E il sangue di San Gennaro si scioglie nelle mani di Francesco…

Il miracolo, mai accaduto ad un Papa, si è verificato oggi in Duomo nell’incontro con il clero, che il Pontefice ha ammonito dalle tentazioni di affarismo, mondanità  e chiacchiere terroristiche

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La storia ricorderà questo momento per i secoli a venire: per la prima volta il sangue di san Gennaro si è sciolto nelle mani di un Papa durante la visita nel Duomo di Napoli. Il miracolo, che avviene solo tre volte all’anno, si è verificato oggi pomeriggio con Papa Francesco, in occasione del suo incontro con il clero diocesano.

Al termine del suo discorso – lungo, appassionato, tutto a braccio – il Pontefice ha preso in mano l’ampolla del protettore di Napoli e, dopo aver recitato la preghiera rituale e averla baciata, l’ha passata all’arcivescovo Crescenzio Sepe che, controllandola, ha annunciato agli oltre mille fedeli in Cattedrale che “il sangue si è sciolto”.

Non era mai accaduto nella storia, tantomeno nelle precedenti visite di Papi: né con Pio IX nel 1848, né con Giovanni Paolo II nel 1990, né con Benedetto XVI nel 2007. Oggi invece sì, perché – ha detto Sepe – “si vede che il nostro Santo vuole bene al Papa”.

Il sangue però si è sciolto a metà. Il processo di liquefazione si è completato qualche istante dopo. Evidentemente, ha scherzato Bergoglio, “se si è sciolto a metà vuol dire che dobbiamo ancora andare avanti e fare meglio. Il santo ci vuole bene a metà”.

I fedeli sono comunque usciti dalla Cattedrale soddisfatti e felici, gridando al miracolo. Ancora più gioiosi, però, erano i quasi 500 religiosi e consacrati riuniti in Duomo. In particolare le monache di clausura che, in una ‘ora d’aria’ per salutare il Vescovo di Roma, hanno dato vita a simpatici siparietti.

Uno su tutti quello di alcune passioniste che, mentre il cardinale Sepe pronunciava il suo saluto, si sono ‘lanciate’ verso il Pontefice con entusiasmo incontenibile per consegnargli un pacco regalo. Mentre circondavano un Francesco tra il preoccupato e divertito, il porporato provava a fermarle, gridando: “Basta sorelle! Tenimm a cche ffà! Adesso se lo mangiano… E menomale che queste sono quelle di clausura. Figuriamoci le altre!”.

Scene di gioia semplice. Tutto l’incontro, d’altronde, è stato condotto in tono informale, con il Papa che ha cestinato il discorso prestabilito (“perché i discorsi sono noiosi…”), e, seduto sulla sedia per via della stanchezza, ha dato 3-4 dritte al suo gregge napoletano in attesa di ricevere una parola dal proprio Pastore.

Francesco ha quindi riproposto, attraverso aneddoti vissuti in prima persona, alcuni suoi ‘cavalli di battaglia’ per indicare le testimonianze e le contro-testimonianze che preti, suore, religiosi e religiose possono dare al popolo di Dio.

Quindi il “mettere Gesù al centro”, e amare sua Madre Maria, cercandola e pregandola perché Lei “ci mostra in ogni istante il Figlio”. Oppure la gioia che deve caratterizzare ogni consacrato, perché “i consacrati tristi hanno qualcosa che non va. Devono andare da un amico o da un buon consigliere spirituale”. E anche lo zelo missionario, come quella suora 90enne che gli chiese la benedizione in articulo mortis perché doveva andare in giro per il mondo a fondare monasteri.

Ma soprattutto ciò che è necessario per i religiosi – ha sottolineato il Pontefice – è “lo spirito di povertà”. Altrimenti si finisce come un’altra suora: “una grande religiosa, una brava donna, che faceva bene il suo mestiere di economa in un importante collegio”, ma che aveva il cuore così “attaccato ai soldi”, da arrivare a selezionare la gente in base al portafoglio: “Questo mi piace di più perché ha tanti soldi”.

Questa donna scaltra, che aveva fatto costruzioni importanti, è morta nell’umiliazione: in un salotto davanti a dei professori mentre prendeva un caffè, “ha avuto una sincope ed è caduta”. “Le davano schiaffi per farla venire in sé e non veniva” – ha raccontato Bergoglio – “E una professoressa ha detto: mettile un biglietto di 100 pesos in faccia e vedi così come reagisce… La poverina era morta ma questa è stata l’ultima parola detta quando ancora non si sapeva se era morta”.

Insomma un esempio di “cattiva testimonianza”. Che è ciò che succede “quando nella Chiesa entra l’affarismo”, ha ammonito il Papa. Questo è “brutto”: è brutto quando “un prete ha avidità e si mette negli affari”, è brutto quando, a causa del denaro, accadono scandali nella Chiesa e viene a mancare la libertà. Quando cioè si sentono frasi del tipo: “Io a questa persona dovrei dirne quattro, ma poiché è un grande benefattore e i grandi benefattori fanno la vita che vogliono, non ho la libertà di dirgli la verità”.

“Un sacerdote può avere i suoi risparmi, ma non deve avere il cuore lì”, ha precisato il Pontefice. E, rivolgendosi sempre ai preti, li ha avvertiti dalla pericolosa tentazione della “mondanità”, del “vivere con lo spirito del mondo, che Gesù non voleva”. Ma anche l’eccesso di “comodità” è un rischio, che si verifica in cose banali come stare troppo davanti alla tv. Come quelle “brave suore” di un collegio in Argentina che, ristrutturando la loro casa, avevano messo in ogni stanza un televisore. “E all’ora della telenovela tu non trovavi una suora in giro nel collegio!”.

“Queste sono le cose che ci portano allo spirito del mondo”, ha rimarcato Francesco. E lo spirito del mondo, si sa, porta lontano da Cristo. Attenzione pertanto, soprattutto i seminaristi devono stare in allerta. A loro il Santo Padre ha rivolto una raccomandazione precisa: “Se non avete Gesù al centro, rinviate l’ordinazione. Aspettate qualche anno, pensateci meglio…”.

A tutti, ha infine denunciato quello che lui definisce il “terrorismo delle chiacchiere”. Perché “chi chiacchiera – ha detto – è pari ad un terrorista che butta una bomba, distrugge tutto mentre lui resta fuori. Almeno facesse il kamikaze…”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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