Lungo il cammino di preparazione alla Santa Pasqua, ci è gradito segnalare ai nostri lettori un recente volumetto di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. Un’intensa meditazione in forma poetica su passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, strutturata nelle tradizionali “stazioni” della Via Crucis, con passi del Vangelo in epigrafe e un testo finale in latino che celebra la liberazione dalle catene della morte. Il libro s’intitola La via della Croce ed è pubblicato dall’Editrice Morcelliana nella collana “Scritture profetiche”, a cura di Arnoldo Mosca Mondadori.
“La Croce – scrive mons. Bruno Forte nell’introduzione, significativamente intitolata La gloria della Croce, eloquenza del silenzio – è il luogo in cui Dio parla nel silenzio: quel silenzio della finitudine umana, che è diventata per amore la sua finitudine! Il mistero nascosto nelle tenebre del Venerdì Santo è il mistero del dolore di Dio e del suo amore. L’un aspetto esige l’altro: il Dio cristiano soffre perché ama e ama in quanto soffre. Egli è il Dio ‘compassionato’, il Dio per noi, che si dona fino al punto di uscire totalmente da sé nell’alienazione della morte, per accoglierci pienamente in sé nella donazione della vita. Dio non è impassibile: Egli soffre per amore nostro. Nella morte di croce il Figlio è entrato nella ‘fine’ dell’uomo, nell’abisso della sua povertà, della sua tristezza, della sua solitudine, della sua oscurità. E soltanto lì, bevendo l’amaro calice, ha fatto fino in fondo l’esperienza della nostra condizione umana: alla scuola del dolore è diventato uomo fino alla possibilità estrema. Anche il Padre ha conosciuto il dolore: nell’ora della croce, mentre il Figlio si offriva in incondizionata obbedienza a lui e in infinita solidarietà con i peccatori, anche il Padre ha fatto storia! Egli ha sofferto dell’Innocente consegnato ingiustamente alla morte: e tuttavia ha scelto di offrirlo, perché nell’umiltà e nell’ignominia della croce si rivelasse agli uomini l’amore trinitario di Dio per loro e la possibilità di divenirne partecipi”.
Il libro, come accennavamo, è strutturato nelle quattordici “Stazioni” della Via Crucis, ciascuna delle quali reca una meditazione poetica con testo manoscritto a fronte. A titolo di citazione, riportiamo alcuni testi relativi alle singole “stazioni”, nella convinzione che l’interpretazione poetica possa contribuire a illuminare il percorso doloroso della Passione di nuove sfumature d’umana comprensione. Anche altre forme artistiche, del resto, hanno manifestato, nel corso dei secoli, un accentuato interesse per il dramma della Passione: basti pensare alla celebre Via Crucis dipinta da Giandomenico Tiepolo (figlio di Giambattista) per la Chiesa di San Polo a Venezia o alla Via Crucis sinfonico-vocale composta da Franz Liszt.
Ecco dunque il pregevole testo poetico della III Stazione, laddove avviene la Prima caduta:
Può un Dio cadere?
No, se è un idolo immobile,
prigioniero degli umani.
Solo il Dio vivente cade,
come cade ogni amore
che sa compatire,
che ha ragioni per perdere
e donare la vita.
Il Figlio di Dio nella carne,
cadendo, abita la nostra fragilità,
rialzandosi, illumina
la nostra speranza…
ravviva il lucignolo fumigante…
rinsalda la canna
incrinata dal vento…
Nel Messaggio per la Quaresima 2015 di mons. Bruno Forte, che abbiamo pubblicato integralmente il 3 febbraio scorso su ZENIT, l’arcivescovo richiamava il significato di santità implicito nella scelta di vita consacrata, e invitava a rivolgersi “a Colei che col suo ‘eccomi’ rappresenta il modello puro e irradiante di ogni consacrazione, la Madre di tutti i consacrati nel battesimo e nella vita donata a Dio e al prossimo…”. La IV Stazione è dedicata appunto alla Madre, ed è ammirevole la leggerezza di tocco, lo stato d’animo di sensibile empatia con cui il testo poetico interpreta la drammaticità della scena:
Non altro fu conforto
al Tuo dolore
che il volto della Madre.
Il Suo sguardo
leniva le piaghe
del Tuo cuore ferito
dal non amore degli uomini.
Il Suo silenzio,
partecipe della sofferenza,
che solo l’amore non amato
conosce in umile custodia,
era balsamo all’anima,
condivisa forza del perdono,
carità più grande
d’ogni ingrato rifiuto…
Maria, Tua madre,
e nostra, era con Te, con noi…
“La ‘parola della croce’ – scrive ancora mons. Bruno Forte nell’introduzione – dimostra che è nella povertà, nella debolezza, nel dolore e nella riprovazione del mondo che troveremo Dio: non gli splendori delle perfezioni terrene, ma proprio il loro contrario, la piccolezza e l’ignominia, diventano il luogo della Sua presenza fra noi, il deserto dove Egli parla al nostro cuore. La perfezione del Dio cristiano si manifesta nelle imperfezioni, che per amore nostro egli assume: la finitudine del patire, la lacerazione del morire, la debolezza della povertà, la fatica e l’oscurità del domani sono altrettanti luoghi dove egli mostra il suo amore, perfetto fino alla consumazione totale del dono”. Un concetto che trova una mirabile rappresentazione poetica nella figura della Veronica, protagonista della VI Stazione:
Una donna, un gesto
di mani pietose
ad asciugarti il volto,
bagnato di sudore
e di sangue.
Un povero panno,
macchiato dall’impronta
del tuo soffrire per noi,
reliquia preziosa
del tuo amore per gli uomini,
lettera purpurea
indirizzata a ogni nato da donna,
per dire che tu, il Figlio,
sei venuto per noi, e
hai abitato di noi
il dolore e la morte
per darci la vita…
La via della Croce è un volumetto di poche pagine, ma prezioso nella veste grafica e nei contenuti. Un’interpretazione libera sul piano creativo, ma pienamente rispondente alla sostanza del messaggio cristiano; capace di apportare quel “quid” di umana partecipazione che rende il messaggio più intenso e vissuto.
Un libro per tutti e per prepararsi alla Pasqua. Per rivivere il dramma della Passione alla luce di quell’Evangelii Gaudium che, come spiega Papa Francesco, è la gioia della persona rinata, della salvezza incontrata e sperimentata: “Ci sono cristiani – scrive il Santo Padre – che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte le tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie…”.
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