"Legge di stabilità discutibile, ma lo sciopero generale non è lo strumento giusto"

Intervenendo al Consiglio nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori, il presidente Carlo Costalli ricorda che “non ci può essere buona politica se si cancellano i corpi intermedi”

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Se mai si erano unite, le strade di Renzi e del Movimento cristiano lavoratori adesso divergono in nome della partecipazione. Intervenendo oggi al Consiglio nazionale del movimento, il presidente Carlo Costalli, pur concedendo che lo sciopero generale è “in uno momento come questo non è lo strumento giusto per contestare una legge di Stabilità che è contestabile e che anche noi contestiamo”, ha bocciato la strategia del fare sia nel metodo che nella sostanza, arrivando a ipotizzare che “il governo alzi sempre più l’asticella delle riforme per potersi presentare in primavera con una serie di fallimenti e addossarne la responsabilità all’opposizione interna al Pd, con l’obiettivo finale di resettarla attraverso il voto”.

Un piano che si scontrerebbe con la volontà del Presidente della Repubblica di non mandare più il Paese alle urne con l’attuale legge elettorale. Ma è proprio su questo nodo che la strategia renziana mostra la corda, secondo Costalli: “se non si riduce il numero dei collegi, nell’Italicum le preferenze avranno una mera funzione decorativa, in quanto verrebbero eletti in netta prevalenza i candidati indicati dai partiti e solo in parte residuale quelli indicati con la preferenza”. Ergo, il governo lavora per un sistema elettorale ancora verticistico e partitocratico, che renderà il Parlamento ininfluente.

Questo avviene perché – è il ragionamento implicito nelle parole di Costalli – la politica del “fare” non sopporta l’opposizione e il dialogo sociale, è una politica senza mediazione. Prova ne sia il conflitto con i sindacati. Il Mcl si attende dall’esecutivo quella “politica economica in grado di produrre, in tempi brevi, l’attesa inversione del declino e di inaugurare un nuovo ciclo lungo di crescita, di ricostruzione industriale, di responsabilità e di coesione sociale, di tutela e di equilibrio ambientale. Insieme al necessario “abbattimento” del debito pubblico, diventato ormai insostenibile”. Propugna la riforma del mercato del lavoro, la partecipazione dei lavoratori al capitale e la ripresa degli investimenti, da favorire, nell’ambito della delega sulla riforma fiscale, “con infrastrutture efficienti, rapidità della giustizia civile, una amministrazione efficiente e, soprattutto, tasse più basse per lavoro e famiglie”.

Ma soprattutto non condivide la strategia renziana di mortificare i sindacati e il terzo settore e ammonisce il premier a non “cercare occasioni di scontro con il sindacato per opportunismo politico” proprio quando “c’è bisogno di massima coesione sociale”. Questa critica non è estemporanea e rappresenta anzi il cromosoma mancante del governo Renzi: per un cattolico, infatti, “non può esserci buona politica se si cancellano i corpi intermedi, né si può pensare che un processo riformatore passi attraverso il concetto che i corpi intermedi sono un ostacolo “da rottamare” . Una “buona politica” si fonda sulla giustizia sociale, sulla valorizzazione delle comunità e dei corpi intermedi e chi è contro i corpi intermedi è anche contro di noi: destra o sinistra che sia. Questo, insieme ai temi etici, è il vero spartiacque” ha detto Costalli, citando a tal proposito due recenti interventi del cardinale Bagnasco e del cardinale Scola, a dimostrazione che la questione è di profilo ben più alto dello scontro sui tagli ai patronati.

L’analisi del Mcl è chiara e contempla una reazione: non essendo in grado di intaccare i privilegi della politica e della burocrazia, il governo se la prende con il sindacato e con l’associazionismo, con il duplice obiettivo di ridurre i costi del dialogo sociale e di cancellare gli spazi di confronto e di opposizione. Uno stile di governo che si trova pericolosamente in rotta di collisione con la weltanschauung cattolica, questo il messaggio di Costalli, che ha definito la democrazia partecipativa “il nucleo della nostra identità, per il quale ci batteremo”, esortando i cattolici a “riscoprire una vocazione politica nella società civile”.

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Paolo Accomo

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