Tra le maggiori preoccupazioni dei giovani c’è sicuramente quella di trovare lavoro, per costruirsi un futuro e sperare nel domani.
L’ingresso nel mondo del lavoro rappresenta un passaggio delicato. È il momento in cui ci si sposta dalla dimensione protetta della famiglia a quella più dura e traumatizzante della vita reale.
In questa fase di passaggio, un grave rischio è quello di lasciarsi influenzare dai falsi miti imposti del nostro tempo. Il più pericoloso è quello del dio denaro. Si diffonde sempre di più l’idea che il lavoro sia uno strumento per fare soldi a palate, pensando esclusivamente ai propri interessi e dimenticando che esistono gli altri.
Purtroppo, oggi, alcuni mezzi di comunicazione ci impongono modelli decisamente fuorvianti e ingannevoli. Il punto d’arrivo delle nuove generazioni, secondo certi cattivi maestri, dovrebbe essere il manager senza scrupoli, che calpesta tutti per fare carriera e consuma cocaina in certi ambienti esclusivi. E poi, magari, va pure in chiesa. Ma solo per farsi vedere e per mantenere un’apparenza rispettabile.
La mentalità dell’arrivismo selvaggio sembra essere abbastanza diffusa ed ha conseguenze terribili per tutti. Con la scusa di favorire la crescita economica, si studiano a tavolino contratti di lavoro sempre meno impegnativi. Nascono, così, i lavoratori “usa e getta”. Finché sono utili, si usano. Poi si buttano via.
Tutto questo è devastante, soprattutto per chi desidera farsi una famiglia. La precarietà non aiuta certamente i giovani a sperare nel futuro. Come ci si può sposare e mettere al mondo dei figli, se un datore di lavoro ha la libertà di spremerti come un limone e poi sbatterti fuori quando vuole? Quale sarà il destino delle persone che hanno già quaranta o cinquant’anni e si ritrovano in mezzo alla strada?
La crisi economica e lo spettro della disoccupazione spingono spesso le persone ad essere vittime di datori di lavoro disonesti e senza scrupoli. Il messaggio che ricevono è chiaro: “Queste sono le condizioni che ti offriamo. Se non ti stanno bene, ti cacciamo via”. C’è un mondo sommerso di violenze e di soprusi che non viene a galla, nascosto dalla paura di perdere il pane quotidiano.
Un altro problema grave è lo sfruttamento dei migranti, che vengono nel nostro Paese per cercare una speranza. Spesso sono vittime di vergognose forme di ricatto e di schiavitù.
Il 7 settembre 2008, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco, denunciò con fermezza questa piaga, durante l’omelia per la Celebrazione Eucaristica per la Giornata del Migrante: “Qui sembra che nessuno odi il migrante, ma la xenofobia c’è ed è sottile, quella che forse, elaborata dalla nostra astuzia creola, porta a domandarci: come posso usarli al meglio? Come posso approfittarmi di questo o di quello che non ha documenti, che è arrivato di contrabbando, che non conosce la lingua, o che è minorenne e non ha nessuno che lo protegga?”.
Le parole del cardinale Bergoglio sono sempre attuali. È necessario, una volta per tutte, combattere con forza certe ingiustizie e recuperare il senso più autentico del lavoro come aiuto solidale allo sviluppo della società.