Napoli è una città d’amore, ma soprattutto una città da amare.
Dopo la visita a Pompei, propiziatrice ed evocatrice della missione di Maria in quel ministero della misericordia che Papa Francesco non cessa di presentare agli occhi del mondo fuggitivi e distratti, l’esordio di Scampia e l’incontro con gli abitanti del quartiere, conferma lo sguardo attento verso le periferie esistenziali.
Per meglio capire quel centro verso il quale Papa Francesco converge nell’Eucarestia celebrata a piazza del Plebiscito, nella “carne di Cristo” incontrata nei malati del Gesù Nuovo e nei giovani per “non uccidere la speranza”, a Napoli Papa Francesco parte dalla periferia.
I sobborghi malati delle grandi città, sono espressione di rassegnazione e ribellione.
Scampia non è “una terra di nessuno” o un domino dove solo il malaffare e la violenza sembrano dominare e sovrastare.
Il cardinale Crescenzio Sepe, figlio della “Terra di Lavoro” inaugurò il suo ingresso nella Diocesi partenopea partendo proprio da quella periferia che ricorda la memorabile esortazione di Giovanni Paolo II, lì pellegrino nel 1990: “Non bisogna arrendersi al male! Mai!”
A Scampia si vive nella precarietà degli alloggi, ma anche nell’insicurezza.
In queste condizioni, pur vivendoci, è difficile fare di un luogo dimora, cioè il riferimento spaziale di convivenza e comunione costruttiva con gli altri.
A Scampia troppi ragazzi abbandonano prematuramente la scuola, attirati dalle sirene del guadagno facile della droga e della domanda di manovalanza criminale nelle maglie dei clan camorristici.
Papa Francesco ha sentito che doveva partire dalla provocazione del suo santo predecessore polacco: “Non arrendersi mai!”
Il Papa italo argentino, che prima della visita pastorale a Napoli annuncia “L’Anno Giubilare della Misericordia”, diventa il samaritano che si china su colui che è incappato nei briganti.
Dai suoi discorsi si rileva come Papa Bergoglio metta in guardia dalla tentazione di trasformarsi nel sacerdote o nel levita della parabola, simboli della Chiesa e dello Stato che a volte non sanno riconoscere chi è il loro prossimo, neppure nell’uomo depredato e ferito.
Così come S. Francesco rincorse ed abbracciò i briganti che lo avevano derubato a Monte Casale producendo la loro conversione, allo stesso modo Papa Francesco rincorre chi sta sfuggendo alla società, a Dio, a se stesso.
Papa Francesco ricorda con le sue parole che il rispetto, la sicurezza e il lavoro che gli abitanti di Scampia cercano, sono beni che Dio vuole per tutti.
Scampia nasce per disposizione della legge d’edilizia popolare, la 167 del 1962, fondata sull’idea di inventare una nuova forma di convivenza che si rispecchiasse nell’architettura del quartiere.
La costruzione delle “Vele” avrebbe dovuto far viaggiare il nuovo speditamente, mentre le grandi arterie e i lunghi viali avrebbero dovuto richiamare l’idea della velocità del mondo, del fluire degli eventi, mentre la protezione degli alloggi doveva garantire il meritato riposo. Le “Torri” sarebbero state abitate, collegate tra di loro, quasi dei cortili aerei capaci di favorire la comunicazione e dunque la vita d’insieme. Parchi e giardini non sarebbero mancati. Un ideale alto, il disegno di una città alternativa, che doveva essere a misura d’uomo, così come scrive in un suo libro di riflessioni e memorie il cardinale Sepe, il pastore della città.
Ma così non è stato.
La fame degli alloggi, l’emergenza abitativa degli sfollati del terremoto dell’Ottanta, trasformarono presto quel quartiere avveniristico in fortino della criminalità, tempio dell’abusivismo e del pressappochismo.
Bene si addice l’aforisma “il tempo è superiore allo spazio” di Papa Francesco.
La logica del “tutto e subito”, l’occupazione selvaggia di aree urbane, hanno fatto di un potenziale giardino una giungla con la sua legge di sopraffazione.
In questa “selva oscura”, tuttavia, la Chiesa è molto radicata, è vicina alla gente, è a stretto contatto con i dolori e le gioie delle famiglie, voce di coloro che non hanno voce.
Quel Gesù presente nel quartiere conosce il male inflitto a tanti “poveri cristi”, ma conosce anche il bene che silenziosamente scava in profondità nel cuore della storia: “il tempo è superiore allo spazio”.
Papa Francesco, ha detto agli abitanti di Scampia che “il problema non è il mangiare, ma non avere la possibilità di portare il pane a casa e di guadagnare; la mancanza di lavoro ruba la dignità”.
Parole pertinenti in una città dai duecentocinquantamila disoccupati tra i quali c’è chi, scoraggiato, non cerca nemmeno più il lavoro.
A chi da Scampia ha chiesto: “Santità, ma non siamo napoletani anche noi?” da figlio di immigrati italiani in Argentina, Papa Francesco ha ricordato anche le nuove forme di schiavitù a causa del lavoro e i nuovi poveri: gli extracomunitari spesso sfruttati e soprattutto non sempre integrati nel Paese ospitante.
Papa Francesco ha incoraggiato al diritto di cittadinanza dello straniero, consapevole che la giustapposizione sociale crea la contrapposizione e che essa partorisce odio e rivendicazione che conduce tanti anche verso il distruttivo terrorismo.
Partire da Scampia è una scelta pastorale, un biglietto da visita sul quale una città si presenta e sul quale c’è un indirizzo: la Via Crucis.
Partire da Scampia è una sfida, la stessa del Signore morto e risorto: per Crucem ad Lucem.