Nel giardino di Dio non ci sono sconfitti, ma solo vincitori

La fede dei martiri rafforza la nostra coscienza di appartenere a Cristo per essere pronti a vivere il nostro martirio nella quotidianità

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Torturati, imprigionati, decapitati; il sangue dei martiri grida “Coraggio! Gesù ha vinto il mondo e noi con Lui! Vi passiamo il testimone!”. In questa settimana io mi sono innamorata della nonna di Amal Marogy (cristiana irachena e docente all’università di Cambridge) che racconta così l’esperienza della sua famiglia:

“Ci vorrebbero più di dieci pagine per narrare la scuola della sofferenza vissuta dalla mia famiglia, scuola simile a quella di numerose famiglie irachene. Mio padre è morto vent’anni fa, lasciando una bella vedova di 28 anni e quattro bambine. Mia nonna paterna ha visto distruggere la sua casa ben due volte. Tuttavia, è stato grazie alla grande fede della mia famiglia che ho potuto letteralmente toccare con mano e ho sempre potuto individuare i segni, anche se sbiaditi e vaghi, lasciati dal buon Dio come segno della sua presenza. È stato grazie alla mia nonna paterna ‘analfabeta’ che ho imparato che Dio non tenta mai nessuno né lo mette alla prova al di là della sua capacità. È stata la stessa donna, intelligente e coraggiosa, che quando ha visto la nostra casa in macerie, ha lodato Dio e ha versato lacrime per quindici minuti, per poi rialzarsi ed esclamare: ‘Tutte le cose materiali sono mera sporcizia nelle nostre mani, Dio sia benedetto per sempre!’”.

Ed ora facciamo un salto dall’Iraq recente alla Corea del Sud del 1791. Il governatore di Jeonju racconta così le ultime ore di Paolo Yun Ji-chung e Giacomo Kwon Sang-yeon:

“Nonostante i loro corpi siano coperti di sangue, non si lamentano neanche. Rifiutano di rinunciare alla loro fede dicendo ‘l’insegnamento di Dio è molto chiaro, non possiamo disobbedire. Quindi dobbiamo disobbedire ai nostri genitori e al re’. Hanno detto che è un grande onore morire per Dio sotto la lama di un coltello”.

Gli uomini uccidono, ma Dio ridà la vita alla vittima e gliela ridà alla grande! Le famiglie di Paolo e Giacomo (che devono aspettare ben nove giorni prima di ottenere il permesso per seppellirli) rimangono a bocca aperta quando vanno finalmente a riprendere i due corpi: entrambi i martiri sembrano essere morti da poco, con il sangue ancora brillante e fresco. I fedeli riescono a bagnare alcuni pezzi di stoffa con questo sangue. Questi fazzoletti vengono mandati a mons. Gouvea, a Pechino, e diversi malati, in pericolo di vita, si stentono meglio dopo aver toccato queste “reliquie”.

Questa volta, invece, è il 28 giugno 1795. Mattia Choe In-Gil (un catechista, impegnato a diffondere la gloria di Dio con fede, entusiasmo e devozione) ed altri compagni danno una nuova testimonianza di fede forte e potente. Alla domanda degli accusatori “Adorate Gesù morto sulla croce?”, rispondono con coraggio “Sì”. Alla richiesta di abiurare la fede, aggiungono: “Siamo pronti a morire mille volte piuttosto che rinunciare alla fede nel nostro vero Salvatore, Gesù Cristo”.

Non si può dire che Gesù non ci avesse avvertiti: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani… E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 17-22).

E Dio non fa mai false promesse di salvezza! Anzi: ci tiene a far sapere che nel suo giardino divino, non ci sono sconfitti ma solo vincitori. Ed infatti Mattia Choe, il catechista a cui avevano tappato la bocca con la morte, ha continuato ad annunciare il vangelo del suo Gesù a migliaia e migliaia di altre creature umane, unite a lui da un misterioso e divino filo conduttore, tessuto da uno Stilista di lusso.

I suoi uccisori non sono riusciti ad interrompere il suo desiderio! Dio gliel’ha reso ancora più fattibile che non sulla terra, donandogli su un piatto d’argento il poter divino dei figli salvati. È questo quello che si devono mettere in testa gli aguzzini di oggi e di sempre: più uccidono e più i cristiani crescono. Lo ridico: Dio non contempla la parola “sconfitta” per i suoi figli fedeli. Come scrive Tertulliano, “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. I nostri fratelli cristiani perseguitati, hanno bisogno del nostro aiuto ma, paradossalmente, sono loro che ci stanno aiutando a rimetterci sui binari della radicalità di Gesù Cristo.

Hanno bisogno delle nostre preghiere ma, incredibilmente, sono loro a rafforzare la nostra coscienza di appartenere a Cristo per essere pronti a vivere il nostro martirio nella quotidianità. E se dovesse esserci chiesto di più, sono loro a rammentarci che è possibile dire con gioia: “Siamo pronti a morire mille volte piuttosto che rinunciare alla fede nel nostro vero Salvatore Gesù Cristo”.

A noi che spesso viviamo una fede un po’ tiepida, tutto questo provoca uno scossone, un timore di non farcela se dovessimo trovarci nei loro panni, un’ammirazione sincera verso la fede dei nostri fratelli martiri, una nostalgia verso un amore più forte e coinvolgente per Gesù, il Salvatore. È  per questo che i martiri si festeggiano il giorno della loro morte; perché è in quel giorno che sono stati salvati dal Re dei Re! Morte per il mondo; rinascita per i cristiani. Fine per gli aguzzini; inizio per i credenti.

“Esiste un posto chiamato ‘paradiso’ dove le opere buone iniziate qui

possono venire portate a termine; e dove le storie non scritte e le speranze

incompiute possono trovare un seguito”.

(John Ronald Tolkien)

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Per ogni approfondimento: www.intemirifugio.it

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Maria Cristina Corvo

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