Senza lavoro “non vi è futuro né per le famiglie, né per le persone, né per il Paese e per la società intera”. Lo ha detto oggi pomeriggio, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), a margine dell’assemblea del Movimento Cristiano Lavoratori.
Nel corso del suo intervento, il presidente della CEI ha riflettuto sulla situazione politica ed economica italiana, a poco più di due settimane dalle elezioni, sottolineando che la famiglia è “fondamentale per la società”, specie in un momento come quello attuale, in cui le famiglie investono tutti i loro risparmi per i figli e i nipoti, ma soprattutto mettono in campo “quel patrimonio di fiducia e autostima senza il quale nessuno sa affrontare il futuro”.
Terza priorità che il prossimo governo dovrà affrontare, dopo lavoro e famiglia, sono “le riforme, assolutamente necessarie allo Stato”.
Gli italiani, ha proseguito Bagnasco, non si fanno più “abbindolare da niente e da nessuno” e hanno bisogno della “verità delle cose, senza sconti, senza tragedie ma anche senza illusioni”. Per questo è necessario vincere la tentazione di ripiegare su una “politica vecchia”.
Entrando nel merito delle riforme da attuare nel campo del lavoro, il capo dei vescovi italiani, ha auspicato che vengano ripensati i “livelli retributivi”. Se le disuguaglianze sono in aumento, ha osservato, è necessario che la società intera inizi a porsi delle domande.
Vanno rivalutate “tutte le occupazioni oneste”, non dimenticando che, “in una società non razzista non ci sono occupazioni degne solo degli immigrati”. Altro metodo da rivalutare è “l’operaismo attivo”, con il quale tutti i lavoratori partecipano alle sorti dell’azienda.
“Impegno, competenza e onestà morale” sono secondo il presidente della CEI, i “germi nuovi di realismo” in grado di rigenerare il mondo del lavoro, in contrapposizione ai “miti del successo e dell’efficienza a buon mercato”.
Sebbene in questo campo, i vescovi non abbiano “ricette particolari”, il cardinale Bagnasco ha ricordato che in situazioni come quella attuale, le principali vittime sono i giovani, alle prese con una disoccupazione che può rappresentare una “eccezione dolorosa” ma, alla lunga, può generare “frustrazione spirituale”, “invivibilità esistenziale” ed “impossibilità progettuale”.
Sui valori non-negoziabili, il presidente della CEI ha confutato il preconcetto secondo il quale la Chiesa sarebbe interessata alla vita “solo nella sua fase iniziale o al suo termine naturale”. Essa, infatti, lo è anche nel “durante”, specie quando “altre autorità o riferimenti non esistono neppure”.
Oggi, i valori non-negoziabili vengono liquidati come un “fatto culturale, un fatto storico, e pertanto variabile”. In tal senso, la cultura europea è sostanzialmente “debole e superficiale”, non avendo una “organizzazione profonda” e limitandosi “alla mera e quasi automatica applicazione di alcune categorie che sono diventate dogmi, come la tolleranza e la discriminazione”.
Bagnasco ha infine stigmatizzato la “retorica delle differenze”, per la quale queste ultime debbano essere sempre “un valore”, fenomeno speculare all’egualitarismo, anch’esso, secondo il porporato, carico di ambiguità.
Altro vocabolo abusato ed equivocabile è quello di “progresso”. “Dobbiamo interrogarci se il criterio è corretto e il merito è vero”, ha osservato Bagnasco, e chiederci se è legittimo “ridefinire l’alfabeto dell’umano, la famiglia, il lavoro, l’uomo?”.
Su temi come “vita, famiglia, convivenze, libertà”, l’Europa si sta incamminando lungo una strada insidiosa: “da una piccola crepa, che si fa passare per irrilevante, si passa inevitabilmente a un’apertura e a una voragine”.
Tuttavia se l’Italia si ponesse in contro-tendenza, “sarebbe un grande servizio. Ma ci vuole grande convinzione”, ha quindi concluso il presidente della CEI.