"Francesco ha fatto sentire i cattolici orgogliosi della loro Chiesa"

Pablo Ordaz, corrispondente in Italia del quotidiano spagnolo “El Pais” commenta i primi due anni di pontificato di Bergoglio

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Il 13 marzo 2013, dalla loggia di San Pietro, il cardinale Tauran proclamò: Habemus Papam e che “Jorge Mario Cardinale Bergoglio” era il nuovo papa con il nome di Francesco. Cos’è cambiato da allora nella storia della Chiesa? Qual è la percezione e quale la realtà? ZENIT ne ha parlato con Pablo Ordaz, corrispondente italiano di El Pais, quotidiano spagnolo che, generalmente, non fa sconti al Vaticano.

Dall’inizio del pontificato di papa Francesco, ritiene che sia cambiato qualcosa nell’immagine della Chiesa?

Sicuramente. Sia dal punto di vista dei cattolici che del resto dell’opinione pubblica. Non dimentichiamo che due anni fa, il Vaticano era immerso in guerre di potere che hanno portato alla fuga di documenti nel caso Vatileaks, all’arresto del maggiordomo di Benedetto XVI, alle dimissioni del capo dello IOR, ai continui scandali di pedofilia e, infine, alle dimissioni di Ratzinger… A tempo di record, Jorge Mario Bergoglio ha ottenuto che la grande maggioranza dei cattolici tornassero a sentirsi orgogliosi della loro Chiesa – basta vedere quanto si riempia piazza San Pietro ogni mercoledì o ogni domenica o l’interesse che riscuotono i suoi viaggi – e che leader mondiali come Barack Obama venissero a Roma per visitarlo, dicendo: “bisogna ascoltare il Papa”. Il  suo messaggio sociale in un momento di crisi e di sofferenza per molte persone in tutto il mondo sta incidendo profondamente.

È stato soltanto un cambiamento di immagine o vi sono stati cambiamenti reali?

Credo che il secondo fatto sia legato al primo. Dopo quella frase pronunciata a pochi giorni dall’inizio del pontificato – “come vorrei una Chiesa povera e per i poveri” – Bergoglio sta cercando, non senza resistenze interne, di far luce sulle solitamente oscure finanze vaticane, razionalizzando le spese, contagiando la Curia e le varie congregazioni con il suo stile di vita semplice, andando a cercare le persone più ferite dalla vita – divorziati risposati, nuove coppie, gay – invece di cercare il proprio comodo. Ma non è facile. L’inerzia di molti secoli veglia su di noi ed è più semplice abituarsi ad essere ricchi piuttosto che poveri. Così come non è semplice che, dopo decenni trascorsi a guardare dall’altra parte, la Chiesa, nel suo insieme, si convinca che la “tolleranza zero” sia l’unica risposta alla pedofilia. Anche se in ritardo, comunque, si iniziano a fare passi in quella direzione.

Come ritiene che tutto questo sia stato vissuto in Vaticano?

Alcuni devono ancora riprendersi dalla sorpresa. Non tanto alla sorpresa di vedere palesarsi al balcone un Papa giunto dalla fine del mondo, con le scarpe consumate, una croce d’argento, che chiede ai fedeli riuniti a San Pietro per pregare per lui, ma dalla sorpresa di realizzare che non erano solo gesti o puro marketing, un trucco per coprire le ferite… Non c’è dubbio che Bergoglio sia disposto a cambiare per sempre la Chiesa, che sa di avere poco tempo e quindi lo farà a tutti i costi e no nonostante tutto e tutti. Davanti a ciò, vi sono solo due alternative: aiutarlo nell’impresa o farsi spazzare via da questo uragano. È chiaro che vi sono resistenze – penso alle indiscrezioni sulle presunte spese del cardinale Pell – ma credo che in linea generale si stia prendendo la direzione del Papa.

Di tanto in tanto il Papa usa parole e immagini chiare ma politicamente scorrette. Come interpreta questo?

Ennio Flaiano diceva che in Italia, la linea più breve tra due punti è spesso l’arabesco. La Chiesa ufficiale, tanto legata all’Italia nel bene e nel male, ha abusato troppo degli arabeschi e dei messaggi cifrati nel rivolgersi ai fedeli. Il risultato è stato troppo spesso una voragine nella comunicazione, una distanza incolmabile tra i dottori della Chiesa e cattolici ‘a velocità pedonale’. Il risultato – o uno dei risultati – può essere visto, soprattutto in America, nelle centinaia di migliaia di cattolici passati ad altre confessioni. Bergoglio, al contrario, parla a tu per tu, si fa capire, esce dall’impasse, si appella alle emozioni quando parla di madri che hanno perso i loro figli nel mare di Lampedusa e critica anche apertamente quando parla di volti da funerale o della vita mondana di alcuni sacerdoti o suore. E a volte, alcune delle sue frasi prese fuori dal contesto o non filtrate dal politicamente corretto, possono provocare polemiche. Ma ho l’impressione che Francesco preferisca incorrere in errori, piuttosto che costringere la gente a interpretare discorsi freddi e distanti.

Papa Francesco cita molto le parabole di Gesù nel Vangelo…

Sì, e a me desta molta attenzione che i discorsi del Papa siano pieni di costanti riferimenti alla Scrittura. L’altro giorno ne ho contati 22 in un’omelia di due pagine e mezzo. Recentemente una sua amica argentina mi ha riferito che Bergoglio è un conoscitore della Bibbia e che non legge mai un testo su cui non abbia lavorato o scritto lui stesso. Vuole mettere in chiaro che la Chiesa che lui sogna e predica – quella delle periferie, dei pastori che odorano di pecora – non è altro che la Chiesa delle origini. Più che elaborare una nuova teoria, quello che sta facendo è rispolverare il discorso su tali origini.

Che altre considerazioni si possono fare su questi due anni di pontificato?
C’è un risultato chiaro. Indipendentemente dal fatto che papa Francesco possa piacere ad alcuni e meno ad altri, è chiaro che ha posto la Chiesa al centro del dibattito in tutto il mondo. Il suo messaggio è ascoltato da tutti indistintamente e, inoltre, sta utilizzando il potente apparato diplomatico vaticano per fare mediazione nei conflitti, come in Medio Oriente o nel successo del riavvicinamento tra Stati Uniti e Cuba. A volte è necessario allontanarsi dal quadro per averne una visione più nitida e le piccole guerre di potere che continuano a sussistere in Vaticano sono “peccata minuta” a confronto con tutti gli aspetti interessanti dell’ancor breve pontificato di Jorge Mario Bergoglio.

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Sergio Mora

Buenos Aires, Argentina Estudios de periodismo en el Istituto Superiore di Comunicazione de Roma y examen superior de italiano para extranjeros en el Instituto Dante Alighieri de Roma. Periodista profesional de la Associazione Stampa Estera en Italia, y publicista de la Orden de periodistas de Italia. Fue corresponsal adjunto del diario español El País de 2000 a 2004, colaborador de los programas en español de la BBC y de Radio Vaticano. Fue director del mensual Expreso Latino, realizó 41 programas en Sky con Babel TV. Actualmente además de ser redactor de ZENIT colabora con diversos medios latinoamericanos.

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