"Fate presto!": Filoni invoca l'aiuto della comunità internazionale per gli yazidi

La visita del cardinale in Iraq prosegue senza sosta tra aiuti concreti, assistenza ai rifugiati e paura che Onu e Unione Europea continuino a ignorare questa gente dimenticata troppo a lungo

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Proprio ieri il cardinale Fernando Filoni, inviato personale del Papa in Iraq, aveva incontrato la comunità yazida in Iraq, portando loro l’aiuto economico del Pontefice. All’indomani della visita del porporato, è giunta stamane la notizia di una strage di oltre 80 uomini di questa minoranza religiosa uccisi dai jihadisti.

Il viaggio del cardinale tuttavia prosegue, in segno della vicinanza e della solidarietà che la Chiesa vuole dimostrare a questi cristiani perseguitati. Ieri mattina il cardinale si è recato a Duhok, dove – come egli stesso ha riferito alla Radio Vaticana – ha incontrato il governatore della regione per parlare della situazione dei rifugiati e di quanto il governo locale stia facendo in favore dei vari gruppi.

“Da parte sua – ha detto Filoni – naturalmente, c’è un impegno molto generoso, anche se certo la regione non ha i mezzi sufficienti per sopportare a lungo la situazione che si è venuta a creare: quasi si è raddoppiata la popolazione, rispetto a quella precedente”. Dunque, anche il presidente chiede che aiuti giungano il più presto possibile, soprattutto riguardo ai generi di prima necessità.

Con gli altri vescovi, il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha visitato il patriarca caldeo Sako e il nunzio, e pure i vari insediamenti per i rifugiati. Sempre ieri si è tenuta una visita a Manghes, un villaggio che registra buon numero di cattolici caldei, dove il porporato ha potuto vedere la situazione e parlare con gli ospiti del centro parrocchiale che ospita numerose famiglie. Si tratta di persone fuggite da Qaraqosh, da Bakhdida e da altri villaggi della Piana di Ninive.

In questa gente, “c’è fiducia che la Chiesa non li abbandonerà, ma anche loro si appellano affinché il loro grido non venga a livello internazionale dimenticato”, dice il Capo Dicastero all’emittente. Racconta poi del toccante incontro con i rifugiati yazidi in una scuola messa a disposizione dal comune, vicino al centro parrocchiale. “Qui – spiega – ho trovato una situazione molto, molto drammatica: non tanto dal punto di vista logistico, quanto da un punto di vista psicologico e morale. Ho visto soprattutto donne e tantissimi bambini e pochi anziani… Nel parlarmi, questi anziani piangevano perché non vedono più futuro per la loro terra, la loro cultura, la loro tradizione e continuamente ci domandavano: ‘Che male abbiamo fatto per essere uccisi?'”.

“Le donne – aggiunge Filoni – erano in una situazione passiva: tra l’emozione, il piano e l’incapacità di avere una reazione, stordite dal dolore e dalla sofferenza. I bambini, naturalmente tantissimi, che ci circondavano, ci guardavano con quegli occhi grandi, quasi a chiederci: ‘Che costa state facendo per noi?’. Una situazione commovente, una situazione di grande sofferenza, credo condivisa da tutti”.

La presenza del cardinale, il fatto che egli abbia assicurato la vicinanza e la difesa nei loro confronti da parte del Papa e della Chiesa cattolica, “che parla per loro e che loro abbiano voce attraverso di noi”, ha un po’ rincuorato i rifugiati. Ma ci pensano poi le situazioni disperate in alcuni villaggi o il destino di gente che non è riuscita a fuggire a far ricadere tutti nell’angoscia.

Dal mondo, intanto, giungono alcuni segnali positivi: l’Unione Europea si sta muovendo per aiutare, in particolare, i curdi ad affrontare l’offensiva jihadista, l’Onu ha votato una Risoluzione, oggi sono arrivati ad Erbil i primi aiuti italiani. Ma i rifugiati “vedono che, piano piano, il mondo si sta muovendo per loro?”, viene chiesto all’Inviato del Papa.

“Hanno ancora una percezione relativa”, risponde, “queste notizie sono ancora notizie mediatiche. La raccomandazione che tutti ci fanno è: ‘Fate in fretta! Non lasciate morire la speranza!’. Capiscono che quanto più passa il tempo, più in loro viene meno la speranza di ritornare ad una vita dignitosa e normale. Loro dicono che bisogna fare una cintura internazionale di protezione attorno a questi villaggi e dicono: ‘Fate presto!’”.

“E’ chiaro – osserva il prefetto di Propaganda Fide – che c’è un livello immediato di intervento”, tuttavia, allo stesso tempo, “c’è anche un livello in cui bisogna in tutti i modi e a tutti i costi che le Nazioni Unite, l’Unione Europea non soltanto si preoccupino di questo, ma si preoccupino anche di creare condizioni fattibili per il ritorno alla vita normale”.

Il porporato fa suo, pertanto, l’appello dei rifugiati e, rivolgendosi alla comunità internazionale, afferma ai microfoni della Radio Vaticana: “Fate presto! Vedo che la gente soffre e avrebbe bisogno di sentire anche una parola urgente da parte della comunità internazionale in loro favore. Sono stati dimenticati un po’ troppo a lungo…”.

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ZENIT Staff

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