La posta in gioco è altissima, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di Ginevra, dove l’Irlanda si trova dinanzi a un bivio: cedere alle pressioni dell’Onu e quindi abdicare alle richieste di “ammorbidire” la sua legislazione sull’aborto oppure resistere sul fronte della tutela del nascituro.
È stata definita “dura” e “insistente” la requisitoria del Consiglio cui è stato sottoposto a metà luglio Frances Fitzgerald, ministro della Giustizia irlandese. Motivo dell’arringa: l’attuale legislazione di Dublino in materia di aborto violerebbe le norme internazionali sui diritti umani.
Il Consiglio ha così ritenuto insufficiente l’impegno profuso dall’Irlanda, lo scorso anno, quando per ottemperare alle richieste delle Nazioni Unite cambiò la propria legislazione sull’interruzione di gravidanza con l’approvazione di una legge denominata The Protection of Life During Pregnancy Act. La norma ha confermato le restrizioni irlandesi in materia di aborto, ma con l’aggiunta di un passaggio relativo ai rischi per la madre.
La legge, secondo quanto espressamente annunciato dal governo, era finalizzata a chiarire le circostanze in cui, a causa di una condizione fisica precaria della madre, l’aborto può essere consentito. Inoltre, con l’approvazione della legge l’accesso all’aborto è stato esteso anche laddove vi è il rischio di suicidio da parte della donna incinta. Per procedere, però, è necessario il parere unanime di tre medici (un’ostetrica e due psicologi).
È ancora troppo poco, per il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, secondo il quale l’attuale legislazione irlandese continua a “criminalizzare” le donne incinte negando loro di poter ricorrere a quello – l’aborto – che viene definito un “diritto”. Yuval Sahny, relatore della requisitoria, ha sottolineato che l’Irlanda nega così l’accesso all’interruzione di gravidanza “anche in circostanze nelle quali noi Stati (membri) ritentiamo debba esserci l’obbligo di consentire l’aborto sicuro e legale”.
L’Onu ha tuttavia trovato interlocutori nient’affatto proni, anzi capaci di difendere il diritto irlandese a mantenere la propria legislazione sull’aborto. È intervenuta dapprima Mary Jackson, funzionaria presso il Dipartimento della Salute, la quale ha rivendicato che la legge licenziata dal Parlamento irlandese un anno fa è conforme alle richieste dell’Onu.
Presente alla discussione di Ginevra, anche Lorcan Price, rappresentante e avvocato di Pro Life Campaign, associazione irlandese in difesa della vita. Price ha contestato l’interpretazione che le Nazioni Unite hanno del concetto di diritti, affermando: “Non esiste alcun diritto all’aborto nella legislazione internazionale”. Dunque non in Irlanda, bensì altrove il legale individua dissonanze con il concetto di diritti umani. “Oggi le ricchissime lobby abortiste – ha spiegato – tenteranno di ingannare il Comitato per i diritti umani qui a Ginevra, sostenendo che i bambini non ancora nati non hanno il diritto di vivere. Questa affermazione è del tutto contraria alle leggi sui diritti umani”.
Lobby che hanno nomi e cognomi. “Spero con tutto il cuore – ha proseguito Price – che il Comitato difenda il diritto alla vita e respinga la pressione internazionale dei gruppi statunitensi, come il Center for Reproductive Rights, che vogliono imporre a tutti i costi il regime dell’aborto in Irlanda”. Le Nazioni Unite – ha dunque osservato il presidente dell’associazione pro-life – “sanno che non esiste un diritto internazionale sull’aborto nella legislazione. Se l’Onu assumesse una posizione esplicitamente a favore dell’aborto, si verificherebbe un danno incalcolabile alla sua credibilità come organismo in difesa dei veri diritti umani”.
Duro il commento a Lifenews di Cora Sherlock, vice-presidente di Pro Life Campaign, la quale ha definito l’udienza della Commissione verso l’Irlanda una “farsa”, poiché le Nazioni Unite hanno dimostrato di essere “incredibilmente sbilanciate a favore dell’aborto”. A mo’ di esempi, la Sherlock ha ricordato che dall’Onu “nemmeno un mormorio di preoccupazione è stato alzato per la terribile situazione di Paesi come l’Inghilterra, dove i bambini sopravvissuti ad un aborto non ricevono assistenza medica e sono lasciati morire negli angoli”. Sempre a proposito di Inghilterra, il Consiglio “non ha avuto nulla da dire sul recente caso documentato secondo cui le spoglie di 15 mila bambini abortiti sono state incenerite per produrre calore negli ospedali o che, in Gran Bretagna, le gravidanze possono essere interrotte per motivi di disabilità del feto fino al momento del parto”
Una “farsa”, per parafrasare la Sherlock, destinata a proseguire. Si attende ora che il Consiglio si riunisca di nuovo, per effettuare una nuova verifica in base alle dichiarazioni raccolte ed emettere così le sue osservazioni conclusive entro due settimane.