I giovani e la custodia del creato per un cibo comunione tra gli uomini

Un dibattito promosso dall’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace

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È stata definita simpaticamente la carica dei cento uno, mutuando il titolo del celebre film di animazione del 1961 di Walt Disney, l’assemblea degli oltre cento giovani riuniti all’Alberghiero di Soverato. L’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, il Movimento Apostolico, la redazione nazionale di ZENIT, con il coordinamento del Centro Studi Verbum, hanno dato vita al riuscito appuntamento con le delegazioni delle quinte classi degli Istituti Superiori del centro turistico catanzarese.

Si è parlato di cibo, quale elemento che mette in comunione gli uomini e del valore del lavoro umano nella coltivazione, custodia e trasformazione dei prodotti della terra. Il saluto agli studenti intervenuti sono stati affidati al dirigente dell’Istituto ospitante, prof. Giuseppe Fioresta, che ha dimostrato una particolare sensibilità sul tema trattato e un forte spirito di accoglienza. Il sub commissario prefettizio del comune di Soverato, dott. Luigi Bigagnoli ha portato i saluti della massima istituzione locale.

Dopo i convenevoli di rito, il prof. Egidio Chiarella, a nome della redazione di ZENIT ha illustrato ai ragazzi l’iter dei quattro appuntamenti previsti sull’articolato mondo che riguarda il cibo, in linea con l’Expo di Milano e il senso cristiano della condivisione e del rispetto per il creato. Gli stessi si concluderanno a settembre nel parco della Biodiversità, con la collaborazione dell’Istituto Agrario statale del capoluogo. Chiarella ha messo in evidenza l’importanza del concorso che la direzione regionale della scuola ha promosso per sensibilizzare i giovani su un tema legato sempre di più ai destini di un mondo, che sia meno inquinato e illegale e soprattutto difensore della biodiversità, rispettando le vocazioni territoriali. A tale proposito due studenti dell’Alberghiero hanno illustrato un video girato nella stessa scuola, a difesa della tipicità locale e della necessità di una nuova cultura del cibo tra i giovani, capaci di essere ambasciatori per la difesa del creato e della biodiversità, nella piena consapevolezza di salvaguardare la qualità dei prodotti agricoli.

I lavori sono stati condotti con competenza e incisività dal giovane sacerdote teologo don Francesco Brancaccio, che ha espresso la riconosciuta vicinanza di S.Ecc. Vincenzo Bertolone ai giovani studenti intervenuti e da Don Gesualdo de Luca, docente di teologia sistematica. Il sacerdote, assistente regionale del Movimento Apostolico, si è soffermato sul legame sacro che San Francesco d’Assisi aveva avuto nei confronti degli elementi naturali, acqua, sole, luna, terra… Una simbiosi necessaria se si vuole armonizza il creato e limitare i danni che l’uomo sta portando al nostro pianeta. La stessa nuova enciclica di Papa Francesco avrà come tema centrale la difesa del creato, per una umanità portatrice della pace e dell’armonia tra tutti gli esseri viventi. All’attenzione della mattinata l’intervento del prof. Pasquale Giustiniani, stimato docente presso la Facoltà Pontificia Teologica dell’Italia Meridionale, sez. San Tommaso, che è riuscito a conquistare la singolare platea, protagonista per le domande poste allo stesso studioso campano e per la straordinaria attenzione che ha mantenuto per tutta la durata del convegno. Giustiniani si è soffermato a spiegare ai ragazzi i passi compiuti verso una bioetica della biosfera, necessari per la reale tutela di quella parte della Terra nella quale si riscontrano le condizioni indispensabili alla vita animale e vegetale.

Ecco alcuni suoi interessanti passaggi: “L’ingresso, quasi «in punta di piedi» in Europa, del neologismo «bioetica», ha progressivamente evidenziato un passaggio, da discussioni svolte tra medici e commissioni ad hoc all’esigenza di aprirsi ad un più ampio e articolato orizzonte di riferimento. L’inventore della «biologia filosofica» (Hans Jonas) aveva cominciato ad insistere sulla necessità di aprirsi al macro-tema della vita, intesa come scopo e fine perseguito dalla natura stessa. La cosiddetta bioetica ambientale ci sta appunto aiutando, negli ultimi decenni, ad evitare sia l’estremo vitalistico di Gaia, sia l’altro estremo che, all’opposto, essendo troppo centrato sul soggetto, finisce per ridurre il cosiddetto non-vivente ad un mero ornamento marginale dell’esistenza vivente umana, se non proprio a una miniera senza fondo, magari da saccheggiare a piacimento, fino a quando le risorse non si esauriscano.

Un’utile e attuale esemplificazione di tali osservazioni, è senz’altro riscontrabile nell’ampia discussione, in atto, circa gli stili alimentari che, in buona parte del nostro Occidente, vanno sempre più alla ricerca del «biologico»; mostrano una certa riluttanza verso biotecnologie che implichino modificazioni genetiche agro-alimentari o animali; inducono vere e proprie «mode alimentari», per esempio di tipo vegetariano e vegano; contribuiscono al crollo di determinati consumi a seguito di campagne di stampa relative alla pericolosità di certi alimenti; mettono in ginocchio intere aree agricole per il solo sospetto che i prodotti di esse possano essere contaminati da cattivo smaltimento di rifiuti industriali, speciali o radioattivi. L’agricoltura intensiva o rivoluzione verde si basa su un considerevole impegno scientifico volto alla selezione di varietà coltivate (cultivar) di piante ad elevata resa produttiva; inoltre, rivestono un’importanza decisiva: una vasta applicazione dei concimi chimici (poiché la fertilità del suolo è il fattore limitante della crescita nella gran parte dei casi), i mezzi per controllare le malattie e gli insetti nocivi.

Oggi bisogna accostarsi a questi temi in termini olistici. Anzitutto, pensare la ‘complessità’. Nell’ambito di un ‘complesso sistema biologico’, un ‘alimento’ può influenzare l’«umore» e, in generale, lo stato psichico di una ‘persona’. In secondo luogo, valutare bene certi inviti a diete non differenziate, per esempio vegetariane o vegane, o soltanto carnivore. Dalle foreste e dagli alberi – veri e propri sistemi complessi o, come si dice, “ecosistemi forestali” che con l’acqua scambiano energia – l’uomo originario ha tratto a lungo non soltanto i materiali per l’alloggio, ma anche gli unici elementi di cui nutrirsi”.

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ZENIT Staff

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