Vangelo

Mc 4,26-34

Lettura

Il gruppo dei discepoli rimasti con Gesù è così sparuto, che i sogni di grandezza iniziali sono ormai un ricordo del passato. Con il linguaggio delle parabole, il Maestro cerca d’infondere loro speranza, aiutandoli a saper vedere oltre l’immediato. Il seme del Regno ha bisogno, sì, del seminatore umano, ma la sua crescita non dipende dall’uomo, ma da Dio, cui il Regno appartiene. Neanche la piccolezza delle origini [della Chiesa] deve spaventare: «È come il granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, che una volta cresciuto diventa il più grande di tutte le piante dell’orto».

Meditazione

Come commento alle due parabole che oggi ci sono state donate, potremmo rileggere Il portico del mistero della seconda virtù di Charles Péguy. Leggiamone alcuni versi: «La fede che più amo, dice Dio, è la speranza. La fede, no, non mi sorprende. Io risplendo talmente nella mia creazione… La carità, no, non è sorprendente. Queste povere creature son così infelici che, a meno di aver un cuore di pietra, come potrebbero non aver carità le une per le altre… Ma la speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende. Questo sì che è sorprendente: Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio. Questo sì che è sorprendente ed è certo la più grande meraviglia della nostra grazia». Come rimane sorprendente che i discepoli di Cristo, ridotti a poco  più di una decina, debbano credere e predicare un Regno che si estenderà sino ai confini della terra, dando rifugio a tutte le nazioni. Questa è la virtù della speranza: una fede declinata al futuro. Infatti «è nella speranza che siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo?» (Rm 8,24). Per san Paolo, il Padre è «il Dio della speranza, che può riempirci, nel credere di ogni gioia e pace, così che abbondiamo nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). In lui potremo, come ci chiede san Pietro nella sua prima lettera, «essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi» (1Pt 3,15). Questo anche di fronte alla morte, che noi, alla luce del mistero pasquale, non guardiamo e non affrontiamo «come gli altri che non hanno speranza» (1Ts 4,13). In conclusione, facciamo nostro l’invito che Papa Francesco rivolge ai giovani (ma valido per tutte le età): «Non lasciamoci rubare la speranza!».

Preghiera

«In te mi rifugio, Signore, ch’io non resti confuso in eterno. Sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno; a te la mia lode senza fine» (dal Salmo 71).

Agire

Come gesto di speranza, manderò un’offerta a un seminarista di un Paese povero, (Africa, Asia, Latinoamerica).

Meditazione a cura dei Monaci dell’Abbazia di Sant’Eutizio (Piedivalle di Preci - Perugia), tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it