Potrebbero sembrare coraggiose le parole di Dolce & Gabbana, tuttavia non sono completamente rappresentative della realtà sull’“amore omosessuale”, né esprimono alcuna opinione sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ad affermarlo è Philippe Ariño, divenuto in Francia e anche altrove, un simbolo dell’omosessualità “controcorrente”.
Nel corso del suo ‘tour’ romano, che domani pomeriggio lo porterà alla Sala Baldini, per la presentazione del suo libro, Ariño ha spiegato a ZENIT come la sua fede cattolica l’abbia indotto a scegliere la castità e ad essere comunque felice. Precisando, però, che l’illiceità del matrimonio omosessuale è già comprensibile anche con la sola ragione.
Philippe, domani, 22 marzo, avremo il piacere di averti a Roma per la presentazione del tuo libro Omosessualità controcorrente che in Francia ha già venduto più di 10.000 copie. In questo libro analizzi con lucidità cosa vuol dire essere una persona che ha inclinazioni verso persone dello stesso sesso e concludi che l’interpretazione più corretta che è stata data a questa realtà è quella della Chiesa Cattolica.
La scorsa settimana è stata pubblicata su vari giornali l’intervista rilasciata da Stefano Gabbana e Domenico Dolce: sono sicuro che durante la tua presentazione a Roma si finirà per parlare di questo argomento.
I due stilisti non hanno parlato espressamente di omosessualità ma hanno pronunciato una chiara difesa della famiglia, quella costituita da un padre, una madre e dai bambini generati dalla loro unione.
“Procreare deve essere un atto d’amore”, hanno detto. Sei d’accordo con la loro dichiarazione che è chiaramente contro tutte le forme di “generazione artificiale”, come la fecondazione eterologa e l’utero in affitto?
Si può pensare che sia stato molto coraggioso da parte di Dolce e Gabbana dire una verità mediaticamente impopolare. A mio avviso, però, la cosa più importante non è solo dichiarare cose giuste ma anche viverle, metterle in pratica e arrivare fino alle ultime conseguenze delle verità dette. In caso contrario c’è il rischio di contraddirsi. I due stilisti, nella loro intervista, hanno evitato di parlare di omosessualità, mentre è proprio a nome della comunità omosessuale che in Francia è stato richiesto il “matrimonio gay”. Essi finiscono per difendere quest’ultimo in modo implicito, anche se coraggiosamente ne denunciano alcune gravi conseguenze. Infatti questa critica parziale al “matrimonio gay” si limita ad affrontare una sola dimensione del problema – la filiazione – che oltretutto è quella più lontana, secondaria, opzionale e improbabile secondo lo spirito dei militanti LGBT che vedono il matrimonio soprattutto come un problema di coppia, di amore a due, scollegata da qualsiasi tematica familiare. Come credere a due ex-amanti che dichiarano che la differenza fra i sessi è l’unica che può costituire una famiglia, quando poi si contraddicono nella loro realtà di coppia? Comprendo il sarcasmo e lo scetticismo del resto della comunità omosessuale!
Dalle tue parole mi sembra di poter concludere che a tuo avviso una coppia omosessuale non può costituire una famiglia, non solo perché in questo modo infrange dei diritti inviolabili dei bambini, ma perché c’è una ragione più profonda che rende l’amore omosessuale differente dall’amore fra un uomo e una donna…
Innanzitutto, non credo che una relazione omosessuale possa essere definita come “amore”. Nella mia conferenza a Roma spiegherò meglio perché dico questo e anche perché, nonostante le apparenze, il mio non è un giudizio severo. Il vero amore accoglie la differenza, in particolare la differenza tra i sessi. Diversamente, non è degno di essere chiamato “amore”, per non parlare di “sessualità”. Poi, non credo che sia solo la violazione dei diritti di una giusta filiazione che squalifica le coppie gay e impedisce loro di essere genitori. Il diritto o la legge non ha il potere di cambiare la realtà o la natura. L’amore – e la generazione umana, che può derivarne – è soprattutto una questione di corpi sessuati, di differenza fra i sessi, coronata dall’amore. Vuol dire anche accettare liberamente quelle differenze con cui siamo stati formati.
Dolce e Gabbana hanno detto che la famiglia esprime un senso di “appartenenza soprannaturale” (Panorama, 18 marzo 2015): è stato un modo per sottolineare che la famiglia non è stata certo inventata dalla società ma che essa ha una missione specifica che le è stata attribuita fin dal momento della Creazione. Se sei d’accordo con questa visione, cosa suggerisci a una persona che ha tendenze omosessuali e che vuole essere fedele alla fede cattolica? Come dovrebbe organizzare la propria vita?
Anche se sono un cattolico praticante, non mi piace questa giustificazione delle differenza dei sessi e della famiglia attraverso riferimenti alla fede o alla Bibbia. Abbiamo già abbastanza prove concrete, razionali, laiche, per dimostrare la gravità degli atti omosessuali e del “matrimonio tra persone dello stesso sesso”, senza dover ricorrere alla trascendenza. Nel mio lavoro e nei miei scritti, ho scelto come postulato fondamentale l’osservazione realistica dei fatti. In questo modo si parla meglio di Dio che non citandolo esplicitamente. Su questi argomenti, tutto ciò che è giustificabile per fede può esser giustificato ancor prima umanamente. Nel nome di Gesù che ha preso su di se tutta la nostra umanità! Mi hai anche chiesto cosa suggerisco a un omosessuale cattolico per vivere felice. È molto facile! L’amore per la realtà, cioè la santità! Null’altro!
Grazie mille, Philippe! Ci vediamo allora domenica 22 marzo, alle 17 a Piazza Campitelli 9, presso la sala Baldini, a Roma.