“Reuben Land, in nome del Dio vivente, ti sto dicendo di respirare”. Con questa citazione, tratta dal libro La Pace come un Fiume di Leif Enger, giovedì 20 novembre si è aperto l’evento “La Figura del Padre nel Cinema e nella Letteratura” presso il Centro Culturale Ruah Action, in collaborazione con l’associazione Civiltà dell’Amoree presentato dal professor Andrea Monda, scrittore e critico cinematografico.
L’elenco di film o di opere letterarie in cui vi sia quanto meno un riferimento alla figura del padre è assai esteso, motivo per cui le fonti a cui attingere sono tante ed innumerevoli sono gli spunti su cui riflettere. La mole di lavoro è dunque impervia. Ne sono ben coscienti i teologi, i quali impiegano anni di studio per approfondire la Bibbia, che è in qualche modo una grande confessione di un Padre.
Per agevolare dunque la realizzazione dell’iniziativa, il prof. Monda ha optato per una scelta metodologica forte: invece di fornire una visione unitaria della figura del padre e di elaborare un discorso chiuso e circolare, ha impostato la serata come se fosse un’esplosione di idee e situazioni differenti su cui riflettere.
Qui torniamo all’introduzione dell’articolo: “Reuben Land, in nome del Dio vivente, ti sto dicendo di respirare”. Questa è la frase che un padre rivolge al proprio figlio il giorno in cui nasce, motivata dal fatto che il neonato non respirava da 12 minuti. Proprio quando i medici stavano perdendo le speranze e dichiarando la sua morte, il padre non si arrende, lotta per il figlio, gli dona la vita. Questo è il primo esempio su cui riflettere, e su questa scia si muove il primo frammento di film, tratto da Re della terra selvaggia.
Il film parla di Hushpuppy, una bambina di sei anni che vive assieme al padre Wink, in una comunità di etnia bayou chiamata “Bathtub”, nelle paludi del profondo sud della Louisiana. Wink si dimostra un padre severo ma allo stesso tempo affettuoso per Hushpuppy, a cui insegna come sopravvivere nel mondo. Il padre scopre di soffrire di una grave malattia e cerca quindi di preparare la piccola figlia alla vita futura senza di lui.
Nel frammento, colpisce una frase che Wink dice alla figlia: “Sono tuo padre e fai quello che ti dico io, perché il mio dovere è quello di non farti morire, ok?”. Nonostante la sua malattia, la cultura rudimentale e le difficoltà del mondo circostante, questo padre adempie fino all’ultimo alla sua missione e al suo ruolo, dare la vita per la figlia.
Per un padre che dona la vita per il figlio però, esiste un padre portatore di morte. Questo è il caso di Truman Show, film che racconta la storia di Truman Burbank, un trentenne apparentemente pieno di vita e sempre sorridente che ignora d’essere l’attore protagonista di uno spettacolo televisivo, un racconto sulla sua stessa vita, ripresa in diretta sin dalla nascita. In questo film il padre prende le sembianze dell’ideatore e regista dello show, il quale tenta di convincere Truman a non abbandonare la scena: “Ho creato il mondo per te, e nel mio mondo tu non hai niente da temere. Tu hai paura per questo non puoi andar via; il tuo posto è qui con me!”. Questo è un padre generatore di morte, un padre burattinaio, un padre pigmalione, un padre che non è in grado di salutare il figlio, di donargli la salvezza.
Quando siamo figli ci troviamo dunque a confrontarci con diversi modelli paterni, di cui spesso non condividiamo le scelte. La verità, è che forse capiamo la figura del padre e le scelte che fa per i propri figli, solo quando da figli diventiamo padri noi stessi. Questo è il senso che assumono le scene finali di Big Fish. Il film tratta di un padre che racconta le avvincenti storie della propria vita al figlio, lasciando però perennemente un alone di mistero intorno a lui. Quando si avvicina la morte del padre, il figlio capisce che deve dare una svolta al rapporto con il genitore: “Gli iceberg sono visibili solo al 10%, il restante è sott’acqua. Io di te papà vedo solo quello che sta fuori l’acqua, non ho idea di chi tu sia. Sto per avere un figlio, e credo che ne morirei se vivesse tutta la vita senza sapere chi sono”. Quando sta per diventare padre, la mancanza di un rapporto sincero con il proprio genitore, genera nel figlio insicurezza sul suo futuro ruolo. Ma è proprio con il cambiamento di ruolo che capisce la ricchezza dei racconti del padre e gli insegnamenti che gli hanno donato.
Un aspetto che rimane sempre costante nella figura del padre è la sua dimensione storica. Il padre, sia che sia un padre cantastorie o un padre adottivo come in Gran Torino, rimane comunque unico, e a lui siamo legati nella storia. Ecco quindi che Simba, il giovane leone protagonista del celebre cartone animato Il Re Leone, perde se stesso proprio perché perde la memoria del padre. Il padre però, che da sempre veglia su di lui dall’alto del cielo, lo ammonisce e lo aiuta a ritrovare la strada: “Simba, mi hai dimenticato? Hai dimenticato te stesso, e quindi hai dimenticato anche me. Ricordati chi sei, tu sei Mio figlio.”
In Amistad di Spielberg, questo sentimento storico emerge con tutta la sua forza comunicativa. Cinqué, giovane africano tenuto come schiavo sulla nave La Amistad, si libera ed uccide il capitano della nave. Arrivati sulla terra ferma si avvia un processo per stabilire se Cinqué è da considerarsi schiavo o uomo libero. Quando è in procinto entrare in aula, il suo avvocato lo avverte che sarà solo, perché nessuno prenderà le sue parti. È qui che Cinqué, portavoce del popolo africano, dà una lezione su cosa significhi memoria storica: “Non entriamo da soli, abbiamo i miei antenati! Mi rivolgerò al Passato, indietro fino alle origini dei tempi, li pregherò di venire ad aiutarmi al giudizio, li tirerò a me e li farò entrare in me. Loro devono venire perché in questo momento Io sono l’unica ragione per cui loro sono esistiti”.
Non possiamo avere la presunzione di pensarci come entità singole e dimenticarci del nostro passato. Facciamo parte di una storia fatta di uomini, idee, valori e insegnamenti. Questa storia ci è stata tramandata dai nostri padri; è nostro dovere farla nostra e tramandarla ai nostri figli.