Secondo il Pontefice, la vittoria di Gesù che nel deserto respinge la tentazione mostra che la nostra condizione di peccatori e di vittime del male può essere superata dal cammino di conversione.
Nel giorno in cui si celebra la trasfigurazione di Gesù, il Papa ha spiegato che mentre si recava a Gerusalemme, molti non capirono il messaggio di colui che diceva di essere il figlio di Dio.
Molti pensavano che Gesù sarebbe stato un liberatore dal dominio dei romani, un liberatore della patria e quindi non capirono le parole con cui il Nazareno preannunciò l’esito della sua missione nella passione gloriosa.
Fu allora che Cristo prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e con la Trasfigurazione mostrò loro “un anticipo della sua gloria, quella – ha spiegato il Papa – che avrà dopo la resurrezione, per confermarli nella fede e incoraggiarli a seguirlo sulla via della prova, sulla via della Croce”.
Così – ha soggiunto – Gesù si trasfigurò dinanzi a loro e “il suo volto e tutta la sua persona irradiano una luce sfolgorante. I tre discepoli sono spaventati, mentre una nube li avvolge e risuona dall’alto – come nel Battesimo al Giordano – la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»”.
Francesco ha dunque invitato i fedeli a salire insieme agli apostoli sul monte della Trasfigurazione, per “contemplare il volto di Gesù, raccoglierne il messaggio e tradurlo nella nostra vita”; perché – ha sottolineato – “anche noi possiamo essere trasfigurati dall’Amore”. E l’amore “è capace di trasfigurare tutto”.
“Il cammino di Gesù sempre ci porta alla felicità, non dimenticatelo!”, ha ribadito poi il Santo Padre, “ci sarà in mezzo sempre una croce, delle prove ma alla fine sempre ci porta alla felicità”. Perché “Gesù non ci inganna, ci ha promesso la felicità e ce la darà se andiamo sulle sue strade”.
Dopo la recita dell’Angelus con i fedeli riuniti nella piazza, il Papa ha rivolto un pensiero alle tragedie che si verificano ogni giorno in Medio Oriente: “Non cessano, purtroppo, di giungere notizie drammatiche dalla Siria e dall’Iraq, relative a violenze, sequestri di persona e soprusi a danno di cristiani e di altri gruppi”, ha detto.
Ha quindi assicurato “a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo, ma siamo loro vicini e preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime”.
Il Pontefice ha ricordato anche di aver offerto la stessa intenzione nell’ultima Messa celebrata a conclusione degli Esercizi Spirituali con la Curia Romana, venerdì scorso. Ha quindi esortato tutti i presenti, ognuno secondo le loro possibilità, “ad adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano”, cominciando dalla preghiera. Per questo ha chiesto di pregare un minuto in silenzio tutti insieme.
Non è mancato poi un pensiero per il Venezuela, dove si stanno vivendo nuovamente momenti di acuta tensione. Ha invocato perciò preghiere per le vittime, in particolare, per il ragazzo ucciso pochi giorni fa a San Cristobal. Di qui l’appello a rifiutare con forza ogni forma di violenza, rispettando invece la dignità di ogni persona e la sacralità della vita umana, e a riprendere “un cammino comune per il bene del paese, riaprendo spazi di incontro e di dialogo sinceri e costruttivi”. Ha quindi concluso affidando il Venezuela alla materna intercessione di Nostra Signora di Coromoto.