La denuncia di Francesco: "Non c'è posto nella Chiesa per chi abusa dei minori"

E alle vittime presenti alla Messa mattutina chiede perdono per i crimini dei membri del clero e per l’omissione dei “capi” della Chiesa che non hanno risposto adeguatamente alle denunce dei familiari

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Probabilmente è il discorso più intenso e toccante mai pronunciato in un anno e mezzo di Pontificato. Davanti a sei persone segnate nel corpo e nell’anima dagli abusi subiti da membri del clero, riunite oggi nella Domus Santa Marta, il Papa non ha trattenuto il suo dolore e ha trasformato la sua omelia in una lancinante denuncia contro questo crimine “intollerabile”.

“Non c’è posto nella Chiesa per coloro che commettono abusi”; “dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare che tali peccati non si ripetano più nella Chiesa”: sono solo alcune delle frasi forti gridate dal Pontefice dall’altare della Cappellina. Una in particolare, però, è destinata a rimanere nella storia: “Davanti a Dio e al suo popolo sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini di abuso sessuale commessi da membri del clero nei vostri confronti. E umilmente chiedo perdono”.

Bergoglio dà voce quindi all’angoscia dei suoi predecessori che hanno dovuto ricucire, con pazienza e non poche difficoltà, questa ferita aperta in seno alla Chiesa. Papa Benedetto XVI in particolare, il quale, già prima della sua elezione al Soglio di Pietro, si fece carico del peso di anni e anni di incuria di questo crimine e di silenzio omertoso. Quello stesso silenzio per cui Ratzinger, nella Lettera ai cattolici dell’Irlanda del 2010, espresse “apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo”.

Quello stesso silenzio per cui Francesco oggi dice: “Chiedo perdono anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso presentate da familiari e da coloro che sono stati vittime di abuso”. Ciò, aggiunge, “ha recato una sofferenza ulteriore a quanti erano stati abusati e ha messo in pericolo altri minori che si trovavano in situazione di rischio”.

E mentre il Papa argentino chiede perdono, alle vittime a Santa Marta dice anche di piangere con loro. Il suo è il pianto della Chiesa, lo stesso che sgorgò dagli occhi di Pietro quando incrociò lo sguardo del Signore che usciva dall’interrogatorio prima della sua morte. “Il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù nei bambini abusati – afferma il Santo Padre – e vuole piangere, chiede la grazia di piangere” per i suoi figli: sia quelli “che hanno tradito la loro missione”, sia tutti quegli “innocenti” scalfiti da un trauma indelebile.

Nel cuore del Papa c’è, dunque, “un profondo dolore” per tutti i vescovi e i sacerdoti che “hanno violato l’innocenza di minori e la propria vocazione sacerdotale abusandoli sessualmente”. Sono questi atti “più che deprecabili”, rimarca. E se già nel volo di ritorno dalla Terra Santa aveva paragonato la nefandezza di tali crimini alla celebrazione di una messa nera, oggi rincara la dose e definisce gli abusi “come un culto sacrilego, perché questi bambini e bambine erano stati affidati al carisma sacerdotale, per condurli a Dio. Ed essi li hanno sacrificati all’idolo della loro concupiscenza”.

Una profanazione, dunque, della stessa immagine di Dio a cui siamo stati creati: “Questi atti esecrabili di abuso perpetrati contro minori hanno lasciato cicatrici per tutta la vita” – soggiunge il Papa – ferite che, anche a distanza di anni, “sono una fonte di profonda e spesso implacabile pena emotiva e spirituale, e di disperazione”. Non solo per le vittime, ma anche per le loro famiglie. Proprio a loro si rivolge il pensiero del Vescovo di Roma, specie quelle che, in un vortice di sofferenza senza fine, hanno dovuto subire pure “la terribile tragedia del suicidio di una persona cara”. “La morte di questi amati figli di Dio pesa sul cuore e sulla mia coscienza, e di quella di tutta la Chiesa – ammette Bergoglio –. A queste famiglie offro i miei sentimenti di amore e di dolore”.

Amore e dolore che tuttavia non potranno mai placare quel tormento, perché “i peccati di abuso sessuale contro minori da parte di membri del clero – riconosce con amarezza il Pontefice – hanno un effetto dirompente sulla fede e sulla speranza in Dio. Alcuni si sono aggrappati alla fede, mentre per altri il tradimento e l’abbandono hanno eroso la loro fede in Dio”.

Dopo il buio, però, c’è sempre la luce e “la vostra presenza qui – evidenzia il Santo Padre – parla del miracolo della speranza che ha il sopravvento sulla più profonda oscurità. Senza dubbio – prosegue – è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e di cercare la grazia della riconciliazione”. Soprattutto, è un miracolo “il coraggio che voi e altri avete dimostrato facendo emergere la verità”: è stato questo “un servizio di amore” che ha fatto luce “su una terribile oscurità nella vita della Chiesa”.

Le parole di Bergoglio vengono fuori come un rigurgito tenuto dentro troppo a lungo: “Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali; e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale”, afferma.

Rivolto a tutti i vescovi, li esorta quindi ad “esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori”, perché renderanno conto di questa responsabilità”. Gesù Cristo, infatti, non buttava le parole al vento e ancor’oggi “vale il consiglio che dà a coloro che danno scandalo: la macina da mulino e il mare”.

Prima di concludere, Francesco assicura l’impegno della Santa Sede nel “vigilare sulla preparazione al sacerdozio”, forte anche del lavoro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. Allo stesso tempo chiede “ausilio” affinché, ognuno secondo le proprie possibilità, contribuisca “a far sì che possiamo disporre delle migliori politiche e procedimenti nella Chiesa universale per la protezione dei minori e per la formazione di personale della Chiesa”. “Dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare che tali peccati non si ripetano più nella Chiesa”, ribadisce.

Le ultime parole del Papa sono infine una carezza, segno di quella tenerezza che è fulcro e apice del suo magistero: “Voi e tutti coloro che hanno subito abusi da parte di membri del clero siete amati da Dio. Prego affinché quanto rimane dell’oscurità che vi ha toccato sia guarito dall’abbraccio del Bambino Gesù e che al danno recatovi subentri una fede e una gioia rinnovata”.

Infine, il ringraziamento per l’incontro e la consueta richiesta “pregate per me”. Questa volta, però, il Papa ne spiega anche il motivo: “Pregate per me perché gli occhi del mio cuore vedano sempre con chiarezza la strada dell’amore misericordioso e Dio mi conceda il coraggio di seguire questa strada per il bene dei bambini”, in modo da “non permettere che alcun lupo entri mai nel gregge”. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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