"D" come Diavolo

La più precisa descrizione dellazione del diavolo è stata fatta, in ambito letterario, dallo scrittore anglo-irlandese C.S. Lewis nel libro “Le lettere di Berlicche”

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«A questa generazione hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste e noi dobbiamo lottare contro di lui». Così ha affermato recentemente papa Francesco. Per il Pontefice il diavolo è una presenza reale che lavora dietro le quinte, una presenza insidiosa: «È il bugiardo, è il padre dei bugiardi – dice il papa- il padre della menzogna, è un seminatore di zizzania, fa litigare, induce nell’errore grave”. Da qui, l’esortazione a «prendere l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito che è la Parola di Dio». L’antidoto secondo papa Francesco resta la fede e la consapevolezza che «la vita sia una milizia. La vita cristiana è una lotta, una lotta bellissima, perché quando il Signore vince in ogni passo della nostra vita, ci dà una gioia, una felicità grande”. Insomma, “si deve combattere: non è un semplice scontro, è un combattimento continuo».

Insomma, Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno sfugge all’esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura – che appaiono legati ai limiti propri delle creature – e soprattutto al problema del male.

Il mistero dell’iniquità non ci deve terrorizzare, perché si illumina alla luce del mistero della pietà.  La rivelazione dell’amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l’estensione del male e la sovrabbondanza della grazia. Dobbiamo, dunque, affrontare la questione dell’origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede su colui che, solo, ne è il vincitore. Dietro il mistero del male c’è un essere che si oppone a Dio. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo.  La Chiesa insegna che all’inizio era un angelo buono, creato da Dio. Il diavolo infatti e gli altri demoni furono creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si trasformarono in malvagi .  La Scrittura parla di un peccato di questi angeli.  Tale « caduta », come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno.  A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell’infinita misericordia divina. « Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta, come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte ». La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama « omicida fin dal principio » (Gv 8,44), e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre.  « Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo » (1 Gv 3,8). Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione menzognera che ha indotto l’uomo a disobbedire a Dio.  La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni – di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica – per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell’uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero, ma « noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio » (Rm 8,28).

La più precisa descrizione dell’azione del diavolo è stata fatta, in ambito letterario, dallo scrittore anglo-irlandese Clive Staples Lewis, l’autore – tra l’altro- delle Cronache di Narnia. Lewis scrisse poco tempo dopo la sua conversione al Cristianesimo Le lettere di Berlicche, una sorta di epistolario immaginario tra due diavoli. Lewis si cala nei panni di un diavolo, Berlicche, un importante alto funzionario della gerarchia infernale, che scrive regalando i suoi buoni (o meglio cattivi) consigli ad un suo nipote, un giovane demone che ha appena intrapreso la difficile carriera del tentatore, di nome Malacoda. Ovviamente tutto è descritto dal punto di vista del diavolo, con una prospettiva ribaltata a quella che ci è solita, per cui, parlando di Dio, Berlicche ne scrive definendolo “il Nemico”, le azioni migliori e raccomandate sono quelle malvagie, il bene è il male e così via. L’effetto è quello di una satira del nostro mondo, paradossalmente non cattiva, nonostante la presenza dei diavoli, ma che induce al sorriso e alla riflessione.

L’idea del libro gli era venuta una domenica d’estate del 1941, uscendo dalla messa domenicale: un libro sia utile che divertente in cui mostrare tutta la psicologia della tentazione vista dalla prospettiva del tentatore.

Nell’introduzione del volume, Lewis ricorre al più classico degli espedienti letterari: queste lettere gli sono capitate tra le mani, in circostanze troppo lunghe da raccontare. Nel presentarle ai lettori, non può esimersi da un’avvertenza: vi sono due errori, uguali e opposti, nei quali si può cadere nei riguardi del diavolo; uno è di non credervi, e l’altro di avvertire per esso un interesse eccessivo e malsano. Naturalmente il demonio è ben contento di ambedue gli atteggiamenti, e saluta con la stessa soddisfazione “il materialista e il mago”, ossia i due modelli di queste opinioni riguardanti il mistero dell’Iniquità. Il materialista scettico e il mago, ovvero il cultore dell’occulto, dell’esoterico, portano entrambi acqua al mulino di Satana, sia nel negarne l’esistenza sia nell’enfatizzarla

“Gli esseri umani sono anfibi  mezzo spirito e mezzo animale.” Così dice Berlicche, con rabbia disgustata. Su questo può e deve far leva la tentazione: come spiriti essi appartengono al mondo dell’eternità, ma come animali sono abitatori del tempo. Ciò sìgnifica che, mentre il loro spirito può essere diretto verso un oggetto eterno, il loro corpo, le passioni e l’immaginazione sono in continuo divenire, poiché vivere nel tempo vuol dire cambiare

“Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo – dice il gerarca infernale- Egli vuole servi che diverranno infine, figli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuol concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci; Egli possiede la pienezza e trabocca.” La guerra che l’inferno muove a Dio e agli uomini ha per scopo un mondo nel quale Satana attragga in sé tutti gli altri esseri; mentre Dio vuole un mondo pieno di esseri uniti a Lui, ma sempre distinti.

In Lewis rimane, dopo questo viaggio immaginario agli inferi, una certezza: l’inferno è minuscolo rispetto alla grandezza del Cielo.

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Paolo Giulisano

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