“Che cosa sarà del popolo di Dio? Che cosa sarà di ciascuno di noi? Che cosa dobbiamo attenderci?”. Esordisce così Papa Francesco nella sua catechesi dell’Udienza generale di oggi, con le domande che forse in tanti oggi si pongono, spaventati dal futuro di una Chiesa che appare forse troppa ‘aperta’ e vicina al mondo.
Dubbi neanche tanto nuovi questi tra il popolo di Dio: già i cristiani di Tessalonica domandavano a San Paolo quale sarebbe stato il loro destino. E l’Apostolo rincuorava: «E così per sempre saremo con il Signore!».
Una risposta semplice, osserva il Pontefice, “ma con una densità di speranza tanto grande! E così per sempre saremo con il Signore! Credete voi questo? Mi sembra di no, eh! Credete? Lo ripetiamo insieme, tre volte? E così per sempre saremo con il Signore! E così per sempre saremo con il Signore! E così per sempre saremo con il Signore!”.
È “emblematico”, in tal senso, – osserva Bergoglio – come Giovanni, nell’Apocalisse, riprendendo l’intuizione dei Profeti, descrive la dimensione ultima, definitiva, nei termini della «Gerusalemme nuova, che scende dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo».
“Ecco quello che ci attende! Ed ecco, allora, chi è la Chiesa: è il popolo di Dio che segue il Signore Gesù e che si prepara giorno dopo giorno all’incontro con lui, come una sposa con il suo sposo”, esclama il Papa.
Ma questo non è un modo di dire: “Saranno delle vere e proprie nozze!”. Perché Cristo, spiega il Santo Padre, “facendosi uomo come noi e facendo di tutti noi una cosa sola con lui, con la sua morte e la sua risurrezione, ci ha davvero sposato e ha fatto di noi – come popolo – la sua sposa”. E questo “non è altro che il compimento del disegno di comunione e di amore tessuto da Dio nel corso di tutta la storia, la storia del popolo di Dio e anche la propria storia di ognuno”.
C’è poi un altro elemento che giunge in conforto di chi si sente incerto sul proprio futuro. Un elemento “che ci apre il cuore”, sottolinea il Papa; ovvero il fatto che “Giovanni ci dice che nella Chiesa, sposa di Cristo, si rende visibile la «Gerusalemme nuova»”. A significare che “la Chiesa, oltre che sposa, è chiamata a diventare città, simbolo per eccellenza della convivenza e della relazionalità umana”.
“Che bello, allora, poter già contemplare, secondo un’altra immagine quanto mai suggestiva dell’Apocalisse, tutte le genti e tutti i popoli radunati insieme in questa città, come in una tenda: sarà «la tenda di Dio»!”, afferma Francesco. E prefigura già che “in questa cornice gloriosa non ci saranno più isolamenti, prevaricazioni e distinzioni di alcun genere — di natura sociale, etnica o religiosa — ma saremo tutti una cosa sola in Cristo”.
Al cospetto di questo scenario “inaudito e meraviglioso”, dunque, il cuore di ognuno “non può non sentirsi confermato in modo forte nella speranza”. Una speranza, quella cristiana, che “non è semplicemente un desiderio, un auspicio”, tantomeno un mero impulso di “ottimismo”. “No!”, dice il Vescovo di Roma, “per un cristiano, la speranza è attesa, attesa fervente, appassionata del compimento ultimo e definitivo di un mistero, il mistero dell’amore di Dio, nel quale siamo rinati e già viviamo”.
È, cioè, l’attesa “di qualcuno che sta per arrivare”: Gesù Cristo, il Signore, che giorno dopo giorno “si fa sempre più vicino a noi” e “viene a introdurci finalmente nella pienezza della sua comunione e della sua pace”. Da parte sua, la Chiesa “ha il compito di mantenere accesa e ben visibile la lampada della speranza”, rimarca il Pontefice, affinché “possa continuare a risplendere come segno sicuro di salvezza e possa illuminare a tutta l’umanità il sentiero che porta all’incontro con il volto misericordioso di Dio”.
E mentre la sposa attende il suo sposo, qualche domanda, in tutta sincerità, dobbiamo porcela anche noi, dice Francesco: “Siamo davvero testimoni luminosi e credibili di questa attesa, di questa speranza? Le nostre comunità vivono ancora nel segno della presenza del Signore Gesù e nell’attesa calorosa della sua venuta, oppure appaiono stanche, intorpidite, sotto il peso della fatica e della rassegnazione? Corriamo anche noi il rischio di esaurire l’olio della fede, della gioia?”.
“Stiamo attenti!”, avverte Bergoglio, ed esorta a invocare la Vergine Maria, “Madre della speranza e Regina del Cielo, perché ci mantenga sempre in un atteggiamento di ascolto e di attesa, così da poter essere già ora permeati dell’amore di Cristo e aver parte un giorno alla gioia senza fine, nella piena comunione con Dio”. E nel caso non si fosse capito bene il concetto, il Papa, prima di concludere, invita nuovamente a ripetere tre volte: «E così per sempre saremo con il Signore!».