In un recente articolo dedicato a Papa Francesco, pubblicato in questa rubrica, scrivevamo che “le parole del Santo Padre lasciano intravedere, in alcuni passaggi, dei veri e propri scorci di poesia”.
Questa considerazione si basa sull’assunto che il concetto di “poesia” non si limita a un insieme di parole organizzate secondo una forma stilisticamente compiuta, ma si estende, in senso lato, ad ogni forma espressiva capace di far vibrare le corde dell’animo.
Questo “potere poetico” delle parole del Santo Padre (che costituisce, a nostro avviso, uno dei motivi della sua straordinaria “vis” comunicativa) l’abbiamo ritrovato nel Messaggio da lui emanato in occasione della Quaresima, che si apre con queste parole: “Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un tempo di grazia…”. Seguono altre riflessioni dense di tensione spirituale e affabilità umana, che inducono a pensare e che suscitano un moto di empatia.
Sulla base di queste suggestioni, abbiamo elaborato un “esperimento poetico”, abbinando alle parole del Papa alcuni componimenti in versi strutturati secondo la forma classica della poesia. Dalla lettura congiunta dei testi – brani poetici e messaggio pontificio – gli appassionati dell’ars poetandi potranno rintracciare assonanze ed emozioni, convergenze di senso e di valori, avendo ancora una volta la conferma che la poesia costituisce naturaliter un’attività creativa spiritualmente evoluta.
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“Dio non ci chiede nulla – scrive Papa Francesco – che prima non ci abbia donato: noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade”. Sono parole piene di bellezza e di profondità spirituale, di cui troviamo un’eco nella poesia Eccomi Signore, scritta da padre Giovannino Tolu O. de M.
Mi hai afferrato, Signore,
ed io non ho potuto resisterti.
Ho corso a lungo ma Tu m’inseguivi.
Prendevo vie traverse,
ma Tu le conoscevi già.
Mi hai raggiunto.
Mi sono dibattuto.
Hai vinto!
Eccomi, o Signore,
ho detto “Sì”,
all’estremo del soffio e della lotta,
quasi mio malgrado.
Ed ero là, tremante
come un vinto alla mercé del Vincitore,
quando su di me hai posato
il tuo sguardo d’Amore.
Ormai è fatto, Signore,
non potrò più dimenticarti.
In un attimo mi hai afferrato.
I miei dubbi furono spezzati,
i miei timori svanirono,
perché ti ho conosciuto senza vederti.
Ti ho sentito senza toccarti.
Ti ho compreso senza udirti.
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Scrive ancora Papa Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima: “…succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano”.
E quando saremo risvegliati dalla “voce” di cui parla Papa Francesco, ci accorgeremo che, nonostante le difficoltà della vita, l’uomo non ha perso le sue facoltà di empatia, ma è ancora capace di pietà e di espressioni d’amore. Come si avverte in questa bella poesia a firma di Mariangela Gualtieri:
Bambina mia.
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.
Ti lascio invece baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno. Ira
nelle periferie della specie e al centro. Ira.
Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Siamo ancora capaci di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
C’è splendore in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
Il tuo destino è l’amore.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro nient’altro.
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“Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio – continua nel suo Messaggio Papa Francesco – si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità.”
Ed ecco un’altra bella poesia a firma di M. Caterina Muggianu, che, nella immedesimazione panica con gli eventi della natura, espressione immanente di una realtà trascendente, si presta ad essere interpretata come un “commentario poetico” alle parole del Papa:
La natura
con le sue dita di vento
ripulisce gli alberi e gli arbusti
per prepararli
al prossimo risveglio.
Con le tepide piogge li ristora
e li gonfia di linfa
e nuova vita
fino a esplodere in gemme.
Alita sopra i meli ed i ciliegi
finché candidi fiori profumati
sbocciano in una gloria.
Con il tuo amore misericordioso
Tu Signore rinnovi i nostri cuori
e ci riempi di benedizioni
per prepararci alla Risurrezione
e poi aliterai sopra di noi.
Possa il mondo sentire il tuo sussurro:
Pace a voi!
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“La sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione – scrive Papa Francesco sul finire del suo Messaggio – perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio.”
Un imperativo di umiltà poeticamente rappresentato da Teresa Girolami che, nel componimento che segue, invoca un “prezioso pizzico di cenere” per ritrovare il senso di un’interpretazione della vita che si avvalga, come unico “suggeritore” della voce del Signore:
Parlami lontano da occhi indiscreti, Signore
come a un tuo prezioso pizzico di cenere
perché io possa profumare la mia aria disfatta;
così non sarò costretto a suonare la tromba nelle piazze
ove sono solito pavoneggiarmi
senza però davvero sanare tanti rapporti
ormai sparso nella malinconia di vie contrarie
e accontentato dal plauso di ben miseri compensi.
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In questo tempo di Quaresima, e in vista della Santa Pasqua, che ricorre quest’anno il 5 aprile, la rubrica di poesia di ZENIT dedicherà una particolare attenzione alle poesie ispirate al tema.
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