In questi giorni che ci separano dall’evento della Santa Pasqua, ZENIT privilegia la pubblicazione di poesie ispirate al tempo di Quaresima che, per i suoi profondi significati spirituali, si rivela particolarmente fecondo dal punto di vista della creazione poetica.
Un elemento di continuità che possiamo rilevare in detti componimenti è la tendenza ad unire in un legame simbiotico l’agire poetico e il momento della preghiera.
Una tendenza che ritroviamo anche in Giuseppe Giudice, vescovo della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, autore di pregevoli liriche di natura religiosa, alcune delle quali ispirate al tema della Quaresima.
“Don Peppino – scrive Silvio Longobardi, sacerdote e curatore di una rubrica su Radio Maria – ha il gusto della poesia, l’ha coltivata fin da ragazzo, immergendosi nelle pagine dei grandi autori che hanno saputo fare delle fragili parole ali per volare più in alto. E lui stesso ha cercato di usare la poesia per raccogliere le riflessioni che scaturivano dalla vita e dalla preghiera. Sono le pagine più intime, quelle che ciascuno consegna al proprio cuore”.
La nota critica di don Longobardi è tratta dall’introduzione al volume Frammenti di luce, la più recente silloge poetica pubblicata da mons. Giudice, che fa seguito alla raccolta Dilexit Ecclesiam del 2007, contenente le poesie e le preghiere che hanno accompagnato gli anni del suo ministero.
Sul sito della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, www.diocesinocerasarno.it, possiamo trovare, accanto ai messaggi, alle preghiere e alle omelie, una bella selezione delle poesie di mons. Giudice che offre la misura di un’ispirazione sincera e profonda, dove la limpidezza dello stile è sostenuta dalla verità del contenuto di fede.
QUARESIMA
Saperti accanto, o Signore,
in questo deserto cammino
è saper vivere
della tua presenza,
alla tua presenza,
sapendo che tu mi conosci
fino in fondo
mentre io faccio fatica
a conoscerti
perché tu mi precedi sempre,
mi sorpassi,
mi inviti ad andare oltre:
oltre il mio egoismo,
oltre la terra del mio peccato,
oltre la mia povera fede,
oltre me stesso,
oltre il mio quotidiano
per ritrovarti più in là,
nel tuo eterno donarti
nel presente della tua
e mia croce,
mia e tua Pasqua.
*
Al pari della poesia che vive del rapporto tra forma e contenuto, l’universalità del messaggio del nostro Signore Gesù Cristo nasce dalla sintesi potente tra la verità proclamata e il linguaggio simbolico che sfida il tempo. A duemila anni di distanza dalla vicenda terrena del Figlio di Dio, certe locuzioni del Vangelo risuonano con potenti rintocchi alla mente e allo spirito dell’uomo, essendo ormai interiorizzate nel sentire collettivo dei credenti.
“Prendi la tua croce e seguimi”: sono parole – potremmo dire parafrasando San Paolo – non suggerite dalla sapienza umana. Parole che si prestano ad interpretazioni complesse, che la scienza teologica ha sviscerato in accurate e profonde riflessioni. Eppure proprio recentemente Papa Francesco spiegava a Santa Marta che, per capire le parole di Gesù, non è necessario aver fatto un corso di teologia: “tante volte noi troviamo fra i nostri fedeli – ha detto il Santo Padre – vecchiette semplici che forse non hanno finito le elementari, ma che ti parlano delle cose meglio di un teologo, perché hanno lo Spirito di Cristo”.
Guardate, dunque, con quale mirabile spontaneità questa poesia di mons. Giudice – incentrata proprio sulle immortali parole di Gesù, “Prendi la tua croce e seguimi” – interpreta il mistero della croce alla luce di quella “identità cristiana” di cui parlava il Santo Padre, capace di arrivare senza mediazioni al cuore di chi ascolta:
CROCE
Ti guardo:
stagliata dinanzi ai miei occhi
come un richiamo.
Due rettangoli d’amore,
dove il vero Amore ha spezzato
se stesso come Pane.
Tu sei per me una mensa
alla quale mi cibo
nelle asprezze del quotidiano cammino.
Sei una fonte alla quale mi disseto
quando la sete d’amore mi distrugge.
Il tuo braccio verticale mi conduce a Dio
nel quale faccio provvista d’amore,
per ridiscendere ed incontrare – oh, quale gioia! –
il tuo senso orizzontale,
che mi spinge tra i fratelli
dove la mia carità si consuma
e la mia sete di servizio si spegne.
E tu sei ancora una luce che brilla
nel cuore della notte
per rischiarare il cammino degli uomini,
stanchi viandanti del mondo.
In te la vita ha un senso,
il dolore si comprende,
l’amore si manifesta e le gioie si gustano.
E nella tempesta minacciosa,
tra le reti cadute, la tua voce si alza
come una sfida:
Prendi la tua croce e seguimi ogni giorno…
E la paura si colora di speranza
nella meravigliosa pace che fa ritorno.
*
Concludiamo questa breve esposizione delle poesie quaresimali di mons. Giuseppe Giudice con uno scritto inedito presente sul sito della diocesi ma non ancora pubblicato in volume. Una riflessione poetica che, per usare le parole dell’introduzione di don Longobardi, costituisce un significativo “frammento del mondo interiore” dell’autore: “dalla preghiera alla contemplazione del creato, dallo sguardo sulla vita a quello sull’eternità”.
40: TEMPO DI DIO
40 sono i giorni
di Noé nell’arca
ad attendere,
dimorando nella giustizia divina,
che l’acqua smetta
di inondare il cuore
e permetta ad una colomba,
chiesa di acqua battesimale,
di ridire la pace
portando un ramoscello d’ulivo.
40 sono le albe
di Mosé sul monte
per attendere,
trascorse le notti,
le parole di Dio,
le dieci solo importanti
da incidere nella carne dei cuori
e nei cuori di pietra.
40 sono gli anni
nel deserto
e nei deserti dei cuori
per cercare,
tra mormorii e vesti logorate,
di raggiungere la terra
da sempre promessa
fatta, dopo pioggia di pane,
di latte e miele.
40 sono anche
i tuoi giorni, o Signore,
nel deserto tra fiere ed angeli
per combattere il Male,
che ha tentato anche Te,
e per trasformare,
inchiodato alla Parola,
in giardini i nostri deserti.
40 è un numero,
numero di Dio,
un pugno di giorni,
anche per la Chiesa,
sempre nell’Arca
e sempre nel diluvio
e nella tempesta.
La mia Chiesa:
sempre sul monte
fedele all’alleanza
e sempre a riscrivere
la legge sulle tavole dei cuori
sempre nel deserto
nel vuoto o nel canto della Parola
e sempre posta in un luogo
che ridiventa giardino.
La mia Chiesa:
sempre contesa
tra cenere e coriandoli
tra lacrime e riso
tra danza e sosta
è amata dal Crocifisso
per questo è crocifissa con Lui
che, insultato in Lei,
si china ancora a lavare
i piedi della storia,
a spezzare il pane,
a versare il vino.
La mia Chiesa:
è in piedi con Maria,
adagiata alla croce
per raccogliere le gocce
del suo sangue;
è in attesa, ma sempre in piedi,
non smarrita,
accanto ad un sepolcro,
l’unico,
che rimane vuoto
in un giardino non più deserto.
Per questo – e solo per questo –
canta
perché la quarantena –
oltre il giorno di Pasqua –
è già cinquantina.
*
Mons. Giuseppe Giudice è stato nominato vescovo della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno il 24 marzo 2011 da Sua Santità Benedetto XVI. Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli con una tesi sulla Teologia Crucis, avendo come relatore mons. Bruno Forte. Ha poi continu
ato la sua formazione teologica presso la Pontificia Facoltà Gregoriana di Roma. Assai intensa l’attività didattica e pastorale svolta per lunghi anni nel territorio del napoletano. Dalle sue liriche è stato tratto uno spettacolo teatrale intitolato Frammenti di luce – per raccontare la vita nella fede, che ha concluso l’Anno della Fede nella diocesi di Nocera Inferiore-Sarno ed è stato trasmesso dalle tv locali. Mons. Giudice è titolare, tra l’altro, di una pagina Facebook alla quale sono iscritti più di novemila amici che seguono i suoi post.
***
In questo tempo di Quaresima, e in vista della Santa Pasqua, che ricorre quest’anno il 5 aprile, la rubrica di poesia di ZENIT dedicherà una particolare attenzione alle poesie ispirate al tema.
I poeti interessati alla pubblicazione possono inviare i loro brani poetici all’indirizzo email: poesia@zenit.org
I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.
Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.
Inviando le loro opere alla Redazione di Zenit, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.
Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.