Per promuovere la cultura dell'affido

Intervista alla pedagogista Maria Galeazzi, in vista dell’evento dell’associazione Amici dei Bambini in programma sabato a Milano, dal titolo “Dammi la tua parola… per l’accoglienza”

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Nel nostro paese la cultura dell’accoglienza vive un momento di torpore e di difficoltà. Sono necessarie tante iniziative per risvegliare la consapevolezza e la necessità all’attenzione amorevole verso il prossimo, soprattutto se si parla di bambini o adolescenti che vivono gravi disagi familiari. Per questo segnaliamo una iniziativa dell’Associazione Amici dei Bambini, che sabato 21 Marzo, in via della Signora 3, a Milano, dalle 15 alle 18, terrà un incontro dal titolo: “Dammi la tua parola… per l’accoglienza”. L’incontro ha lo scopo di parlare dell’Accoglienza Familiare Temporanea attraverso il racconto dei protagonisti: i figli accolti e le famiglie affidatarie. Per approfondire meglio le problematiche inerenti all’affido, abbiamo intervistato Maria Galeazzi, pedagogista, che si occupa da tempo in Amici dei Bambini di accompagnare le famiglie affidatarie e le famiglie di case famiglie.

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Quali sono le motivazioni che conducono i giudici dei tribunali dei minori a favorire le comunità residenziali piuttosto che le famiglie affidatarie?

È difficile dire quale siano le motivazioni, perché ci sono orientamenti diversi tra i magistrati. Talvolta motivano il decreto di collocamento in comunità perché il passaggio diretto da famiglia a famiglia viene giudicato rischioso, soprattutto per quelle situazioni molto compromesse.

Quale è il profilo della famiglia affidataria che è predisposta ad un’accoglienza temporanea?

Il profilo è vario; ci sono coppie con figli, piccoli o grandi, senza figli e anche alcuni single, per lo più donne.

Come vengono preparate le famiglie affidatarie? Sono sostenute da esperti del settore e da altre famiglia affidatarie?

Amici dei Bambini crede fortemente nell’accompagnamento delle famiglie, organizza momenti informativi e formativi sull’accoglienza familiare temporanea, volti a fornire quanti più elementi possibili per creare consapevolezza sulla propria disponibilità. È necessario che la famiglia sia formata e consapevole dell’impegno che le verrà richiesto, sia da un punto di vista organizzativo che emotivo. La nostra formazione è svolta sia da operatori, psicologo, assistente sociale, pedagogista sia da famiglie, che portano la propria esperienza e offrono quella vicinanza che è tanto preziosa a chi vive questo tipo di esperienza.

Come fare ad invogliare le famiglie ad aprirsi alla nobile accoglienza dell’affido? Come lo stato potrebbere facilitare la scelta dell’affido familiare?

La famiglia è già di per sé portata all’accoglienza, ma spesso parlare di affido spaventa. Occorrerebbe ricreare una cultura di solidarietà e sostenere maggiormente le reti di famiglie che già lo fanno, perché, come dire, la miglior pubblicità all’affido “è un affido fatto bene”.

Qual è il tempo di permanenza medio di una minore all’interno di una famiglia affidataria? E passato questo tempo, il minore ritorna nella famiglia di origine o viene accolto da un altra famiglia affidataria o una comunità residenziale?

L’ultimo quaderno di ricerca sui minori fuori famiglia edito dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dice che i bambini in affido oltre i due anni sono il 60%. Per quanto concerne la durata dell’accoglienza e ricordando che la legge 149/01 individua il periodo massimo di affidamento in ventiquattro mesi – prorogabile da parte del Tribunale dei Minorenni laddove se ne riscontri l’esigenza –, i bambini e gli adolescenti in affidamento familiare da oltre due anni costituiscono la maggioranza degli accolti risultando pari a poco meno del 60% del totale – erano il 62,2% nel 1999, il 57,5% nel 2007, il 56% nel 2008 e il 60% nel 2011.

Qual è la differenza tra casa famiglia e famiglia affidataria?

La casa famiglia di AiBI è una famiglia affidataria un po’ più strutturata. Sono due coniugi che scelgono di vivere in una struttura che possa accogliere fino ad un massimo di 6 minori. Ricevono supporto da personale tecnico specializzato, educatori e psicologi, ma la coppia accogliente resta sempre la figura di riferimento per i bambini accolti. Rispetto alla famiglia affidataria la casa famiglia, connotandosi come un servizio strutturato, può rispondere ad alcune esigenze con carattere di urgenza quali, ad esempio, la pronta accoglienza.

Sulla base della vostra esperienza, quali relazioni rimangono tra le famiglie affidatarie ed i ragazzi che ritornano nella famiglia di origine?

Dipende dalle situazioni, alcune molto belle; i legami costruiti durante l’affido sono molto significativi e perdurano nel tempo. Ad esempio, alcuni chiedono alle famiglie diversi consigli su alcune scelte specifiche lavorative o di studio.

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Osvaldo Rinaldi

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