Nell’ambito delle catechesi dedicate all’Anno della Fede, papa Francesco, in occasione dell’Udienza Generale di stamattina, ha trattato, con qualche settimana d’anticipo sul calendario liturgico, il tema dell’Ascensione di Nostro Signore.
Già nel Credo di Nicea troviamo scritto che Gesù “è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. Questo evento, ha spiegato il Santo Padre, rappresenta il momento culminante dell’esistenza terrena di Cristo, il quale, quando sente vicino il momento dell’estremo sacrificio, compie una prima “ascensione” verso Gerusalemme.
Recandosi alla Città Santa, “Gesù vede già la meta, il Cielo, ma sa bene che la via che lo riporta alla gloria del Padre passa attraverso la Croce, attraverso l’obbedienza al disegno divino di amore per l’umanità”, ha detto il Papa. Per usare le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’elevazione sulla croce significa e annuncia l’elevazione dell’ascensione al cielo” (n° 661).
Allo stesso modo, anche nella nostra vita quotidiana di cristiani, dobbiamo ricordare che l’ingresso “nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio” e ci costringe a “cambiare i nostri programmi”.
È significativo, ha osservato il Pontefice, che l’Ascensione sia avvenuta sul Monte degli Ulivi, lo stesso luogo in cui Gesù “si era ritirato in preghiera prima della passione per rimanere in profonda unione con il Padre”.
Durante l’Ascensione, inoltre, il Risorto dà la sua benedizione ai discepoli, i quali “si inginocchiano chinando il capo”, riconoscendolo come “l’unico ed eterno Sacerdote che, con la sua passione, ha attraversato la morte e il sepolcro ed è risorto e asceso al Cielo”.
Come afferma San Giovanni nella sua Prima Lettera, Gesù è il “nostro avvocato”, è colui che “ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati”. Per questo motivo non dobbiamo avere paura di “andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia”, ha detto il Santo Padre.
L’Ascensione ci mostra una realtà “consolante per il nostro cammino: in Cristo, vero Dio e vero uomo, la nostra umanità è stata portata presso Dio”. Affidandoci al Signore siamo sempre “in mani sicure”, ha aggiunto il Papa. Gesù è come un “capo-cordata” che ci conduce alla scalata verso la vetta della montagna, dove c’è Dio.
Nonostante la definitiva separazione terrena dal Maestro, dopo l’Ascensione, i discepoli tornano a Gerusalemme “con grande gioia”. Hanno infatti compreso che “sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona e, nella gloria del Padre, li sostiene, li guida e intercede per loro”, ha proseguito Francesco.
Narrando dell’Ascensione anche all’inizio degli Atti degli Apostoli, San Luca ci fa capire che questo evento “è come l’anello che aggancia e collega la vita terrena di Gesù a quella della Chiesa”.
Quando poi Gesù ascende al cielo, seminascosto da una nube, appaiono “due uomini in vesti bianche che li invitano a non restare immobili a guardare il cielo, ma a nutrire la loro vita e la loro testimonianza della certezza che Gesù tornerà nello stesso modo con cui lo hanno visto salire al cielo (cfr At 1,10-11)”.
È nella “contemplazione della Signoria di Cristo”, quindi, che possiamo trarre “la forza di portare e testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno – ha spiegato il Santo Padre -. Contemplare e agire, ora et labora insegna san Benedetto, sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani”.
L’Ascensione, in definitiva, non indica “l’assenza di Gesù” ma ci rivela che “Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo”, presente ovunque, “in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.
Papa Francesco ha concluso la catechesi, ricordando la felice presenza di “tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano, insieme a noi, al mondo la signoria dell’amore di Dio”.