Mentre la polizia tunisina ha arrestato nove persone legate al commando terroristico, lo Stato Islamico ha rivendicato l’attentato di mercoledì scorso a Tunisi, il cui bilancio si attesta a 23 morti e una cinquantina di feriti.

“Quello a cui avete assistito è solo la prima goccia di pioggia”, si ode nell’audiomessaggio messo in rete dai jihadisti, che esultano per le “decine di crociati e apostati uccisi”.

L’obiettivo della strage, afferma il messaggio, era proprio il museo del Bardo e non il Parlamento. I due attentatori morti nell’esplosione sarebbero stati “armati di fucili e granate”, secondo i jihadisti. Tra gli arrestati figurano anche il padre e la sorella di uno dei due terroristi uccisi.

Secondo il governo tunisino, gli attentatori erano stati addestrati in un campo jihadista in Libia. “Siamo in guerra”: è stata la dichiarazione del presidente Beyí Caid Essebsi, che ha convocato il Consiglio superiore delle forze armate e ha schierato l’esercito a difesa delle città.

Tutti i leader occidentali hanno condannato l’attacco terroristico a Tunisi, che è stato oggetto del Consiglio europeo a Bruxelles. “Unione Europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a intensificare la loro cooperazione con la Tunisia per contrastare il terrorismo”, si legge in una nota del Consiglio.