Dopo aver riflettuto mercoledì scorso sul significato profondo della Resurrezione, stamattina, durante l’Udienza Generale, tenutasi in piazza San Pietro, papa Francesco ne ha ripreso il tema, soffermandosi in modo particolare sulla portata salvifica della Resurrezione stessa.
“La nostra fede si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa”, ha spiegato il Santo Padre.
Scendendo nell’“abisso della morte”, Gesù prende su di sé il peso dei nostri peccati li vince “e ci apre la strada per rinascere a una vita nuova”, ha proseguito il Papa.
Questa liberazione si manifesta innanzitutto con il battesimo, nel quale – ha ricordato il Pontefice – anticamente il battezzato veniva spogliato e, dopo aver ricevuto tre volte l’acqua sul capo, riceveva indosso una veste bianca, che simboleggiava la nascita a vita nuova, dopo l’immersione nella Morte e Resurrezione di Gesù.
Grazie allo Spirito Santo, il battezzato è in grado di riconoscere la sua condizione di figlio di Dio, chiamando Dio “Abbà”, ovvero “Papà”, “Padre”. A sua volta Dio “ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo”.
La relazione filiale con Dio, tuttavia, “non è come un tesoro che conserviamo in un angolo della nostra vita, ma deve crescere, dev’essere alimentata ogni giorno con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente della Penitenza e dell’Eucaristia, e la carità”, ha aggiunto papa Francesco.
Compito dei cristiani è quindi quello di “vivere da figli”, permettendo che “Cristo ci trasformi e ci renda come Lui”, seguendolo, pur nei nostri “limiti” e nelle nostre “debolezze”.
Avversa al principio del rapporto di filiazione con Dio, è la tentazione dell’uomo di “lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi”; si tratta di un peccato che “ferisce la nostra vita cristiana” e che rispecchia la mentalità di oggi, la quale ci illude che “Dio non serve, non è importante per te”.
Invece è soltanto “comportandoci da figli di Dio”, senza scoraggiarci delle nostre cadute e sentendoci amati da Lui che “la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia”, ha detto il Papa.
Soltanto Cristo Risorto è la “speranza che non delude” (cfr. Rm 5,5). E sebbene spesso le speranze umane conducano alla delusione, la speranza cristiana è “forte, sicura, solida”, essendo “fondata su Dio che è sempre fedele”.
Essere cristiani, inoltre, “non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui”. Significa, in altre parole, “lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato”.
A chi chiede “ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), dobbiamo indicare Cristo Risorto. “Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in Cristo, che è la vera libertà, quella che ci salva dalla schiavitù del male, del peccato, della morte!”, è stata l’esortazione del Santo Padre.
“Guardiamo alla Patria celeste, avremo una nuova luce e forza anche nel nostro impegno e nelle nostre fatiche quotidiane. È un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio”, ha quindi concluso il Pontefice.