Le relazioni umane, scelte come principio assoluto intorno alle quali organizzare il consenso e il successo personale e di comunità, se prive di radici spirituali, immerse nella Parola del Signore, sono solo fine a se stesse. Permettono di raggiungere comunque mete e obbiettivi importanti, ma con le gambe corte e stanche se mancano oggi del cuore della storia dell’uomo, che per natura viaggia verso prospettive più alte e soprannaturali e non si limita soltanto alle tecniche, pur sofisticate, del genere umano. Quando si parla di fede di un singolo individuo si pensa spesso ad un fatto religioso da consumarsi in alcuni eventi o aspetti della liturgia ecclesiale. Per alcuni è quasi una vergogna ammettere di aver abbracciato la fede nel Signore. Essa per molti riguarda gli anziani, gli ammalati, gli sventurati, i falliti. Iscriversi anzi tempo a queste categorie significa candidarsi alla sconfitta. Purtroppo vige oggi una visione del mondo mercantilistica che porta facilmente a tutto questo. Un modello esistenziale che ha l’avidità come caratteristica fondamentale, è una vera anomalia per una società che ha bisogno di tracciare le linee di nuovo umanesimo, per non affondare. La forza della fede viene qui svenduta, per dare il passo ad una idea di crescita illimitata, il cui motore è in sostanza la ricerca del profitto da parte dei detentori della ricchezza, con conseguenze disastrose per la dimensione materiale, spirituale e morale dell’umanità. In tale direzione non soltanto la società viene ridotta a puro mezzo della meccanica produttiva, ma l’uomo stesso tende a diventare lo scarto di un sistema che punta a farne a meno e a renderlo inutile.
Viene meno la filosofia della condivisione, che è alla base del pensiero cristiano, proprio perché l’uomo ha smesso di sintonizzarsi con la sua fede in Cristo Gesù. Se oggi il denaro detta i sentieri del “benessere”, evidentemente l’uomo è sceso di livello nella scala della creazione, dove invece gli era stato assegnato il primo posto. La strada per ripartire impone di sollevarsi da una crisi che ha invaso ormai il cuore e la testa delle comunità in tutto il mondo. Non possiamo più inseguire una traiettoria basata esclusivamente sulla varietà di un mercato drogato, che sappiamo del profitto di alcuni e non dell’incontro e della stessa condivisione tra gli uomini, per migliorarsi a vicenda. L’uomo ritorni a Dio. Non ha altre strade, né leggi umane in grado di regolarizzare il suo fallimento. Riscopra la fede, senza arrossire e abbassare gli occhi e sarà naturale cambiare ogni cosa nel bene. Scrive mons. Di Bruno: “La fede dell’uomo ha una tale potenza da mettere in movimento tutta l’onnipotenza del Padre. Senza la fede l’onnipotenza divina rimane immobile. Resta inoperosa. È come se non ci fosse. La fede è più che lo speciale carburante per i razzi vettori che devono raggiungere il cosmo. Essa è una forza, anzi è la vera forza, la vera onnipotenza di Dio dentro di noi. Nulla è più forte di un uomo pieno di vera fede. Gesù dice che quest’uomo può anche spostare le montagne. Nulla gli resisterà, perché Dio si pone interamente nelle sue mani”. Capite a cosa rinuncia l’essere umano, chiudendosi nel recinto delle sue regole e dei suoi traguardi, che hanno nello sfondo una società dove la miseria umana cambia look, ma non la pelle, che rimane strappata e lacerata dalla forza di nuovi soprusi e angherie. Quando Papa Francesco grida ai giovani “Non fatevi rubare la speranza”, li invita a non mollare, a non piegare la testa, ad avere fede, quale vera gioia.
La vera fede non si ferma dinanzi a nessuno ostacolo. Se si ferma è un’altra cosa. Quella fede che si arrende dinanzi ad una piccola difficoltà, mai potrà dirsi tale. Gli ostacoli sono la prova. Ha fede chi li supera. Gesù superò anche l’ostacolo della croce. Rimase inchiodato. Non scese. Vinse il peccato. Sconfisse la morte. Oggi Cristo ha bisogno di noi. I credenti siamo invece distratti e impediamo a Dio di salvare il nostro tempo; sventoliamo il ramoscello d’ulivo e poi gridiamo “crocifiggilo, crocifiggilo!”. Questa è una verità che se assunta nel cuore dell’uomo, potrebbe rivoluzionare il mondo nelle sue grandi contraddizioni, redimendolo e migliorandolo in ogni campo delle sue varie attività. Si preferisce però, forse perché più comodo, cercare il salvatore in un politico di turno o in una nuova strategia economica o magari in un nuovo movimento d’azione. Certo gli strumenti sono necessari per agire, così come lo è la politica, l’economia, come lo sono le persone e i gruppi che smuovono criticità e incrostazioni a vari livelli, ma senza una revisione profonda e interiore dell’uomo, si rischia di fare sempre gli stessi errori. Ricordiamoci in ogni istante che, prima di ogni grande invenzione o tecnica sofisticata, c’è l’uomo. È urgente perciò essere come quel gruppo di uomini che, pur di raggiungere Gesù, si misero a scoperchiare il tetto della casa che lo ospitava. Da lì, vista la folla assiepata, fecero scendere la barella su cui stava stava immobile un individuo paralizzato, per essere sanato. Leggiamo in Luca: “Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati»…”. Non è una fede comune quella che Gesù vede. È una fede invincibile, che sa superare gli ostacoli, sia umani che naturali. Con il perdono dei peccati nasce l’uomo nuovo, guarito prima nell’animo e nel cuore e poi nel corpo. È questo un prodotto della fede. Ci si può rialzare e camminare più liberi. Un miracolo anche oggi possibile, basta rendersi conto che nulla è più forte di un uomo pieno di vera fede, capace di risorgere come vuole la Pasqua del Signore.
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