E’ comoda la stazione a due passi. Mai, però, ho perso tante volte il treno come da quando abito a due passi da essa.
E’ vero!… due passi sono due passi; fare due passi è facilissimo; è, per così dire un’inezia.
Per prendere il treno, quei due passi, però, li devo comunque fare. Li devo fare, e prima che parta il treno: li devo fare per entrare in carrozza prima che chiudano le porte.
Eh, si. A che serve essere a due passi, se non li faccio?
A che serve essere a due passi dal campanile, se non vado in chiesa?
A che serve vivere in chiesa, se non adoro Gesù eucaristia?
A che serve adorare il pane eucaristico, se non lo mangio?
A che serve mangiarlo, se non lo testimonio con la vita donata per gli altri?
A che serve essere… a due passi?…avere tutta la scrittura e sapere i due più grandi comandamenti, se non li vivo amando Gesù nel prossimo?
Il prossimo è la stazione che vive a due passi da me. Ma a che serve avere il prossimo a due passi, se la distanza dei due passi non la elimino per poter entrare in lui e lasciare che lui entri in me?
I due passi li faccio ora perché esco dal mio io; rinnegando me stesso, elimino le distanze, trovo Dio nel mio prossimo.
Ciao da p. Andrea
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