No all’eutanasia alle persone affette da demenza. È una posizione chiara e netta quella espressa oggi dai vescovi del Belgio in una dichiarazione pubblicata sui due principali quotidiani del Paese – lo “Standaard”, in fiammingo, e “La libre belgique”, in francese – contro la proposta di legge sull’ampliamento dell’eutanasia per le persone in condizioni di demenza che abbiano precedentemente indicato le loro volontà in una dichiarazione anticipata.
Nel documento, ripreso dalla Radio Vaticana, la Conferenza Episcopale belga (Ceb) analizza il contesto attuale molto complesso, in cui l’invecchiamento della popolazione porta ad un aumento dei casi di demenza, di handicap mentale profondo, così come di pazienti in coma o in fase terminale.
Prendesi cura di tutti questi malati – sottolineano quindi i presuli – “risponde ad una scelta puramente etica” e non economica, perché “un essere umano, pur colpito da demenza, rimane una persona fino alla sua morte naturale”. Per questo, “la dignità umana non può dipendere dal possesso o meno di determinate capacità”: essa – affermano – “è legata, in modo inalienabile, al semplice fatto di appartenere alla specie umana”. Pertanto “ogni persona, anche in stato di demenza, merita rispetto e deve ricevere, di conseguenza, le cure appropriate”.
La Ceb si sofferma quindi sul concetto di autonomia della persona, un principio importante purché non diventi “individualismo eccessivo” e purché ogni atto non sia considerato un bene “per il solo fatto che è il frutto di una scelta autonoma”.
“Gli individui non sono isole – ribadiscono i vescovi – e ciascun essere umano vive in un ambiente sociale, culturale, storico e relazionale”. Ancor di più in un’ottica cristiana, secondo cui “gli esseri umani sono fratelli e sorelle, in quanto legati al medesimo Padre”.
Il documento prosegue quindi scandagliando il tema della “qualità della vita”, della quale – si legge – “è difficile dare una definizione obiettiva”. Nei confronti delle persone affette da demenza, infatti, “il rischio è di proiettare sul paziente le preoccupazioni e le angosce” di chi gli sta accanto. Al contrario, il primo principio da considerare è quello de “la responsabilità etica di prendersi cura” di simili malati.
I vescovi belgi denunciano inoltre “il clima eutanasico” che è andato crescendo nel Paese a partire dal 2002, anno dell’entrata in vigore della legge sull’eutanasia per gli adulti. Da allora, ricordano, “i limiti normativi sono stati sistematicamente trasgrediti ed il ventaglio di pazienti che possono rientrare in questa legge non cessa di ampliarsi”.
La “dichiarazione anticipata” richiesta ai pazienti che vogliono un aiuto a morire, poi, presenta alcuni punti critici: ad esempio, un criterio discriminante riguarderebbe l’impossibilità da parte di un malato di demenza a riconoscere i propri familiari, come se “la perdita della capacità cognitiva comportasse anche la perdita dell’identità individuale”.
Ma i vescovi si oppongono “risolutamente” ad una simile considerazione, poiché “la perdita di autonomia non è affatto sinonimo della perdita di dignità” della persona umana. Lanciano dunque un appello affinché la società continui a prendersi cura dei più vulnerabili attraverso tecniche diagnostiche precise e cure palliative adeguate anche in fase terminale, perché “il livello morale della società si misura in base al trattamento che riserva ai suoi membri più deboli”. Mai, infatti, “in una società autenticamente umana, il nostro prossimo può diventare un peso inutile”, afferma la Ceb.
La risposta è solo “quella dell’amore” che “testimonia una solidarietà incondizionata”, perché “non è la porta dell’eutanasia che si deve aprire ulteriormente, ma quella della fraternità e della solidarietà”.