Lettura

La seconda parte dell’undicesimo capitolo del Vangelo di Giovanni narra la convocazione del consiglio del sinedrio tenutasi subito dopo la risurrezione di Lazzaro, l’ultimo dei «segni» compiuti da Gesù. È in quel consiglio che fu decretata definitivamente la condanna a morte di Gesù. L’Evangelista riferisce poi del ritiro a Èfraim, che si trova a una ventina di chilometri a nordest di Gerusalemme, dove Gesù si fermerà fino all’ingresso trionfale nella città santa. Da una parte, quindi, troviamo Gesù che dona la vita a Lazzaro; dall’altra, il sinedrio che decreta una pena capitale.

Meditazione

La risurrezione di Lazzaro aveva condotto molti alla fede. «Molti dei giudei credettero in lui», nota l’evangelista Giovanni. Ma non per tutti è così: non è scontato credere e non è neanche scontato riconoscere la bontà di un’azione, specie se compiuta da altri. Per qualcuno il bene può addirittura diventare motivo di preoccupazione o rappresentare un pericolo. Così la pensano i farisei e i capi del popolo: «Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui; verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». La fama di Gesù avrebbe potuto creare disordine pubblico e quindi pregiudicare i poteri e gli spazi gestiti dalle autorità religiose ebraiche. La soluzione del sommo sacerdote Caifa è cinica: «È conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina la nazione intera». Non è importante che Gesù abbia compiuto dei miracoli o sia ritenuto un inviato di Dio: bisogna salvare lo status quo e la condanna a morte di Gesù è il male minore. Giovanni commenta in senso provvidenziale la sentenza di Caifa e ritiene che questi, involontariamente e senza rendersene conto, abbia fatto una profezia: Gesù sarebbe dovuto morire «non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi». Sta qui la logica di Dio, che riesce a trarre il bene anche dal male; che fa crescere il grano anche in mezzo alla zizzania; che scrive la sua storia di salvezza nella storia sanguinosa degli uomini. Sta qui anche l’universalismo della salvezza predicato dal cristianesimo, la vocazione della Chiesa, chiamata a essere ovile per tutti: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).

Preghiera

In un mondo diviso da sofferenze, Signore, riunisci il tuo popolo. Purifica le nostre menti da meccanismi di convenienza e da logiche di potere perché, attraverso l’adesione alla tua parola, ognuno nel suo piccolo possa far posto «all’unico Pastore» che ci chiama a essere un «unico gregge».

Agire

«Che cosa facciamo?». Questa la domanda che ogni uomo si pone davanti alla novità di Gesù.

Meditazione a cura di mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it