Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 20ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.
Il presule offre anche una doppia lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
La tenacia di una donna.
Rito Romano – XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 17 agosto2014
Is 56,1.6-7; Sal 66; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28
Rito Ambrosiano – X Domenica dopo Pentecoste
1Re 8,15-30; Sal 47; 1Cor 3,10-17; Mc 12,41-44
1) La fede abolisce le distanze.
A pochi giorni dalla Festa dell’Assunzione, in cui la protagonista è la Madonna, la liturgia di questa domenica offre alla nostra meditazione la figura di un’altra donna come protagonista con Cristo di un miracolo. E’ originaria di Canaan, quindi per gli Ebrei, Gesù compreso, è una straniera.
La distanza da Cristo da parte della Cananea era esteriore. Doveva fare un lungo cammino per superare secoli di paganesimo che la separavano oggettivamente dalla salvezza. Fra noi battezzati e il Signore invece c’è spesso una distanza interiore dovuta alla barriera della nostra pigrizia spirituale e mediocrità a impedire il contatto. Se solo riuscissimo a non chiuderci in noi stessi nei momenti di difficoltà nella vita ma continuassimo invece a chiedere, cercare e supplicare Dio, avremmo la possibilità di vedere esaudite le nostre domande e ottenere quello che serve al vero bene nostro e di chi amiamo.
Così infatti è accaduto alla Cananea. I segni che accompagnavano Gesù l’hanno spinta da Lui. Lei ha saputo di Gesù, ha ascoltato l’annuncio che dona la fede, perchè la fede viene dalla predicazione (Rm 10,17), si è sentita trafiggere il cuore, ed è corsa alla fonte della Vita. Una pagana intraprende un cammino di salvezza mossa dall’ascolto di un annuncio e spinta dal desiderio di ridare la slaute alla figlis. E’ il principio del passaggio dalla schiavitù alla libertà. L’occasione l’ha resa audace. L’amore per la figlia, sino allora impotente, incontrò l’Amore che è Vita, salute e Salvezza. Molto cammino ha percorso questa madre, umiliandosi tra il disprezzo dei “figli” d’Israele e la vergognosa infermità della figlia. Lei ha visto che il suo amore di madre è incapace di aiutare, di dare senso all’esistenza. Non c’è sofferenza più grande di un amore di madre strozzato nell’impotenza di farsi salvezza per i propri figli.
Questa donna, che chiese il miracolo della guarigione per sua figlia, ebbe un coraggio enorme, perché sapeva che il fatto di essere donna e straniera era un grosso ostacolo all’accoglimento della sua domanda di grazia.
Era donna e questo per gli antichi, ma non per la Bibbia, era “un male necessario”, e non solo non era ebrea, era Cananea, della discendenza di Cam, il figlio che ebbe un atteggimento di disprezzo verso suo padre Noé e da questi maledetto[1].
Per Gesù il fatto che la Cananea fosse una donna non era un’obiezione, ma una benedizione. Come fu dall’inizio, e continua ad essere ancora, la donna è una benedizione divina, per cui Lui “è nato da Donna (Gal 4,4,). La seconda obiezione è sciolta da Cristo come neve al sole in un unico modo: Lui chiede, allora come oggi, la fede.
Non è per caso che nel Nuovo Testamento la fede venga innazitutto dalle donne: la Vergine Maria- che è “il tipo”[2] per eccellenza della fede, sua cugina Elisabetta, la profetessa Anna, le discepole – in particolare Maria Maddalena – che seguono Gesù ovunque vada, le donne incontrate da San Paolo (cfr Rm 16), Lidia a Filippi, alla quale il Signore aprì il cuore al Vangelo portato degli Apostoli (cfr At 16,14) e le “molte donne e i non pochi uomini” (At 17, 12) di Tessalonica, come pure Damaride, la donna ateniese che credette dopo il discorso di Paolo all’Areopago (At 17, 34), e Priscilla con il marito Aquila a Corinto (At 18, 2).
Questa “benedetta donna” cananea va incontro a Gesù e Gli grida “Pietà di me” (Mt 15, 22). Traducendo letterlamente, questa preghiera suona così: “Impietosisciti di me, Signore, figlio di Davide”. Tuttavia sembra quasi che il Messia non si lasci commuovere da questo grido e dà una risposta dura, almeno all’apparenza, paragonando questa donna e sua figlia indemoniata ai “cagnolini”. La Cananea riconosce la sua situazione di miseria e di estraneità, ma l’amore materno la spinge ed osa una risposta intelligente e piena di fede, che si può tradurre così: “Ma sì, Signore. Infatti anche i cagnolini mangiano dalle briciole che cadono dalla tavole dei loro padroni”, perciò anche quelli che sono considerati come cani hanno “diritto” al “pane dei padroni”.
La Cananea ha superato l’esame, offrendo a Cristo la confessione che nasce dal suo cuore di madre. Il cuore di Gesù non attendeva che questo e si rivolge alla Cananea con il titolo nobiliare di: “Donna (= Signora)”.
Con la sua fede questa donna ha recuperato la sua dignità di figlia di Dio nel Figlio di Dio e, in forza della sua fede, questa dignità è stata comunicata al frutto del suo grembo: sua figlia è stata liberata dal demonio che ne deturpava l’immagine e somiglianza.
Domandiamo al Signore questa stessa fede e ricordiamo che le donne sono poste come benedizione dal Signore. A commento di questa frase cito quanto San Giovanni Paolo II ha scritto nella sua Lettera alle donne:
“La Chiesa – affermavo nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem – « desidera ringraziare la santissima Trinità per il “mistero della donna”, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l’eterna misura della sua dignità femminile, per le “grandi opere di Dio” che nella storia delle generazioni umane si sono compiute in lei e per mezzo di lei » (n. 31).Il grazie al Signore per il suo disegno sulla vocazione e la missione delle donna nel mondo, diventa anche un concreto e diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità.
Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta « sponsale », che esp
rime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.(A questo riguardo è utile per le Vergine consacrate nel mondo meditare costantemente le risposte che hanno dato al Vescovo durante il rito della consacrazione: ‘Volete perseverare tutta la vostra vita nella decisone della verginità consacrata al servizio del Signore e della Sua Chiesa?’ – ‘Sì, lo vogliamo’. ‘Volete seguire Cristo secondo il Vangelo in modo tale che la vostra vita appaia come una testionianza d’amore e segno del Regno che verrà?’ – ‘Sì, lo vogliamo’. ‘Volete essere consacrate al Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio Altissimo, e riconoscerlo come vostro sposo?’ – ‘Sì, lo vogliamo’. Allora il Vescovo e l’Assemblea dicono: ‘Rendiamo grazie a Dio’ – Rituale della Consacrazione delle vergini, n. 17).
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani. […]Vegli Maria, Regina dell’amore, sulle donne e sulla loro missione al servizio dell’umanità, della pace, della diffusione del Regno di Dio!” (Lettera alle donne, 1995).
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LETTURE PATRISTICHE
San Giovanni Crisostomo (circa 345-407),
Vescovo d’Antiochia poi di Costantinopoli, Dottore della Chiesa
Omelia «Cristo sia annunziato», 12-13; PG 51, 319-320
La preghiera umile e insistente
Una donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ? « Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la tua fede ! Ti sia fatto come desideri » (Mt 15, 28). Quando udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo cercare altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna. Vedi come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza. Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la nostra preghiera che con la preghiera degli altri.
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San Beda il Venerabile (circa 673-735),
Monaco, Dottore della Chiesa
Omelie sui Vangeli I, 22
CCL 122, 156-160 ; PL 94, 102-105
La fede della donna sirofenicia
«Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri» (Mt 15,28). Sì, la donna sirofenicia possiede una grandissima fede. Pur non conoscendo né gli antichi profeti, né i recenti miracoli del Signore, né i suoi comandamenti né le sue promesse, anzi, respinta da lui, persevera nella sua domanda e non si stanca di bussare alla porta di colui che per fama gli era stato indicato come salvatore. Perciò la sua preghiera viene esaudita in modo visibile e immediato…
Quando uno di noi ha la coscienza macchiata dall’egoismo, dalla superbia, dalla vana gloria, dal disprezzo, dall’ira, dalla gelosia o da qualche altra passione, ha proprio, come quella donna di Canaan, «una figlia crudelmente tormentata da un demonio». Che corra dunque a supplicare il Signore affinché egli la guarisca… Che faccia questo con umile sottomissione; che non ritenga se stesso degno di condividere la sorte delle pecore di Israele, cioè delle anime pure, invece che giudichi se stesso indegno delle ricompense del cielo. La disperazione, tuttavia, non lo spinga ad allentare l’insistenza della sua preghiera, ma che il suo cuore abbia una fiducia incrollabile nell’immensa bontà del Signore. Infatti, colui che ha potuto fare dal ladrone un confessore della fede (Lc 23,39), dal persecutore un apostolo (Ac 9), e da pietre dei figli di Abramo (Mt 3,1), è anche capace di trasformare un cagnolino in una pecora di Israele.
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NOTE
[1] Come emerge, per esempio, da questa citazione: “Maledetto Canaan! Servo dei servi dei fratelli suoi sussista. Benedetto il Signore Dio di Sem, e sia Cam servi di essi. Jafet, Dio lo estenda, ed abiti nelle tende di Sem e sia Canaan servo di essi” (Gn 9, 25-27). Questa maledizione fu confermata lungo i tempi, come si legge, per es., in Deuteronomio 7, 2, dove c’è scritto di non fare grazia ai Cananei.
[2] La Madonna è l’esempio più alto della fede e dell’umiltà, virtù che devono caratterizzare il nostro accostarci al Mistero dell’Incarnazione.