istituto Scienza e Fede, e Padre Nicola Tovagliari LC, Cappellano dell’Università Europea di Roma.
Come è nata l’idea di organizzare questo convegno sulla Sindone in occasione dell’anno della fede?
P. Pascual: Da diversi anni stiamo lavorando sul tema e abbiamo avuto vari momenti in cui, partendo dal programma dell’Istituto Scienza e Fede, abbiamo visto la Sindone come un argomento fondamentale in questo rapporto; da lì sono nate numerose iniziative in cui abbiamo avuto la possibilità di offrire un diploma in Studi Sindonici. Essendo poi giunti all’Anno della Fede abbiamo pensato che occorreva dire qualcosa sulla Sindone, perché essa è, secondo noi, uno strumento particolare per poter comunicare e trasmettere la fede agli uomini del nostro tempo: essa stessa si presenta come un’immagine – e noi nel mondo siamo delle immagini – poi come un messaggio che dobbiamo trasmettere. Inoltre stupisce il disegno della Provvidenza per cui il convegno si inserirà in un momento molto particolare della storia del nostro secolo, poiché nessuno poteva aspettarsi che proprio il giorno prima si sarebbe concluso il pontificato di papa Benedetto XVI.
Quale importanza ha l’immagine della Sindone nell’accettare che Dio possa mettersi in comunicazione con il mondo materiale di ognuno di noi?
P. Pascual: Una riflessione che spesso si sente è quella di voler vedere il volto, il volto di Dio. Ogni vero incontro con l’altra persona passa dal poterla guardare negli occhi e dal poter comunicare; è lo stesso desiderio che l’uomo ha di trovarsi con Dio: nei Salmi si canta questo desiderio: “mostrami il Tuo volto”, “voglio vedere il Tuo volto”, “non nascondermi il Tuo volto”. Dio è voluto venire incontro a questo desiderio anche tramite la Sindone: chi avrebbe potuto immaginare che duemila anni ci potesse essere il modo di offrirci l’immagine del volto proprio come se fosse una fotografia? È vero, anche l’arte ha l’intento di trasmettere il volto di Gesù, ma non è la stessa cosa avere a che fare semplicemente con una rappresentazione artistica: la Sindone ci offre la possibilità di vedere Gesù, e in misura significativa, di vedere quale volto ci ha voluto mostrare, quello della Sua passione, perché è lì dove si raggiunge il culmine della Sua donazione e generosità; lì Egli mostra ciò che aveva detto: “Non c’è amore più grande che quello di dare la vita per gli amici” (Gv 15,13).
Confrontandosi con la nuova evangelizzazione ci si chiede spesso “cosa fare per…”, quali progetti portare avanti, si cerca la risposta nell’attivismo, mentre invece nella Sindone ci troviamo davanti ad un’immagine immobile: può essa richiamare nuovi cristiani?
Padre Pascual: Direi di sì, ma è un’immagine che va mostrata, utilizzando i diversi mezzi per farlo, attraverso mostre permanenti, convegni ed eventi che abbiano l’intento di far conoscere. È la persona stessa che viene a guardare ad essere interpellata dal sacro telo e a cercare di capirne il messaggio. Accompagnando tanti gruppi abbiamo visto come la Sindone lascia un segno: molti rimangono colpiti; abbiamo ascoltato anche le testimonianze e le riflessioni, che avremo modo di condividere durante lo stesso convegno, di persone che hanno visitato mostre permanenti. Presso la mostra di Gerusalemme ricordo come venne un ragazzo dicendo: “Io sono venuto in Terra Santa perché volevo cercare di trovare Gesù… l’ho visto qui in questa mostra”.
Il Kerygma può essere potenziato concretamente dal segno della sacro telo? In che senso la sindone è annuncio?
P. Tovagliari: Il Kerygma è già completo perché è l’annuncio di Cristo ieri, oggi e sempre, ed è potenziato dallo Spirito, però si attualizza con delle grazie attuali per il cammino di ogni persona. Che cos’è, in realtà la Sindone? Non è un oggetto di fede, ma può essere un veicolo, un canale, che aiuta ad aprire le menti e i cuori alla fede, ecco perché diventa uno strumento di nuova evangelizzazione: il Vangelo c’è ed è sempre lo stesso, ma vi può essere un nuovo metodo, una nuova via per comunicarlo.
In che modo un segno muto, in modo contraddittorio, può parlare?
P. Tovagliari: È la contraddizione del Vangelo stesso: Cristo predicava, ma poi si ritirava in silenzio a pregare, e il Suo esempio trascinava i Suoi discepoli che gli domandavano: “insegnaci a pregare”. La sindone è un testimone che senza parlare rivela il momento più acuto della donazione di Cristo, la passione, morte e resurrezione: ecco, proprio in quel volto silenzioso ma illuminato di amore, l’uomo si sente interpellato: “chi sei Tu per me?” e “che cosa posso fare io per Te?”.
Le opere d’arte parlano, ma come può trasmettere bellezza un’immagine – come quella della Sindone – di sofferenza, di un dolore da cui sarebbe normale fuggire?
P. Tovagliari: Le immagini parlano, ed è per questo che nell’arco della storia della Chiesa sono state costruite le cattedrali, che raccontavano con raffigurazioni il Vangelo. Però ci vuole un’adeguata catechesi, un’adeguata spiegazione di esse. La sindone si presenta come immagine sanguinosa, e proprio questo è ciò che sconvolge, il fatto che ci siamo abituati a vedere sui nostri lettini, sulla scrivania o sul muro il segno della croce: ecco allora che la sindone ci ripropone la stessa immagine in una forma veramente sconvolgente, cruenta sicuramente, ma allo stesso tempo umana e divina: questa immagine di sofferenza si apre a immagine di amore, di trascendente e di resurrezione.