di Salvatore Cernuzio
ROMA, domenica, 23 ottobre 2011 (ZENIT.org) – La canonizzazione di don Luigi Guanella è stato un evento carico di gioia e commozione per l’intera comunità legata al nuovo santo. In questo contesto di festa, ZENIT ha colto l’occasione per intervistare don Fabio Lorenzetti, direttore del Centro di riabilitazione “Opera don Guanella” di Roma.
Perché, secondo lei, don Luigi Guanella diventa santo?
Don Fabio Lorenzetti: Sarebbe interessante porre questa domanda alle tante persone che sono ospiti nelle diverse case dell’Opera don Guanella sparse nel mondo, così come ai tanti poveri di cui, come diceva lui stesso, nessuno si occupa.
In ogni caso, posso dire che don Guanella, come ogni santo, ha concretizzato una pagina del Vangelo, quella in cui Gesù dice: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere”. Ha incarnato nella sua vita la figura del buon samaritano, di colui, cioè, che passando per la strada vede una persona bisognosa e non si gira certo dall’altra parte. C’è questo aspetto di grande spiritualità nella vita del nostro fondatore: sentire tutti quanti come propri fratelli, soprattutto i poveri, perché, a sua volta, lui ha sentito forte la presenza di un Dio che è padre e che si prende cura dei più deboli, degli ultimi e dei loro bisogni.
Qual è la maggiore virtù di don Luigi Guanella o, per meglio dire, quale grande eredità ci ha lasciato?
Don Fabio Lorenzetti: Si potrebbero dire tante cose a riguardo. Più di ogni altra cosa, la continua attenzione a soccorrere chiunque e ovunque ci fosse un’emergenza; assistere e curare nell’immediata urgenza, quasi “all’impazzata”, come quando ci fu il terremoto nella Marsica e Don Guanella partì subito per prestare aiuto. O ancora mi viene in mente la continua cura per gli immigrati, sia in Svizzera che in America, e molto altro ancora. Il suo era un vero e proprio “pronto soccorso” dell’immediatezza, vissuto nell’intuizione forte e nello slancio della santità. Questa eredità si è tramandata nelle varie congregazioni, sparse nel mondo, dove le iniziative a cui lui ha dato il via si sono organizzate ed istituzionalizzate. In particolare: i centri di riabilitazione al servizio degli anziani, dei disabili, dei ragazzi abbandonati; le parrocchie, spesso situate in zone di povertà estrema, e le missioni, come quelle in Estremo Oriente, dove ci siamo aperti ultimamente.
Nello specifico, il vostro centro di Roma come sta portando avanti l’insegnamento di don Guanella?
Don Fabio Lorenzetti: La nostra “Opera don Guanella”, in via Aurelia Antica a Roma, è un centro di riabilitazione che si presta al servizio della popolazione affetta da disabilità plurima, medio-grave. Attualmente, sono circa 220 i pazienti adulti ‘residenziali’, ospitati, cioè, nella nostra struttura tutto il giorno o tutto l’anno; 60 i ‘semi-residenziali’ e anche abbiamo in cura un centinaio di bambini che vengono qui, accompagnati dai genitori, a fare le terapie e poi tornano a casa. Questo, in sostanza, è il nostro servizio: la cura giornaliera di una popolazione composta, all’incirca, da 350-400 disabili.
I “buoni figli” così come li chiamava lui stesso…
Don Fabio Lorenzetti: Esatto! Anche noi li vogliamo definire così, non solo secondo strumenti medici e scientifici, che comunque restano importanti. Chiamandoli “buoni figli” o, a volte, semplicemente “ragazzi”, vogliamo sottolineare che sono soprattutto persone, e non codici, etichette, e in quanto persone hanno bisogno, oltre che di tutte le esigenze primarie, di soddisfare esigenze di relazione, di inclusione sociale, di realizzazione. Hanno bisogno di giocare, ma anche di lavorare; la nostra casa, infatti, dà la possibilità di svolgere attività lavorative che danno una dignità a queste persone.
Qual è il motivo per cui la figura di don Guanella è più attuale che mai?
Don Fabio Lorenzetti: Innanzitutto per il suo messaggio, ovvero l’intuizione evangelica di un Dio che è nostro padre. A volte, i giovani, ma anche gli adulti, nella loro vita, hanno difficoltà a riconoscere la figura paterna perché la si confonde con qualcos’altro o, peggio, si è fatta un’esperienza negativa della figura del padre. Don Guanella, invece, nonostante di “batoste” ne abbia avute tante nella sua vita, proprio nei momenti più difficili sentiva vicino la presenza di un Dio che gli è padre, che lo accoglie, lo accompagna. Un Dio che, come lui stesso ha scritto: “Manda il sole sia ai cattivi che ai buoni”.
Quindi, io penso che oggi i giovani hanno bisogno di questo: di sentirsi figli, di appartenere a qualcuno, di sentirsi amati. Facendo questa esperienza di figliolanza, come don Guanella ha fatto, possiamo ricevere la speranza, la forza per andare avanti anche nei momenti più tristi e non scoraggiarsi.
Come si è preparata la comunità guanelliana a questo evento della canonizzazione?
Don Fabio Lorenzetti: Abbiamo iniziato proprio questa settimana un triduo di preparazione. Noi sacerdoti insieme a tutti gli ospiti ci ritroviamo tutti in Chiesa e cerchiamo di ripercorrere la vita e le tappe principali del nostro fondatore attraverso delle immagini e dei video. Numerosi nostri operatori sono stati impegnati, inoltre, in alcuni congressi sulla disabilità intellettiva e in ultimo abbiamo allestito una mostra, al Chiostro del Bramante con dei lavori fatti dai nostri ‘buoni figli’ disabili. Abbiamo avuto, infine, una preparazione spirituale: una veglia di preghiera, sabato sera, a San Paolo fuori le Mura, per tutta la famiglia guanelliana e i pellegrini venuti a Roma, e domani una messa di ringraziamento in San Pietro presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone.