Il film racconta la storia di un giornalista che viene incaricato di condurre un inchiesta su Papa Pacelli. Inizialmente scettico e critico, l’uomo incontra incontra diversi testimoni che mettono in crisi la sua tesi preconcetta sul Pontefice. Nel corso di vari incontri con persone e figli di sopravvissuti all’Olocausto il protagonista scopre infatti che Pio XII non è stato un Papa pavido che non è riuscito ad opporsi ad Hitler, ma che nel segreto è riuscito a salvare centinaia di migliaia di ebrei dalla Shoah. Un soggetto forte, dunque, quello della pellicola, che ha provocato reazioni vivaci, diverse critiche e polemiche, ma anche grandi apprezzamenti. Proprio di questo e anche del valore effettivo del film, ZENIT ha parlato con la regista e autrice Liana Marabini.
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Dopo la proiezione in anteprima assoluta, sono state diverse le reazioni al suo film. Alcune molto positive, altre neutre ed alcune molto negative. Se l’aspettava?
Si, me lo aspettavo. È un soggetto molto controverso ed è normale che le reazioni siano di tutti i tipi. Nessuno è così ingenuo da pensare che i pareri sarebbero stati unanimi. Lo scopo del film è quello di fare parlare di Pio XII e delle ingiustizie che ha subito e sta subendo ancora, portando prove documentate: non prove inedite, ma una selezione di quelle che esistono già e ce ne sono tantissime. Il film è stato pensato non come un monumento storico ma come una finestra aperta su una controversa vicenda, che lascia spazio alla curiosità di approfondire il soggetto. Pio XII è il personaggio più incompreso del XX secolo, allora è bene cercare di spiegare un po’ le cose, soprattutto il perché del suo silenzio. Non bisogna seppellire Papa Pacelli sotto la polvere dell’oblio che a volte la Storia accumula sulle cose e sulle persone.
Stupisce vedere la critica di alcuni giornali cattolici. Qual è il suo parere in proposito?</p>
Mi aspettavo tante critiche: che ben vengano, perché fanno parlare del film e implicitamente di Pio XII. Ma francamente non mi aspettavo tanto livore da certi giornali cattolici. Ne prendo atto e rispetto le opinioni di tutti, anche quando sono contro il mio lavoro. Certe critiche sono infondate, altre fondatissime, come quella che recita: “Si poteva fare meglio”. Sono d’accordo, tutto si può fare meglio, un film e perfino un giornale. Siamo qui per migliorare. Alla critica che rimprovera al film la sua semplicità, rispondo che è un film per tutti, non per gli storici e non per un’élite. È un messaggio, non un saggio. Gli storici non devono disprezzare chi non è storico e le masse non lo sono; Gesù amava le masse.
Ci sono anche due critiche “poco cattoliche”, fatte però da un giornale cattolico e questo mi stupisce: mi viene rimproverato che in una scena del film si parla a favore del celibato sacerdotale, e che, in un’altra scena, la comunione viene impartita in bocca invece che in mano. Alla prima rispondo che il celibato sacerdotale va sostenuto con tutti i mezzi, perché è un valore non negoziabile: presto pubblicherò con la mia casa editrice un libro sul tema, dove sono raccolti gli scritti di grandi autori contemporanei e uomini notevoli di Chiesa. Il libro sarà regalato a tutti i seminari. Alla seconda critica faccio notare che tutti noi, preti e laici, di qualunque orientamento liturgico fossimo, “modernisti” o tradizionalisti”, dobbiamo difendere la totalità dei riti accettati dalla Chiesa cattolica, che siano essi post o pre conciliari, ambrosiani o quant’altro.
Nella Chiesa oggi c’è già, purtroppo, una spaccatura causata dalla liturgia: non dobbiamo aumentarla con critiche inopportune, perché vuol dire che critichiamo la Chiesa stessa ed i suoi precetti accettati e codificati. E nella fattispecie, per la scena “incriminata”: ai tempi di Pio XII la comunione non veniva impartita in mano, perciò mi è sembrato ovvio mettere quella scena, per rendere un ulteriore omaggio a Papa Pacelli, che viveva in quella epoca. Ma i commenti produrrebbero ulteriori polemiche. Lavoriamo per la Chiesa e non ha senso attaccarci a vicenda: lasciamo questo compito ai nemici della Chiesa. E l’apertura della totalità degli Archivi, che spero avvenga in un imminente futuro, mi darà ragione. Io non alimenterò questi conflitti rispondendo alle provocazioni: ognuno è libero di amare o no il mio film.
Perché ha pensato di affrontare un tema così scottante e che suscita ancora tante polemiche con una fiction dai toni ‘positivi’?
Avevo in mente da molto tempo il desiderio di fare qualcosa per Pio XII: penso che sia il dovere di ogni cattolico. Lui è uno di noi, accusato ingiustamente, non creduto, non riconosciuto, la sua memoria è calpestata e infangata ogni giorno da chi, a volte per sentito dire, lo chiama il “Papa di Hitler”. Il nostro dovere come cattolici è di amare il prossimo fino a fargli cambiare il cuore. Ho pensato ad un film perché è un modo immediato e accessibile per tutti. Ho creato una storia, per renderlo più scorrevole. Siccome l’intenzione è di fare passare delle nozioni storiche precise, con date e fatti, se ciò non fosse stato intrecciato con una storia di vita sarebbe risultato noioso. Il film è pensato anche per le scuole. A settembre sarà proiettato in 1.200 scuole in Italia e all’estero.
Come procede la distribuzione? La risonanza mediatica in più parti del mondo ha in qualche modo favorito la diffusione del film?
In realtà “gli articoli critici pubblicati in più parti del mondo” sono la citazione di quelli usciti sui due giornali cattolici sopracitati. Ma dovrei ringraziarli, non abbiamo mai venduto così rapidamente un film. Dopo la pubblicazione dei polemici articoli, le vendite si sono impennate in maniera impressionante. In soli tre giorni dopo l’anteprima abbiamo firmato otto contratti che da soli coprono il costo del film. Entro fine mese saranno conclusi contratti di vendita con altri ventuno paesi (tra cui la Cina e l’India). È un risultato impressionante per un film di queste dimensioni, per di più con soggetto cattolico.
Lei è la regista, la produttrice, l’anima di questo film. È soddisfatta del lavoro fatto?
Sì, sono contenta. Ci lavoro da diversi anni, iniziando con la documentazione, durata più di cinque anni, poi la preparazione del film per un anno, la realizzazione, la post-produzione e la promozione, un altro anno. Il fatto che se ne parli tanto è un bene. Dobbiamo continuare a portare le prove delle azioni di Pio XII a favore degli ebrei, tanto a lungo quanto sarà necessario, dobbiamo tenere vivo l’interesse. Come cattolici, non dobbiamo avere paura degli attacchi e delle critiche. Non dobbiamo alimentare le polemiche, che provocano separazione. La paura e la separazione sono azioni del demonio e non dobbiamo soccomberne. Dobbiamo andare avanti e sostenere, con tutti i mezzi, la memoria di coloro che hanno reso ancora più grande la Chiesa. E Pio XII lo ha fatto.