La città di Damasco è in mano al governo Assad, le periferie sono in mano ai ribelli, mentre ad Aleppo la situazione è decisamente sbilanciata a favore delle forze jihadiste. Questo lo scenario descritto da monsignor monsignor Nassar Samir, Arcivescovo di Damasco dei Maroniti, intervenuto oggi in conferenza stampa presso la Casa Bonus Pastor, poche ore dopo aver partecipato all’udienza dei vescovi amici dei Focolari con papa Francesco.
“Il 15 marzo è il quarto anniversario della guerra e noi non aspettiamo altro che la pace”, ha dichiarato il presule siriano, riferendo anche dell’impossibilità dei siriani residenti di sostenere economicamente i loro familiari, per via del blocco dei conti bancari nel paese, mentre “chi vuole espatriare non trova più un consolato o un’ambasciata”. A margine della conferenza stampa, monsignor Samir ha risposto ad alcune domande di ZENIT, sottolineando innanzitutto la propria gratitudine per l’aiuto dimostrato dalla Santa Sede e dal Pontefice.
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Eccellenza, nel mondo cattolico, sia in Occidente che in Oriente, sono numerosi quanti sostengono che papa Francesco e il Vaticano non si stiano impegnando abbastanza per la pace in Siria e in Iraq e che stiano sostanzialmente tacendo sulla persecuzione dei cristiani. Lei cosa ne pensa?La Chiesa Cattolica, già dal pontificato di Benedetto XVI, sta facendo tantissimo per la pace. Cinque anni fa si è tenuto il Sinodo straordinario per il Medio Oriente e l’esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente si pone come base per la pace nei nostri territori. Quanto a papa Francesco, credo giovi ricordare che già nel settembre 2013 è riuscito a fermare i bombardamenti in Siria. Il Papa, poi, sta facendo molto, attraverso il Cor Unum e la Caritas Internationalis, per aiutare i rifugiati della Siria e dell’Iraq. Il tema del nostro convegno a Castelgandolfo è Eucaristia, mistero di comunione. Il Papa stamattina ci ha parlato proprio di questa comunione e della pace. Quello che le Chiese in Siria si stanno impegnando a fare è creare questa comunione e gettare le basi per la pace. Anche l’Italia sta facendo molto per il nostro paese: tutti gli scavi archeologici in Siria sono in mano a gruppi di ricerca delle università italiane.
Ritiene che la strategia del terrore che l’Isis sta seminando, potrebbe alla lunga rivelarsi un boomerang e che la popolazione si potrebbe ribellare?
Per il momento la gente si limita a fuggire e non ha la possibilità di opporre molta resistenza. I cristiani mediorientali sono gente pacifica contraria alla guerra e qualunque tipo di violenza. L’Isis è ancora lontana da Damasco, quindi non ho una cognizione diretta della situazione, tuttavia, in genere, la gente non vuole combattere i terroristi, vuole, piuttosto, evitare la violenza. Alcuni hanno scelto di resistere e hanno preso le armi, altri hanno preferito di partire e scappare. Attendono la protezione delle Nazioni Unite e delle potenze mondiali che però ancora non arriva.
In uno scenario così apocalittico, come è possibile per i cristiani non farsi sopraffare dalla paura?
Mancano medicine, medici, acqua, elettricità e, da ormai quattro anni, non c’è possibilità né di lavoro, né di guadagno e il valore della moneta locale è collassato. I cristiani più ricchi sono partiti, gli altri vivono con pochissimi mezzi, per fortuna c’è un po’ di solidarietà che arriva e la Chiesa sta aiutando le famiglie a sopravvivere: è tutto quello che possiamo fare!