La drammatica foto di Alylan, il bimbo siriano di tre anni che giace morto annegato su una spiaggia di Bodrum, in Turchia, ha riacceso in tutta Europa il dibattito sull’emergenza immigrazione. Sulla questione sono intervenute, quasi contemporaneamente, le Conferenze Episcopali di Portogoallo, Svizzera e Ungheria, ribadendo l’esortazione a dare una risposta più umana e fattiva al dramma dei rifugiati in Europa.
Nella lettera per l’apertura del nuovo anno pastorale, il patriarca di Lisbona, card. Manuel Clemente, invita tutte “le famiglie, le comunità e le organizzazioni cattoliche” locali ad accogliere l’invito rivolto da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario “Misericordiae Vultus” ad “aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali” per dare, come credenti, “una testimonianza forte ed efficace della Misericordia di Dio”. In particolare, “la drammatica situazione di migliaia di persone che cercano di raggiungere l’Europa , affrontando terribili difficoltà per cercare pace e sostentamento per sé e le proprie famiglie – scrive il presidente dei presuli portoghesi – esige da tutti noi una risposta più umana e adeguata”. Tale risposta – sottolinea – deve essere “globale” e, data la “complessità” dei problemi da risolvere, deve avvenire “nel breve, medio e lungo termine”.
“L’aiuto ai rifugiati è un dovere per i cristiani”, tuonano invece i vescovi del Ces, la Conferenza Episcopale svizzera, nel comunicato conclusivo della 309° Plenaria, terminata ieri a Givisiez. “I flussi di centinaia di migliaia di rifugiati in Europa ed alle sue frontiere provocano avvenimenti drammatici”, scrivono i pastori nel testo, ricordando anche “le condizioni igieniche indegne” che vigono nei campi dei rifugiati in cui vivono migliaia di persone vivono. Moltissime altre muoiono invece nel tentativo di raggiungere il continente: e queste “sono diventate una realtà quotidiana in molte regioni europee”.
Dai vescovi elvetici quindi l’appello perché, “nello spirito del Vangelo, si vada in aiuto delle persone povere e sofferenti”. “La solidarietà deve oltrepassare le frontiere nazionali ed europee – affermano – perché non è l’Europa a portare il fardello più pesante della tragedia dei rifugiati”. “L’aumento dell’indigenza esige, di conseguenza, maggiori aiuti a tutti i livelli”. Da parte sua “la Chiesa cattolica continua ad intensificare il suo operato in favore di migranti e rifugiati”. Citando, infine, i dati dell’Onu, la Ces rammenta che “solo una piccola parte dei 60 milioni di persone in fuga dal loro Paese raggiunge l’Europa”: “Sui 4 milioni che hanno lasciato il Paese, 3,5 milioni vivono negli Stati confinanti (Libano, Giordania, Iraq e Turchia)”.
Sulla stessa scia i vescovi di Ungheria. All’indomani dell’assalto alla stazione di Budapest, cuore dello scontro fra la disperazioni dei profughi e il tentativo di gestire l’emergenza immigrazione da parte delle autorità, la Conferenza Episcopale diffonde una “Dichiarazione sulla situazione dei rifugiati”, adottata durante la sessione autunnale svolta a Budapest, l’1 e il 2 settembre.