"Non stare fermi"

Discorso del Papa ai detenuti nella Casa Circondariale di Isernia

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Riprendiamo il testo integrale del discorso rivolto ieri pomeriggio da papa Francesco ai detenuti nella Casa Circondariale di Isernia, che ha incontrato nel cortile interno della struttura.

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Cari fratelli e sorelle buon pomeriggio,

vi ringrazio per la vostra accoglienza. E vi ringrazio per la testimonianza di speranza, che ho ascoltato dalle parole del vostro rappresentante. Anche nel saluto della Direttrice mi ha colpito questa parola: speranza. Questa è la sfida, come dicevo due settimane fa nella Casa circondariale di Castrovillari: la sfida del reinserimento sociale. E per questo c’è bisogno di un percorso, di un cammino, sia all’esterno, nel carcere, nella società, sia al proprio interno, nella coscienza e nel cuore. Fare il cammino di reinserimento, che tutti dobbiamo fare. Tutti. Tutti facciamo sbagli nella vita. E tutti dobbiamo chiedere perdono di questi sbagli e fare un cammino di reinserimento, per non farne più. Alcuni fanno questa strada a casa propria, nel proprio mestiere; altri, come voi, in una casa circondariale. Ma tutti, tutti… Chi dice che non ha bisogno di fare un cammino di reinserimento è un bugiardo! Tutti sbagliamo nella vita e anche, tutti, siamo peccatori. E quando andiamo a chiedere perdono al Signore dei nostri peccati, dei nostri sbagli, Lui ci perdona sempre, non si stanca mai di perdonare. Ci dice: “Torna indietro da questa strada, perché non ti farà bene andare su questa”. E ci aiuta. E questo è il reinserimento, il cammino che tutti dobbiamo fare.

L’importante è non stare fermi. Tutti sappiamo che quando l’acqua sta ferma marcisce. C’è un detto in spagnolo che dice: “L’acqua ferma è la prima a corrompersi”. Non stare fermi. Dobbiamo camminare, fare un passo ogni giorno, con l’aiuto del Signore. Dio è Padre, è misericordia, ci ama sempre. Se noi Lo cerchiamo, Lui ci accoglie e ci perdona. Come ho detto, non si stanca di perdonare. E’ il motto di questa visita: “Dio non si stanca di perdonare”. Ci fa rialzare e ci restituisce pienamente la nostra dignità. Dio ha memoria, non è uno smemorato. Dio non si dimentica di noi, si ricorda sempre. C’è un passo della Bibbia, del profeta Isaia, che dice: Se anche una madre si dimenticasse del proprio figlio – ed è impossibile – io non ti dimenticherò mai (cfr Is 49,15). E questo è vero: Dio pensa a me, Dio si ricorda di me. Io sono nella memoria di Dio.

E con questa fiducia si può camminare, giorno per giorno. E con questo amore fedele che ci accompagna la speranza non delude. Con questo amore la speranza non delude mai: un amore fedele per andare avanti col Signore. Alcuni pensano di fare un cammino di punizione, di sbagli, di peccati e soltanto soffrire, soffrire, soffrire… E’ vero, è vero, si soffre. Come ha detto il vostro compagno, qui si soffre. Si soffre dentro e si soffre anche fuori, quando uno vede che la propria coscienza non è pura, è sporca, e vuole cambiarla. Quella sofferenza che purifica, quel fuoco che purifica l’oro, è una sofferenza con speranza. C’è una cosa bella, quando il Signore ci perdona non dice: “Io ti perdono, arrangiati!”. No, Lui ci perdona, ci prende per mano e ci aiuta ad andare avanti in questo cammino del reinserimento, nella propria vita personale e anche nella vita sociale. Questo lo fa con tutti noi. Pensare che l’ordine interiore di una persona si corregga soltanto “a bastonate” – non so se si dica così –, che si corregga soltanto con la punizione, questo non è di Dio, questo è sbagliato. Alcuni pensano: “No, no, si deve punire di più, più anni, di più!”. Questo non risolve niente, niente! Ingabbiare la gente perché – scusatemi la parola – per il solo fatto che se sta dentro siamo sicuri, questo non serve, non ci aiuta. La cosa più importante è ciò che fa Dio con noi: ci prende per mano e ci aiuta ad andare avanti. E questo si chiama speranza! E con questa speranza, con questa fiducia si può camminare giorno per giorno. E con questo amore fedele, che ci accompagna, la speranza non delude davvero.

Vi ringrazio dell’accoglienza. E io vorrei… mi viene adesso di dirlo, perché sempre lo sento, anche quando ogni 15 giorni telefono ad un carcere di Buenos Aires, dove ci sono giovani e parliamo un po’ al telefono. Vi faccio una confidenza. Quando io mi incontro con uno di voi, che è in una casa circondariale, che sta camminando verso il reinserimento, ma che è recluso, sinceramente mi faccio questa domanda: perché lui e non io? Lo sento così. E’ un mistero. Ma partendo da questo sentimento, da questo sentire io vi accompagno.

Possiamo pregare insieme la Madonna, nostra Madre, perché ci aiuti, ci accompagni. E’ Madre. Ave Maria…

E per favore pregate per me! Pregate per me!

[© Copyright 2013 – Libreria Editrice Vaticana]
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ZENIT Staff

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