Mistero della fede

Quale significato assumono le parole al termine della consacrazione?

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Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara L.C., professore di liturgia e decano di teologia presso il Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum” di Roma, risponde oggi ad una domanda di un nostro lettore italiano.

Quale significato hanno le parole “Mistero della fede” al termine della consacrazione? Si riferiscono all’insieme del rito eucaristico oppure – come alcuni suggeriscono con il gesto indicativo verso le specie consacrate – alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia? — F.M., Torino

Per rispondere a questa domanda bisogna prima contestualizzare il testo. Nella liturgia pre-conciliare, e quindi anche nella forma straordinaria, queste parole erano collocate all’interno del rito della consacrazione del calice. Cioè a dire: “Questo è il calice del mio Sangue, della nuova ed eterna alleanza: il Mistero della fede, che verrà versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Ogni volta che farete queste cose, le farete in memoria di me.”

Tutti concordano che l’espressione “Il mistero della fede” non è biblica ed è stata aggiunta al formulario della consacrazione prima del VI secolo. Alcuni autori suggeriscono plausibilmente che essa sia stata aggiunta da papa San Leone Magno (440-461) per combattere i manichei che negarono la bontà delle cose materiali. In questo modo il Pontefice sottolinea che il dono della salvezza stessa avviene attraverso lo spargimento del sangue materiale di Cristo nonché attraverso la partecipazione agli elementi materiali utilizzati nel sacrificio eucaristico, che rendono questo sacrificio presente nel qui ed ora.

L’espressione è stata rimossa dal rito di consacrazione dopo una lunga serie di dibattiti tra gli esperti che preparavano i nuovi riti. All’inizio non c’era alcuna intenzione di introdurre nuove preghiere eucaristiche, ma semplicemente di apportare alcune modifiche minori al Canone Romano. Tuttavia, come era da temere, gli esperti si sono rapidamente arroccati su posizioni contrastanti. Papa Paolo VI allora decise di lasciare il canone come era e accettò il suggerimento di preparare preghiere alternative.

Nessuna delle nuove preghiere proposte conservò l’espressione non-biblica “mistero della fede” e le formule si differenziavano tra loro per piccole variazioni. Paolo VI intervenne di nuovo e ordinò che la formula di consacrazione dovesse essere uguale per tutte le preghiere eucaristiche e che l’espressione Mysterium fidei, la cui presenza nel canone era stata comprovata dall’uso secolare, dovesse essere mantenuta, non nella formula della consacrazione ma come introduzione ad una acclamazione del popolo. Questa acclamazione del popolo era una novità per il rito romano, anche se abbastanza comune in alcuni altri antichi riti, ad esempio quello alessandrino.

Per quanto riguarda il suo significato, possiamo dire quanto segue. Il possibile contesto storico del manicheismo sopramenzionato oggi ha scarsa rilevanza. Credo che la migliore chiave di lettura per l’attuale significato liturgico dell’espressione provenga dagli testi stessi delle acclamazioni del popolo: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezionenellattesa della tua venuta.” Oppure: “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunziamo la tua morteSignore, nell’attesa della tua venuta.” Oppure:  “Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezionesalvacio Salvatore del mondo.”

Tutte e tre le espressioni dimostrano che l’espressione “Il mistero della fede” non si riduce alla presenza reale, ma riferisce piuttosto a tutto il mistero della salvezza attraverso la morte e risurrezione di Cristo reso presente nella celebrazione dell’Eucaristia.

In Irlanda, i vescovi hanno ricevuto l’autorizzazione per una quarta opzione, “Mio Signore e mio Dio”. È una curiosità che in uno dei suoi appunti papa Paolo VI aveva suggerito che questa particolare espressione non fosse adatta come acclamazione poiché, anche se esprime una verità della fede, sembra centrare l’attenzione primariamente sulla presenza reale piuttosto che sul sacrificio eucaristico nella sua interezza.

Forse, considerando il contesto biblico della proclamazione da parte dell’apostolo Tommaso della divinità di Cristo – allo stesso tempo ferito e risorto -, allora anche questa espressione comprende l’intero mistero della salvezza.

[Traduzione dall’originale inglese a cura di Paul De Maeyer]

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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