Il “dominio” dell’uomo sulle creature di Dio non è “finalizzato al proprio interesse” ma “a quello delle creature che egli crea e custodisce”. Lo ha detto padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, nell’omelia durante la Liturgia della Parola, celebratasi oggi pomeriggio nella basilica di San Pietro, in occasione della Giornata Mondiale per la Cura del Creato.
“Per la Bibbia, il modello ultimo del dominus, del signore, non è il sovrano politico che sfrutta i suoi sudditi, ma è Dio stesso, Signore e padre”, ha spiegato Cantalamessa, aggiungendo che “la fede in un Dio creatore e nell’uomo fatto a immagine di Dio, non è dunque una minaccia, ma piuttosto una garanzia per il creato, e la più forte di tutte”.
Non solo l’uomo non è il “padrone assoluto delle altre creature” ma deve “rendere conto” dei talenti ricevuti, primo tra tutti la “terra”.
La Bibbia non incoraggia affatto la “prevaricazione dell’uomo sul creato”, tanto è vero che “la mappa dell’inquinamento non coincide affatto con quella della diffusione della religione biblica o di altre religioni, ma coincide piuttosto con quella di una industrializzazione selvaggia, volta solo al profitto, e con quella della corruzione che chiude la bocca a tutte le proteste e resiste a tutti i poteri”, ha proseguito il Predicatore della Casa Pontificia.
Ciò che, piuttosto, la Scrittura afferma è la “gerarchia della vita”, secondo la quale i minerali nutrono i vegetali, questi ultimi, gli animali, ed infine “tutti tre servono alla creatura razionale che è l’uomo”.
Questa gerarchia, ha ribadito Cantalamessa, è “per la vita, non contro di essa” e viene alterata, ad esempio, “quando si fanno spese pazze per degli animali”, lasciando “morire di fame e di malattie milioni di bambini sotto i propri occhi”.
Il Predicatore della Casa Pontificia ha dunque criticato quella “ecologia profonda” che vorrebbe “abolire del tutto la gerarchia tra gli esseri, posta dalla Bibbia e insita nella natura” e che si spinge persino ad “auspicare un universo futuro senza più la presenza in esso della specie umana, ritenuta dannosa per il resto del creato”.
Le Scritture (Salmo 8 e Mt 6,25-34) lasciano intendere che Dio provvede ai bisogni materiali dell’uomo. Al tempo stesso, però, è intollerabile che l’uomo non si preoccupi dei bisogni dei suoi simili, che indulga allo spreco delle risorse o che si procuri una “ricchezza disonesta”.
L’analisi di padre Cantalamessa si sposta quindi sul Cantico delle Creature di San Francesco, peraltro fonte ispiratrice dell’enciclica Laudato si’. Il Poverello d’Assisi ci insegna che “la fede in Dio può dare allo sforzo comune per la salvaguardia del creato”, senza gli “scopi utilitaristici, per quanto legittimi, che abbiamo noi oggi”.
Secondo il Predicatore della Casa Pontificia, “il peccato di fondo contro il creato, che precede tutti gli altri, è di non ascoltare la sua voce, condannarlo irrimediabilmente, direbbe san Paolo, alla vanità, all’insignificanza (cfr. Rom 8,18 ss.)”.
Al contrario, tutti gli uomini devono farsi “levatrici” della gloria di Dio, di cui – come suggeriscono le Scritture – sono “gravidi” i cieli e la terra. San Francesco ci mostra un “cambiamento radicale nel nostro rapporto con il creato” che consiste nel “sostituire al possesso la contemplazione”.
Da notare che Francesco compone il suo Cantico “quando non è più in grado di vedere nessuna di esse e anzi la semplice luce del sole o del fuoco gli procura atroci dolori! Il possesso esclude, la contemplazione include; il possesso divide, la contemplazione moltiplica”, ha commentato Cantalamessa.
“Uno solo può possedere un lago, un parco, e così tutti gli altri ne sono esclusi; migliaia possono contemplare quello stesso lago o parco, e tutti ne godono senza sottrarlo ad alcuno”, ha esemplificato il Predicatore, osservando: “Quanti latifondisti si sono mai fermati ad ammirare un fiore dei loro campi o ad accarezzare una spiga del loro grano? La contemplazione permette di possedere le cose senza accaparrarle”.
Anticipando certe intuizioni ambientaliste odierne, Francesco invita a non essere “ladro di risorse, usandone più del dovuto e sottraendole così a chi verrà dopo di me”.
E la salvaguardia del creato non riguarda soltanto i potenti, gli imprenditori o gli industriali ma, come ricorda anche papa Bergoglio, deve iniziare da “se stessi”. Inoltre, come affermava un rappresentante ortodosso all’Assemblea ecumenica di Basilea del 1989, su Giustizia, pace e salvaguardia del creato, “senza un cambiamento del cuore dell’uomo, l’ecologia non ha speranze di successo”.
A conclusione dell’omelia, Cantalamessa ha suggerito un’ipotetica aggiunga alla parte finale del Cantico: “Laudato sii, mi Signore, per tutti quelli che lavorano per proteggere nostra sorella madre Terra, scienziati, politici, capi di tutte le religioni e uomini di buona volontà. Laudato sii, mi Signore per colui che, insieme con il mio nome, ha preso anche il mio messaggio e lo sta portando oggi a tutto il mondo!”.