Almeno 74 giovani, tutti maschi, sono stati trucidati dai miliziani di Boko Haram martedì scorso, nel villaggio di Njaba, situato nello Stato di Borno. Alcuni di loro, riparati dentro una moschea, sono stati raggiunti e uccisi lì dentro. “Molti sono stati sgozzati nella moschea – ha raccontato all’Ap Aminatu Mommodu -, altri invece sono stati uccisi con colpi di proiettile, mentre le donne fuggivano nella foresta”. Fonti non ufficiali riferiscono che la strage è dovuta al fatto che le vittime avrebbero rifiutato di unirsi all’organizzazione terroristica. Altre fonti riferiscono che oltre alle decine di uomini, sarebbero stati uccisi anche una ventina di bambini.
Dopo aver colpito Njaba, la furia di Boko Haram si è spostata altrove. Almeno altre dieci persone sono state uccise, nelle scorse ore, al confine con il Ciad. Colpita soprattutto la comunità Shuwa-Arab, che vive in quelle zone, mentre è stata risparmiata la tribù dei Kanuris, alla quale appartengono molti dei jihadisti.
Solo a domenica risalivano le ultime notizie di violenza dal continente africano, quando in un mercato di Bauchi, città del nord-est della Nigeria, una giovane donna è stata linciata e data alle fiamme dalla folla perché creduta una kamikaze di Boko Haram. La donna non era un’attentatrice, bensì soffriva di problemi psichici e per questo si era rifiutata di dare le proprie generalità alla polizia, prima dell’agguato della folla.
“Non aveva alcuna intenzione di commettere un attentato – ha dichiarato a France Presse il portavoce della polizia di Bauchi, Haruna Mohammed -. Come esponenti delle forze dell’ordine non abbiamo nessuna intenzione di permettere che la gente si faccia giustizia da sola. Proseguiremo le indagini e arresteremo i responsabili di quanto avvenuto, per consegnarli alla giustizia”.